mercoledì 24 dicembre 2014

Maialini veri


Ci assomigliano più di un gatto, più di un cane.
Ci forniscono cibo e pezzi di ricambio.
Sono i maiali e non passano mai di moda.

Il concetto di porco è da sempre estremamente popolare. Dai graffiti della grotta di Altamira, passando dalla Cina antica e dalla Mesopotamia i porcellini non ci hanno più abbandonato.
Ma siamo sicuri di metterli a fuoco veramente, di cogliere la loro intima natura?
Chi li frequenta sa che a volte sembrano completamente estranei alle faccende umane, interessati solo al loro intimo grufolare. Altre volte hanno imprevisti guizzi di consapevolezza e colpiscono anche i più disattenti con una imprevedibile parvenza di umanità.
Proviamo ad osservarli un attimo, prima che finiscano stilizzati in una favola per bambini... o nel nostro piatto.



Visita guidata a Paul Newman

Quando ero bambino i miei allevavano maiali. Ne tenevano parecchi. Un anno fece gran scalpore un maialino che aveva uno straordinario paio di occhi celesti. Le mie seconde cugine, gli amici delle elementari, quelli delle case vicine... tutti quelli che passavano da casa nostra, volevano vedere Paul Newman.
Sì, tra le decine di maialini ordinari dell'allevamento era l'unico ad essersi guadagnato una identità individuale. 

Paul messo alla prova non si comportava diversamente dagli altri e non sembrava né più né meno intelligente della media. Però quando lo fissavi in quegli occhi blu-laghetto-alpino tendevi a non notare l'ambiente circostante, lo sfondo di gabbie, catenacci, strame e grugniti da stalla e ti ritrovavi a scrutare un replicante, un Rutger Hauer suino che poteva aver visto chissà quali cose al largo dei bastioni di Orione.

La Zia Anna tiene in braccio un esemplare di qualche mese.
Siamo nel 1965, Paul Newman arriverà più o meno  dieci anni dopo.

Noi piccoli ci chiedevamo se fosse normale tenere rinchiuso in un serraglio da animali quel cicciobello, un essere che in modo evidente condivideva con noi la provenienza dallo stesso schizzo di fango genetico.
Domande che contavano poco.
L'X-Factor del suo cromosoma non gli evitò il solito destino: la sua massa grassa venne espansa con artifici zootecnici rispettosi dei (tolleranti) limiti di legge di quei tempi ed infine fu venduto. 
Addio Paul! 
Lo attendeva un fine carriera da verro ordinario dopo la sovraesposizione ai riflettori del nostro pregiato vivaio di talenti suini.

Ora di quelle stalle resta ben poco, sono vuote da decenni e confesso che non mi mancano per niente. Per riuscire a frequentarle quando sono piene e a regime devi essere molto selettivo e vedere solo quello che sei in grado di sopportare.


Pìter il porcellino domestico

Quest'altra storia è altrettanto vera ma ben più intensa e la racconterò come se fosse una specie di favola di Natale; non a caso i colori dominanti sono proprio il bianco ed il rosso.  

Conoscete la Pioppa? E' un paesino della campagna Romagnola, non lontano da Cesena e dalla riviera. L'amico che mi ha raccontato questo fatto veniva proprio da lì, come i protagonisti della storia. I loro nomi e le loro parole non saranno le stesse della realtà... ma potrebbero esserlo.

Stavano per finire gli anni sessanta e in quelle zone quasi totalmente agricole era ancora diffusissima l'abitudine di allevare e crescere un maialino domestico. Anche quelli che non erano allevatori lo tenevano nel cortile nutrendolo con quello che rimaneva dall'orto e dagli avanzi della cucina. La fine poi era nota. Braciola a chilometri zero, uso personale di prosciutto, modica quantità di ciccioli. 

A casa di Engles Fabbri non si praticava quella distanza professionale tra uomo e bestia tipico degli allevamenti intensivi e si era innescato tra suino e padrone il comune meccanismo di adattamento per cui l'animale si sente parte della famiglia umana a cui appartiene.
Engles lo chiamava per nome come si fa con gli animali da compagnia e con alcuni fortunati eletti del cortile; il maialino contraccambiava a modo suo riconoscendo la voce del padrone. Quando sentiva Pìteeer!!! come correva! Sembrava sinceramente affezionato. Certo, il suo fervore aumentava in funzione dell'orario e dell'appetito come succede per tutti i maiali.

C'erano varie famiglie lungo la strada che attraversava il paesino ed i vicini conoscevano bene quella sagoma di porcellino. Lo vedevano spesso passare davanti alle loro case quando Engles lo portava a pascolare nei prati e presso gli alberi pungolandolo con la sua ramazzina.
Fat bel Purchì! dicevano, perché Pìter stava diventando veramente grosso e secondo gli standard con cui si giudicano i maiali era bellissimo. Qualcuno diceva anche che sembrava pure più intelligente ed in gamba di quanto ci si possa aspettare da un suino.

Fat bel Purchì!
I vicini l'avevano proprio preso in simpatia e passavano alle vie di fatto, non perdevano l'occasione di lanciargli qualche ghiottoneria, una pannocchia di granturco, torsoli e bucce di pera o di mela. Lui riconoscente si avvicinava e ricambiava in modo goffo (i maiali non sono molto brillanti nelle relazioni sociali) grufolando sulle loro proprietà e lasciando qualche ricordino.
Ma Tubètt, la Vilma Melandri, Pirèta e Redàmes Tampellini (così si chiamavano quelli più frequentati) ripulivano di buon grado il vialetto davanti al loro uscio da quei regalini ocra marrone, segno di viscerale gratitudine suina.

Cuore romagnolo! I nostri nonni si commuovevano ai racconti delle disgrazie e delle malattie del prossimo, si adoperavano per aiutare in ogni modo ed anche nei momenti meno fortunati erano in grado senza batter ciglio di togliersi il pane dalla bocca per offrirlo ad un ospite imprevisto.
Però erano anche molto tradizionalisti e rispettavano rigorosamente e senza farsi domande i ruoli assegnati dal Nostro Signore su questa terra. 
Ed una certezza mai messa in dubbio era la seguente: la vera festa di Natale è il maiale grasso che muore e l'uomo che prepara le sue spoglie mortali per consumarle nell'arco di tempo dell'anno seguente.

Ecco perché Engles, giunto il Dicembre fatidico, non si era posto alcun dubbio. Il maialino stava per essere ammazzato. 
Il piccolo Loris aveva provato ad opporsi: Noo babbo!!! Non ammazzare Pìter! Il nostro Pìter!!! ma il babbo aveva considerato questo impeto di pietà da sognatore alla pari di un documentario sui selvaggi del Borneo che si praticano mutilazioni rituali; gli aveva pure impartito una bella ramanzina piena di ammonizioni riguardanti la fame, la carestia, la guerra ed il servizio militare imminente.
Ammazzare Pìter era non solo opportuno ma giusto. Salvarlo era una opzione non contemplabile simile ad una bestemmia. Quell'affetto che nei mesi precedenti aveva caratterizzato i rapporti col suino doveva essere completamente sostituito da una risolutezza senza dubbi.


Quattro porte

Siamo alla mattina del fattaccio.
Nella notte è caduta una spanna di neve ed ora tutto è immobile... gli alberi, i cespugli. Tutto il paesino è immerso nel silenzio e nel buio, ancora nessun barlume di alba. Solo in casa Fabbri una luce è accesa.
Sono le cinque in punto quando Pìter viene attirato nel cortile da un secchio di biada. Engles tiene in mano un coltello ben affilato, un oggetto che Pìter non riesce ad identificare come pericolo perché niente è male nelle mani di Engles.
Pìter gli si avvicina tranquillo ed infila golosamente il grugno nel secchio.
Immediatamente dopo Engles infila quel lungo coltello nel suo collo.

Come si ammazzano i maiali per avere carne a regola d'arte? Occorre sgozzarli praticandogli un profondo taglio nel collo e poi lasciandoli dissanguare. Il maiale capisce perfettamente il frangente, si agita, e questo agitarsi contribuisce alla fuoriuscita veloce del sangue. E' una cosa molto rumorosa, non certo piacevole ne per l'uno ne per l'altro attore. Meno male che non dura più di qualche minuto... di solito.
Questo è il mondo tradizionale, ma soprattutto il modo migliore per ottenere una carne di buona qualità. E questo è importante  perché esistono bambini inappetenti e difficili che lasciano la ciccina nel piatto e fanno i capricci se gli standard organolettici non vengono rispettati.

Ma torniamo al nostro racconto.
Engles ha voluto affrontare la triste faccenda tributando a Pìter l'onore di non coinvolgere estranei. Ma ha sopravvalutato le proprie forze perché Pìter è straordinariamente forte e dotato di uno uno spesso strato di lardo. 
Fatto sta che il coltello affonda nel collo, ci resta incastrato ed il dissanguamento rapido a regola d'arte non si verifica.
Pìter strilla in quel silenzio come un bambino in fasce ma non sembra seriamente danneggiato; si agita, scalcia, si divincola.
Engles, preso di sorpresa, scivola e perde la presa sul maialino, che intravede il cancello del cortile aperto.

La prima ad essere visitata è la Vilma. 

Arriva questo siluro rosa che strilla come se lo stessero sgozzando (cosa che in effetti stava succedendo). Sbanda nel cancello schizzando chiazze di rosso fumante dovunque, incespica, scivola, passa sul giardino innevato sopra i tuberi dormienti, prende la via del sentiero devastandolo ed arriva ai gradini di granito dell'uscio della Vilma. 
La Vilma è ancora nel suo letto quando sente il cozzare violento di un corpo contro la porta, quindi delle urla acutissime quasi umane che raggelano il sangue.
Si alza, guarda fuori dalla finestra ed in breve si rende conto del guaio. 
C'è il povero Pìter che graffia la porta di legno con i suoi unghioli, ha un taglio zampillante ed una specie di mannaia in gola. Sta provocando un disastro nell'ingresso! La Vilma è prima di tutto una donna pratica. Ci sarà tanto da ripulire, cosa si può fare per farlo smettere... ma  poi vede il vicino che sta arrivando a passo veloce. Ma che cavolo, ha iniziato senza chiamare nessuno? Coi professionisti che abbiamo qui alla Pioppa!

Anche Engles imbocca il cancello della Vilma di gran carriera e si getta sul povero Pìter che oramai ha capito che il suo padrone non è più la divinità mite e benevola di sempre ma un tremendo predatore che vuole fargli la pelle. Ma ha ancora tanta forza in corpo ed è bagnato si neve e di sangue. Si divincola, sguscia, cerca disperatamente la salvezza altrove.

Il secondo che viene cercato da Pìter è Redàmes Tampellini.

Ma Redàmes è fuorigioco. Quella notte aveva tirato tardi con le carte ed il sangiovese  Non si sveglia, un po' per la ciucca che sta ancora smaltendo un po' perché la zappatrice negli anni lo ha reso duro d'orecchi.
Qualche ora dopo alzandosi troverà il suo uscio rigato di graffi e tutto attorno sangue, escrementi suini, impronte di uomini e maiali; una preoccupante strisciata nel nevischio arrossato ed orme che se ne fuggono in direzione della casa di Pirèta.

E la terza porta chiusa che trova Piter è quella di Pirèta.

Pirèta tu che sei il più gentile, Pirèta che mi getti le bucce delle patate con tutta quella polpa, Pirèta che mi guardi sempre con gentilezza... Pirèta, Pirèta... Pirèta che non apri, non apri!!! E allora devo urlare, urlare, deve venire giù il mondo, ed in fretta, perchè Engles sta per raggiungermi anche davanti al tuo uscio chiuso... ed oramai non ho più forze, e c'è questo freddo che mi sta entrando dentro. Urlo grido, strepito!!! Qualcuno deve uscire e salvarmi!!!

No, non siamo entrati nella testa di un maiale; questo è Pirèta che guarda da dietro le imposte socchiuse e crede di leggere queste suppliche nel bianco degli occhi di quella creatura terribilmente spaventata.

Pirèta è così, piuttosto sensibile. Quando non può farne a meno esce a camminare per i campi e cerca nel cielo un po' di sollievo. Le nuvole a volte scivolano serene e leggere, a volte si attorcigliano tutte inguaiate e proprio in quei momenti gli sembra di sentire gli alberi che brontolano, i piccoli della lepre che tremano nelle loro tane e la volpe che annusa l'aria. Ed allora è meglio ritornare a casa.
E' la cosa giusta, prova a raccontarsi.
La fame, la guerra, i militari, Nostro Signore ed i ruoli assegnati su questa terra.
E scappa da tutto quel bianco.

La quarta porta di questa favola vera, quella di Tubètt, si apre di colpo. 

Tubètt si era già preparato per uscire. Pantaloni, stivali, cappello e sopra il grembiule un giubbotto imbottito. Le borse piene degli attrezzi del suo lavoro.
E' un attimo per Tubètt rendersi conto di tutto, lanciare un urlo e correre incontro a Pìter.
E Pìter che l'ha visto corre incontro a Tubètt tracciando una diagonale rossa tra i cavolfiori sepolti dalla neve dell'orto di Pirèta.
Corre come se avesse una fame da morire e Tubètt tenesse tra le braccia una cesta di dolci mele rosse.

Beh, la storia finisce qui, ovviamente.

E non vi deve sembrare strano che alla fine di questa storia Tubètt fosse già vestito, in piedi e pronto a prenderlo.
Tubètt si alza spesso all'alba in questa stagione, il suo mestiere è molto richiesto in questo periodo e tutta la giornata di oggi è stata prenotata.
Vieni poco dopo le cinque, prima iniziamo prima finiamo... gli aveva detto Engles, la sera prima.


MadPeaks

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