domenica 29 marzo 2015

DUE O TRE COSE CHE SO SUI FUMETTI (il resto della storia)

Modern Age

Mancava solo un ultimo universo da esplorare prima di poter dire di avere il completo controllo su tutto il fruibile umano in materia di fumetti e suoi derivati.
Ci penso' la Granata Press durante gli anni ottanta a farci conoscere un mondo culturale e grafico totalmente diverso da tutto cio' che avevamo visto fino ad allora : scoprimmo cioe' che Giappone non voleva dire solo Pearl Harbour e Kurosawa, ma anche Akira e Crying Freeman.
Stavo per diventare un Otaku, e non sapevo nemmeno cosa voleva dire.
Bisogna dire una cosa: i giapponesi sono strani.
Col tempo ho imparato ad amare la loro cultura, la loro visione del mondo e dell'essere umano, pur con tutti loro infantilismi e le loro fobie, amarli davvero, con tenerezza e rispetto.
Pero' sono davvero strani.
I manga per esempio ti costringono a cambiare prospettiva ed approccio al racconto. A parte il cambio di verso della lettura, praticamente non ci sono didascalie introduttive e le pagine sono spesso spezzettate in tantissimi primi piani.
Il racconto, frammentato ed essenziale, richiede pazienza ed attenzione per essere compreso appieno.
Lo sforzo pero' alla fine e', spesso, appagante.
E' un mondo a due facce:  una intimista ed empatica, a volte eccessivamente sentimentale, con quegli enormi occhi come squarci dell'anima;
 la seconda e' decisamente piu' pulp, intrisa di sesso e violenza, figlia della paura dell'inverno nucleare che affligge il popolo giapponese da dopo Hiroshima.
Godzilla , Ken il guerriero e Go Nagai, ma anche, e soprattutto, Tezuka, Otomo e Urazawa.
Tezuka, il Dio dei manga, e' un compendio vivente di tutta la giapponesita' a fumetti. I suoi personaggi "gommosi" ( che a differenza di quelli  disneyani se colpiti da un'incudine a volte muoiono),  l'uso di animaletti come arredi di paesaggio o personificazione delle emozioni, mi ricorda molto Jacovitti.
E' stato un vero innovatore, un perenne sperimentatore di ogni tecnica grafica emozionale, ancora attualissimo ed insuperato.
Urazawa forse e' oggi quello che mi piace maggiormente forse perche' il piu' europeo, con un impareggiabile abilita' nel tratteggiare i personaggi, ed un sapiente uso del cliffhanger.
Per me l'approccio al fumetto giapponese fu come il compimento di una lunga parabola esistenziale : dal  tempo statico delle vignette senza balloon di Valiant, a quello dinamico senza didascalie dei manga.
Il pubblico fumettistico oggi e' prevalentemente manga addicted e mediamente molto piu' giovane di quanto io non sia. Ma ho smesso di vergognarmi da tempo dello stacco generazionale che mi contrappone, nei negozi o alle fiere, ad una clientela di secoli piu' giovane, e che a volte mi guarda con sospetto e curiosita'.
Piu' spesso mi ignora, occupata a rovistare tra gli ultimi gachapon e i peluche di Doraemon.

Next Age

Ma l'America per fortuna non e' solo Batman.
Difatti, mentre oggi il mondo supereroistico sta andando alla deriva, ormai schiavo di se stesso e dei propri riti, mentre anche Tex e Dylan Dog non fanno altro che riproporre innumerevoli versioni di loro stessi  in un loop infinito ed avvilente,  si sta sviluppando gia da qualche tempo un modo di concepire il fumetto, alternativo e piu' autoriale, che pur mantenendo spesso schemi classici, si "limita" a raccontare buone storie finalmente al di la'  di ogni vincolo di continuity.
E' l'onda lunga del fumetto indipendente, che partendo da Cerebus, Bone da una parte , e da tutta la linea Vertigo (Swamp Thing, Sandman, Invisibles, Preacher; e cioe' Alan Moore, Neil Gaiman, Grant Morrison, Garth Ennis) dall'altra, e' arrivata fino ai giorni nostri con gemme preziose,  per fortuna non troppo nascoste.
Stranger than paradise di Terry Moore, Blankets di Craig Thompson, Saga di Brian Vaughan,  Planetary di Warren Ellis, Scott Pilgrim di Bryan Lee O'Malley tra gli americani;
Sprayliz,  Makkox, Ken Parker  e John Doe tra gli italiani.
Ma per fortuna l'America continua ad essere anche Batman.
Nel senso che nel mondo supereroistico qualche fiore raro spunta ancora e quando succede me lo tengo stretto, con molta nostalgia e altrettanta speranza in un futuro di ritorni in grande stile.
Dopo la grande rivoluzione operata dalla British invasion, spesso al di fuori dei canoni classici, ci sono autori che pur invece rimanendo fedeli alla linea, cercano di esprimere idee personali e quanto piu' possibile originali.
Bendis , Waid e la rinascita di Devil; Snyder e Tomasi per la nuova linfa che ha rivitalizzato Batman, Geoff Jones e Mark Millar per tutto il resto che di divertente c'e' ancora  in giro.
Questo solo per dire che per fortuna il fumetto non e' morto, e ci mancherebbe, anzi e' forse finalmente riuscito a ritagliarsi quel meritato spazio culturale ed artistico, che non lo identifica piu' come "roba da bimbi", ma come una qualunque forma di intrattenimento e divulgazione, di nozioni e sentimenti, come e piu' di molte altre.
Pura arte (la nona!), alla portata di tutti.
E ancora una volta noi Italiani ci facciamo sentire.
Oggi Mattotti espone nelle migliori gallerie d'arte, Simone Bianchi ha portato i supereroi a sfilare in una pinacoteca, Zerocalcare e' addirittura candidato al premio Strega .
Io ormai schiavo della malattia dell'accumulo seriale, o anche piu' semplicemente di una innata curiosita' che mi affligge da sempre, ormai aspetto la pensione per trovare il tempo per una sana, corroborante rilettura dei classici immortali.
Vorrei tanto smetterla di agire compulsivamente, me lo ripeto ogni santo giorno, e iniziare finalmente a metter mano agli archivi.
Ma ancora non ci riesco, la scimmia scalcia e devo nutrirla.
Intanto cerco di completare la mia collezione di Nembo Kid. 
Ma senza fretta, senno' dove sta il divertimento?

Prosssimamente a grande richiesta (????), tante piccole curiosita' sul mondo del fumetto.
Valar Morghulis

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