venerdì 13 marzo 2015

The dig

by Robo

Sono un po' indeciso.
Non so bene se valga la pena, ma sono curioso. Allora comincio a grattare la crosta, la mia. Esternamente sono un informatore scientifico del farmaco, locuzione altisonante per definire un sottoproletario della parola, vestito finto-elegante.
Ma, ovviamente, non é tutto me. Se mi do un po' da fare posso trovare altro, sotto.




Porto via i primi strati: saltano fuori il marito, il figlio, il fratello, i miei tanti me costituenti che si compenetrano, di solito in armonia.
Sono figure iconiche, quasi rappresentazioni. Colori vividi e pennellate belle sature di tempera.
É la mia galleria dei ruoli.

Al di sotto comincio ad intravvedere le idee che mi fondano e che sono una sorta di racconto della mia storia e delle mie esperienze. Disposte in ordine di tempo sembrano specchietti che rimandano immagini quando mi ci rifletto. Si vedono i simboli di un'antica passione politica, eredità culturale dei miei genitori che da posizioni un po' massimaliste e preconcette si è diluita. Più precisamente una falce che incrocia un martello.
Cambio specchio e non la vedo più.

Proseguendo ce ne sono altre che rimandano alla natura vissuta come fonte etica, ma presto anche questa idea scompare sostituita da una visione più scientista e distaccata. Ci sono pure segni di assenza, manca la percezione della trascendenza.
In realtà si avverte un'aspirazione verso di essa ma é frustrata da continue evidenze contrarie: interpretazioni, autoinganni, fenomeni sociali umani che più umani non si può, spacciati per trascendenza. "No", sembra dire il riflesso, "così non va, in un simile rumore di fondo la Verità, anche se esiste, si mimetizza, non si distingue".

L'orgoglio intellettuale é la pesante pietra tombale sulla questione.
Va bene qui non si va da nessuna parte é una zona ormai un po' troppo sedimentata. Vediamo che c'é più giù.
Scendo e incontro piani e piani di pensieri,  dapprima semplici, poi, mano a mano più complessi. Una libreria delle mie elucubrazioni; reiterate, talora in lieve contraddizione. Tanta roba in cui ravanare.
É la ricchezza nascosta, quella che non si vede, il mio forziere privatissimo.
Qualche prezioso trova talora vie d'uscita e si spende nel mondo ma per lo più restano coperti, occultati a chiunque. Interessante per carità ma ci ho preso gusto, voglio vederne ancora.

Allora mi muovo verso il basso e trovo dei desideri. Sono molti e diversi. Alcuni molto pratici, direi pragmatici, altri parecchio strani; mi schizzano intorno da tutte le parti come un gruppo di colombi spaventati. L'unico che riesco ad afferrare continua a battere forsennatamente qualcosa tipo ali.
Dicono che afferrati e stretti troppo a lungo i desideri muoiano, per cui lo lascio libero; non vorrei trovarmi, un giorno, a corto di speranze ed ambizioni, in uno stato di torpore della volontà.

Supero questo passaggio e scendo di un livello; tocco un punto in cui si avverte una sorta di gradiente. Qui é pieno di fogli di carta di tutte le dimensioni, scritti con calligrafia mano a mano più netta, geometrica.
Se più in alto era evidente che le visioni politiche e del mondo si sono molto addolcite, il contrario é accaduto al metodo.
In un incrocio quasi da contrappasso la tolleranza verso le idee é cresciuta, quella verso le argomentazioni che le sottendono é scemata. Prove, esempi, dimostrazioni di imparzialità sono continuamente richiesti.
Mi sto smagando, un po' di leggerezza, suvvia!
Vado oltre. 
Ad un certo punto sento un po' la stanchezza; ma quanto sono sceso? Volgo gli occhi in alto e vedo la superficie lontana lontana. Allora mi fermo un attimo, tiro il fiato, poi riprendo.



Se fino ad ora ho visto cose che potevo immaginarmi, che potevo supporre, da qui in poi non ho idea di cosa troveró.
Scavo ora in un molle indistinto per un certo tempo, poi tocco uno strato duro, rigido ed incedevole.
Eccolo lì, il superEgo. Così tronfio ed inflessibile. Qui devo usare lo scalpello. Ping! Ping!...
Dopo qualche colpo ben assestato lo supero.
Oddio! C'é mancato poco cadessi in avanti: c'é una sensazione di vuoto. É così persistente ed antica! Meno male mi sono aggrappato a qualcosa.

Credo che sia impossibile da riempire. La guardo bene, sembra quasi che lei guardi me. É nascosta in profondità, ma ci sono segni che talora si spinge in superficie.
Non dev'essere un bello spettacolo...
Adesso mi tuffo, voglio andare a vedere cosa c'é là sotto.

É come immergersi in un fluido freddo e translucido ma sento una corrente che mi guida, verso una luce tiepida. Tocco, sono in fondo.
Vedo un bambino, solitario, che piange, allora mi avvicino, lo prendo in braccio e gli sorrido. Lui smette di versare lacrime, mi guarda un poco sorpreso e un poco diffidente, ci pensa un po', infine sorride a sua volta.  Capisco ció che vuole, ciò che ha sempre cercato.  

3 commenti:

  1. In fondo a tutto, solo bisogni elementari, istintivi, purissimi. E la bellezza, come dicevo, di un sorriso.

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  2. Le immagini scelte ed il movimento di discesa in profondità (ma comunque verso in basso) danno una idea della direzione in cui guardi per cercare (forse) l'io più incontaminato.
    Certamente questa è una immagine comune (e il ritorno nel grembo materno è un bel rinforzo positivo in questa direzione) ma io non credo che l'anima ci attenda pulsante e nascosta in fondo a quel buio.
    Lì ci trovi un seme che dorme... probabilmente sorvegliato da un drago.
    E quindi questo racconto continua? Ora sta arrivando il bello! :D

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  3. Quando ho scritto the dig é come si fosse fatto da solo. La penna, anzi la tastiera, era la pala e la scrittura era lo scavo. Non sapevo dove sarei finito. Quindi credo di aver toccato il mio fondo, qualunque fondo sia. Se oltre c'é qualcosa, io non riesco a vederlo. Ma é il mio approdo, immagino ognuno abbia il proprio. Il seme sorvegliato dal drago é molto evocativo, sa di tesoro primigenio nascosto ed inespresso, da raggiungere e raccogliere al prezzo del pericolo dell'introiezione stessa (il drago). Da piantare per far crescere l'albero perfetto, quello della totale e felice consapevolezza del sé, che salva dalla tirannia delle pulsioni, degli autofraintendimenti, delle necessità spurie. Se il drago c'era si é nascosto a me, e se l'avessi notato me la sarei data a gambe ;-)

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