venerdì 31 luglio 2015

LSOC (approfondimenti). Dalle striscie ai primi fumetti d'avventura. Il nostro bimbo muove i primi passi, ma e' subito corsa

Quando si parla di strisce a fumetti, a chiunque credo vengano subito in mente Linus e la sua coperta, o Snoopy che sogna di essere il Barone Rosso, i Peanuts insomma. E non e' banale, visto l'immensa popolarita' che si sono conquistati.
Ci si riferisce cioe' a quel particolare modo di fare fumetti che, raccontando piccole storie  in poche veloci vignette si puo' avvicinare, usando un termine di paragone cinematografico, ad un breve cortometraggio,  paragonato al film/graphic novel o al serial/continuity.
Ogni episodio e' fine a se stesso, senza rimandi precisi ad eventi precedenti o successivi, ma e' anche, e soprattutto, un fondamentale tassello che contribuisce a comporre un perfetto mosaico, un credibile, autonomo mondo entro cui si muovono i vari personaggi, e che, rivelando spesso lucide assonanze col nostro, nasconde dietro semplici situazioni comiche, molti piccoli spunti riflessivi sulla vita, su noi stessi. Diversamente dal fumetto d'avventura, la striscia era, fin dall'inizio, pienamente immersa nella realta' sociale in cui veniva prodotta, tanto da  diventare per il lettore un vero e proprio specchio in cui riconoscere i propri pregi e difetti.

Chi compone strisce usa uno schema particolare, legato com'e' all'obbligatoria battuta finale, e  si concentra sui pensieri dei protagonisti, su come "sono", invece di evidenziare quello che "fanno" (non sempre ovviamente, spesso essi sono troppo impegnati a subire scherzi da terribili bambinetti, o calci da una mula per esprime un qualunque pensiero).
Le striscie sono frequentemente legate  al lavoro di una sola persona, in una simbiosi estrema che li lega indissolubilmente (personaggi ed autore),  per tutta la vita. Furono anche la prima espressione editoriale con cui gli eroi d'avventura iniziarono a proporsi al pubblico.
Ma andiamo per ordine.
Il Novecento fu un secolo cruciale per l'Umanita'.
Quasi che i secoli precedenti, pur segnando passi in avanti sia dal punto di vista culturale che da quello tecnologico, fossero stati una mera preparazione ad esso, e che ci si stesse semplicemente scaldando i muscoli, in attesa del grande salto, della brusca accelerata  verso le stelle, verso l'industrializzazione, verso le grandi scoperte scientifiche che cambiarono radicalmente e velocemente, il nostro modo di vivere e quello di morire.
Un'evoluzione sociale e comportamentale che rendeva l'uomo sempre piu' conscio sia del mondo esteriore sia di quello interiore (con buona pace di Sigmund Freud), e mentre velocizzava l'orologio del progresso, contemporaneamente metteva a nudo i suoi dubbi e le sue paure, lasciandolo sempre un po' piu' solo ed indifeso. Il cosiddetto secolo breve (o piu' precisamente "veloce"), dove in poco tempo si passo' dalle grida ad Internet, dall'archibugio alla bomba atomica, dalla carrozza allo sbarco sulla Luna.
Un secolo invidiabile per noi che ormai pensiamo di sapere tutto, dove invece l'uomo, che ancora tutto non sapeva, riusciva  meravigliosamente a stupirsi di ogni novita' che gli appariva davanti, anche per esempio (riferendoci all'oggetto del nostro dissertare, cioe' il fumetto) guardando piccole figurine colorate fare improvvisamente capolino dalle pagine del suo quotidiano preferito.
E se e' indubbio che originariamente questi primi vagiti di carta, erano rivolti ad un pubblico adolescente, e' altrettanto vero, che subito attirarono anche i loro genitori, in questa fame di storie e di immagini, che allora iniziava a reclutare nuovo adepti, a stimolare nuovi appetiti, a rivelare nuove sensazioni.

Mutt and Jeff
Se Yellow Kid e' considerato il primo fumetto, Mutt e Jeff, comparsi nel 1907 ad opera del cartoonist Budd Fisher sul "San Francisco Examiner", sono il primo esempio compiuto di striscia a fumetti. Tanto fu il successo ottenuto, che i loro nomi diventarono nel tempo sinonimo di coppia (comica) male assortita, dando il via ad una folta progenie che annovero' negli anni a venire fulgidi esempi come Oliver e Hardy, o Gianni e Pinotto (anche l'accoppiata poliziotto buono/poliziotto cattivo usata spesso nei film per convincere qualcuno a parlare, e' chiamata Mutt and Jeff).
Di ambientazione medio-borghese, la strip racconta le vicissitudini di due giocatori incalliti di corse di cavalli, uno stupido ed avido, l'altro piu' posato e maritato.
Le daily strip iniziarono ad essere pubblicate con lo scopo di creare un piccolo spazio comico (autoconclusivo e percio' non impegnativo), per stemperare le seriose notizie di cronaca e di politica, cercando di sfruttare al meglio il breve tempo che il lettore medio si concedeva per la lettura del quotidiano, durante i frenetici giorni di lavoro.
Diventarono subito una splendida consuetudine, conquistandosi una longevita'  (anche fino a settanta anni), che, considerata la quasi immutabilita' di situazioni e personaggi, ha del miracoloso.
D'altronde quei piccoli mondi di carta erano abitati da figure riconoscibili che il lettore poteva incontrare tutti i giorni lungo la strada : marinai, immigrati, vagabondi, piccole famigliole, schiamazzanti bimbetti, con qualche prima concessione all'antropormofizzazione, che poi dal 1930 con la nascita di Topolino, divenne molto piu' frequente.
Cosa diversa era la domenica,  in cui il tempo si dilatava, e la lettura del supplemento festivo diventava una parentesi di vero relax, offrendo ampie pagine di ozioso svago, con i fumetti, (per cui era stato creato), ma anche i cruciverba, apparsi intorno al 1913.
Alla fine del diciannovesimo secolo due erano gli editori che si contendevano il mercato dei quotidiani (e di conseguenza dei neonati fumetti, rubandosi gli autori di successo l'uno con l'altro a colpi di contratti milionari): Joseph Pultizer, che sulle pagine del suo "New York World" aveva tenuto a battesimo Yellow Kid, e William Randolph Hearst, proprietario del "San Francisco Examiner" prima e del "New York Journal" poi.
Nella loro acerrima lotta a colpi di notizia, essi dettero vita ad un nuovo tipo di giornalismo: quello scandalistico.
L'idea era di ampliare il proprio pubblico attirando anche gli strati piu' umili della societa' (che in quel periodo era in pieno sviluppo demografico dato l'aumento del livello di industrializzazione del paese e di alfabetizzazione della sua popolazione che nel contempo cresceva per via dell'intensa spinta immigratoria), dandogli in pasto qualunque notizia potesse stimolare la loro attenzione, senza preoccuparsi troppo di verificarne le fonti e la veridicita', e  sfruttando i piu' bassi istinti vojeuristici dei nuovi lettori, in una lotta all'ultimo scandalo, tra colori accesi e titoli gridati (gli strilloni, che per anni furono l'unica fonte di distribuzione dei giornali, nacquero appunto alla fine dell'ottocento).
Hearst amava affermare: " Un ottimo giornalista e' colui che sa rendere la verita' interessante". Come dire: la verita' di per se non e' sufficiente per vendere giornali. Per fortuna comunque, la diffusione dei quotidiani e l'aumento dei suoi lettori porto' anche notevoli vantaggi dal punto di vista qualitativo, permettendo di far conoscere ad un vasto pubblico, astri nascenti della letteratura come Ambrose Bierce , Jack London o Mark Twain, o nuove tendenze artistiche come le vignette satiriche o appunto il fumetto (il giornalismo scandalistico venne chiamato "Yellow journalism", proprio da Yellow Kid).
Willam Randolph Hearst
La storia di Hearst e' un vero e proprio film, e difatti venne felicemente portata sullo schermo da Orson Welles con il suo "Quarto potere".
Figlio di un fortunato cercatore d'oro nel Klondyke, poi laureato ad Harvard, e quindi potente uomo politico democratico, qui ci interessa soprattutto perche' fu il primo ad avere l'idea di spostare l'attenzione dall'elite borghese a cui normalmente i quotidiani dell'epoca si rivolgevano, cercando di arruolare nuovi lettori nel medio proletariato, e nel crescente popolo delle periferie.
L'America, dopo la fine della guerra di secessione, finalmente aveva ritrovato pace ed unita' nazionale, e la scoperta di ricchi giacimenti aurei l'aveva fatta diventare improvvisamente la nuova terra promessa. Folte schiere d'immigrati provenienti dall'Europa e dall'oriente, erano giunti con allettanti aspettative, per diventare purtroppo nella maggioranza dei casi solo un'utilissima forza lavoro a costi bassissimi. Oppure, col tempo, anche nuovi potenziali lettori.
Yellow Kid
Il fumetto, data la sua semplicita' ed immediatezza, divenne una delle chiavi d'accesso piu' importanti a questo nuovo pubblico. Riusciva a raggiungere qualunque tipo di lettore, con i piu' diversi livelli di scolarizzazione, che aveva unicamente bisogno di essere attirato da ambienti e situazioni riconoscibili.

(P.S.
E' interessante notare che piu' o meno nello stesso periodo, anche  il fumetto giapponese iniziava  a muovere i primi passi, partendo dai medesimi impulsi : i ritratti manga di Hokusai erano bozzetti che ritraevano la  realta' popolare dei mercanti, vagabondi, pescatori, contadini. Il popolo parlava al popolo. Anche a molti chilometri di distanza.)

Yellow Kid creato da Richard Outcault nel 1895, fa la sua comparsa nelle Sunday pages di Pulitzer, e si muove dentro uno dei primi esempi di ghetto americano (Hogan's Alley), in mezzo ad un folto e coloratissimo mondo di poverissimi immigrati (anch'egli con le sue orecchie a sventola e gli occhietti a mandorla, ha spiccati tratti orientali), animati pero' da un forte ottimismo ed una altrettanto intensa gioia di vivere.
Tanto che Outcault fa recitare ai suo personaggi : " Questo vicolo e' allegro e pulito. Ognuno si diverte come vuole. Per noi e' sempre primavera".
Chissa' se era poi vero.
Inizialmente il bambinetto in vestaglia gialla si muoveva in una specie di enorme "panorama", un paginone multicolore privo di griglie che fotografava con caotica precisione, la vita del ghetto, come fotografata da un turista di passaggio. Nel 1896 Hearst lancio' il suo supplemento domenicale  ovvero l'"American humorist colored Comic Weekly" (pubblicizzato nel suo solito stile enfatico come : " Otto pagine di splendore policromo, al cui confronto l'arcobaleno e' un pezzo di piombo!"), in cui comparve proprio Yellow Kid che nel frattempo egli aveva "rubato" alla concorrenza.
In virtu' della totale assenza in quel tempo dei diritti d'autore, Pulitzer, ingaggio' un altro disegnatore per continuare la sua versione del personaggio, che cosi' per circa due anni raddoppio' le sue apparizioni.

Dal punto di vista commerciale, l'operazione intentata dai due colossi editoriali fu un enorme successo: nel 1910 la tiratura complessiva dei giornali era di 24 milioni di copie, nel 1930 era salita a ben 40 milioni, e i supplementi domenicali ormai erano dei piccoli "balenotteri" di 250 pagine quasi tutte dedicate al fumetto.
Dopo il crollo di Wall Street e l'avvento di altri mezzi di comunicazione, come la radio, lo strapotere dell'editoria americana ebbe un deciso empasse, che nel tempo si trasformo' in inesorabile declino, soprattutto per i suoi re incontrastati. Hearst ad esempio, non si riebbe piu' dalla crisi finanziaria che coinvolse il suo gruppo (il "King Features Syndacate", che nel periodo d'oro era arrivato a distribuire in tutto il mondo 150 strip a piu' di 5000 giornali), e nel 1937  si ritiro' dalle scene dopo aver venduto tutto alle banche.

Le Sunday pages, sono le stesse che, "epurate" dai balloons dal regime fascista, ritroviamo, con le piccole poesiole di commento, sulle pagine del "Corriere dei Piccoli" (anch'esso nato come supplemento al Corriere della sera, ma che poi ebbe splendida vita autonoma).
Esse furono negli anni successivi, il regno incontrastato di molti altri "colorati" personaggi : dalle bizzarrie di Little Nemo, fino agli scherzi atroci dei Katzenjammer kids (Bibi' e Bibo').
Max e Moritz
I due terribili piantagrane, ad esempio, furono creati nel 1897 da Rudolph Dirks, con l'idea (forse piu' di Hearst che sua), di attirare l'attenzione degli immigrati tedeschi (come era lui stesso), ispirandosi alle mitiche sette storie di Max e Moritz, pubblicate in Germania nel 1865, le cui odiose marachelle avevano affascinato i loro giovani per anni, e la cui tremenda fine (triturati per vendetta dalla cittadinanza inferocita nella macina di un mulino), richiamava per cinismo e crudelta' le classiche terribili favole dei fratelli Grimm.
Le loro avventure si svolgono in una imprecisata isola africana, popolata da indigeni e coloni teutonici, ed avevano prevalentemente un taglio narrativo comico, infarcito di situazioni da slapstick comedy, che furono poi ampiamente ri-utilizzate nelle comiche del cinema muto.


Arrivo a Slumberland
Little Nemo, invece, creato nel 1905 da quel genio poliedrico che fu Winsor McCay (autore ad esempio anche del primo cortometraggio animato della storia "Gertie il dinosauro" (1914), in cui egli appare cavalcando il simpatico bestione in quello che fu anche il primo esempio di tecnica cinematografica mista, sublimata decenni dopo da "Roger Rabbit"), era un fumetto delicato e raffinatissimo, in cui un piccolo bambino sogna ogni notte di raggiungere il fantastico paese di Slumberland, governato dal re Morpheus, per sposare la di lui figlia. I suoi sogni sono concatenati l'uno con l'altro in una lunga avventura piena di coloratisssime trovate grafiche deliziosamente liberty, ognuno concludendosi immancabilmente con il suo risveglio come conseguenza di una  rovinosa caduta dal letto. Facile affiancare le oniriche avventure del Piccolo Nessuno, con "L'interpretazione dei sogni", pubblicata nello stesso periodo da Sigmund Freud, di cui e' forse la versione piu' leggera ed ironica.

Altri esempi di fumetti pubblicati sulle Sunday pages:

Happy Hooligan
1) Happy Hooligan (Fortunello); creato nel 1899 da Frederick Opper,  narra le disavventure quotidiane di uno stralunato barbone (immigrato irlandese), con giacca sgualcita e barattolo in testa a mo' di copricapo, sempre ottimista (come gli "eroi" di Hogan's Alley), nonostante che la sua perenne sfortuna lo affligga con disarmante frequenza, e circondato da una folta schiera di buffi comprimari: la mula Maud (che risolve tutto a suon di calci), i cerimoniosi francesi Alphonse e Gaston (che passano il tempo a farsi formali gentilezze), i tre nipotini (Fortunelli in italiano) vestiti come lui, il fratello anch'esso barbone ma ben piu' fortunato.

A parte avere ispirato un famoso personaggio di Ettore Petrolini, Opper pose le basi per la nascita di altre due icone del nostro tempo: Charlot e Paperino;

GS: lezione di geometria
2) Gasoline Alley. Nata come striscia giornaliera nel 1919 per opera di Frank King, segue giorno dopo giorno la vita di Walt Wallet e del suo figlio adottivo. Letteralmente, visto che, caso unico nel mondo fumettistico, le vicende hanno un andamento perfettamente cronologico, e i suoi personaggi, crescono seguendo il normale scorrere del tempo (oggi Wallet ha quasi cento anni, e il bimbo, crescendo, va in guerra proprio nel periodo in cui l'America entra nel conflitto mondiale).
Mentre nelle strisce giornaliere la storia va avanti seguendo lo schema classico delle gags a cinque vignette, nelle pagine domenicali vengono introdotti innovativi esperimenti grafici, soffermandosi su piccole riflessioni sulla vita, o su iperboli fantastiche sospese tra sogno e realta'.

Menzione a parte merita Buster Brown (1902), la seconda creatura fumettistica di  Richard Outcault che, mentre in Yellow Kid esplorava il melting pot dei ghetti di periferia, con Buster si getta a capofitto nel mondo alto borghese, di cui il pestifero bambino (con i suoi calzoncini a sbuffo, la divisa alla marinara e i nastrini effeminati), accompagnato dal non meno pestifero bulldog Tige, e' contemporaneamente simbolo e nemesi.
Buster Brown
Le sue burle crudeli sono un pretesto per mettere alla berlina usi e costumi di quella frangia della societa' che era la naturale antagonista degli abitanti di Hogan's Alley. Le chiose alla fine di ogni sua avventura, sono ciniche lezioncine morali, come veri e propri trattatelli di filosofia spiccia (come al solito completamente eliminati in Italia dal perbenismo imperante), e che spesso non avendo quasi nulla a che fare con l'episodio che chiudono, sembrano piu' che altro dei meri sfoghi dell'autore.
Alcuni esempi: alla fine della storia in cui Buster fugge dall'affetto morboso delle cuginette, si afferma: " I grandi baciano i bambini che non hanno nessuna voglia di essere baciati. Conosco gente che bacia i bambini altrui, poi va a casa e picchia i suoi. Chi picchia i bambini non dovrebbe averne!"; oppure:" I pesci d'Aprile e gli autobus fanno numerose vittime. Chi non dorme piglia pesci e chi dorme prende pesci d'Aprile. Le occasioni sono per gli svegli che diventano Presidenti di Banche."; o ancora quando Buster fugge dall'ennesima punizione sventolando la bandiera Americana e inneggiando alla liberta' : " Non e ' patriottismo sparare petardi o pistolettate...questa e' la solita passione Americana per il chiasso, la confusione e la malvagita' gratuita!".

Katzenjammers
Ma Buster Brown e' solo uno dei tanti esponenti della vasta schiera di monelli col pallino dello scherzo che riempivano le vignette con le loro marachelle, ricca fonte di irresistibili gag comiche, ed illuminante esempio di come i loro autori non avessero la minima intenzione di fornire esempi educativi o moralisteggianti (se anche i piccoli delinquenti finivano spesso male, cio' non serviva certo loro da lezione, visto che reiteravano in continuazione, e con sommo godimento , le stesse azioni).
Tornando ad esempio ai Katzenjammer, sono piu' di ottant'anni che le piccole pesti affliggono la loro preda preferita, il Capitano, con le loro imprese, creando la striscia piu' longeva della storia insieme a Gasoline Alley, con la fondamentale differenza  che essi non crescendo mai, non hanno avuto nel tempo alcun anagrafico ravvedimento.

Esattamente in mezzo all'ambiente popolare di Yellow Kid o Happy Hooligan e quello borghese di Buster, stavano gli sketches di vita famigliare di Jiggs e Maggie (Arcibaldo e Petronilla). Creati nel 1913 da George McManus, sono due immigrati cresciuti negli slums di New York e arricchitisi con sudore, fatica ed una vincita alla lotteria, e ora tentano il riscatto sociale, cercando (con comici risultati) di introdursi nelle piu' alte frange della societa'.
Almeno questo e' il pallino della moglie, mentre Arcibaldo, precorrendo Homer Simpson o Peter Griffin, si accontenta di passare le giornate in pieno ozio al bar con gli amici. Anche se entrambi sono tratteggiati col tipico stile caricaturale del fumetto comico, cio' non impedisce a Petronilla di sfoggiare due splendide gambe.

Tanto furono importanti le Sunday pages, che divennero una specie di attestato del successo che i personaggi succitati (nati nelle strisce giornaliere), stavano ottenendo.
Ogni volta che il pubblico apprezzava, all'appuntamento quotidiano veniva aggiunto un colorato episodio domenicale.

Mettiamo le cose in chiaro: se qualcuno pensa che le striscie a fumetti siano solo battute (piu' o meno politically correct) o gag da film muto, si sbaglia di grosso.
O semplicemente non ha mai letto Krazy Kat.

Un'amore impossibile
Pochi i personaggi: un gatto con la erre moscia (almeno nella traduzione italiana, in originale ha una parlata infantile) ed una dubbia sessualita, innamorato di un topo (Ignatz) che senza ragione apparente ha l'idea fissa di bersagliarlo con un mattone, che il gatto/gatta interpreta (?) come prova del suo amore, un cane poliziotto (Pupp), che, con ambiguo istinto protettivo, tenta di evitargli la mattonata d'obbligo, spesso con scarso successo. Il tutto sullo sfondo suggestivo della contea di Coconino, Arizona (ma dal vago sapore messicaneggiante), in un paesaggio scarno, fatto di alberi che ricordano le sculture contemporanee di Miro', colorati come totem indiani, nuvole gommose,  rocce spettrali come parallelepipedi piantati nel nulla, che mutano improvvisamente di vignetta in vignetta, cactus alti come grattacieli, sotto un cielo pieno di stelle dalle geometrie impossibili, come troveremo tanti anni dopo nei paesaggi lisergici di Moebius.
Ma Krazy, creato nel 1913 da George Herriman, al di la' delle buffe situazioni comiche, e' soprattutto un fumetto intriso di poesia, stralunato e surreale, disegnato con un tratto asciutto ed essenziale, corredato da didascalie di raro lirismo. Come ad esempio nell'apertura di una ministoria su Don Coyote, altro character della striscia: " Don Coyote, soavemente uggiolando sinistre, schive, convincenti contumelie, perennemente affamato, imperterrito, insaziato, solleva il suo naso all'aria annusando gli zefiri e percependo un aroma di minestra. E nella prospettiva di ricevere foraggio, solleva la sua voce in un insipido soprano di aspettativa".
There is a land, far far away..
E che dire del canto struggente di Krazy alla fine delle sue avventure: "C'e' una terra felice lo-lontano da qui...", immagine tenera e dolente che ritroveremo efficacemente anche della silouette di Lucky Luke che a fine avventura si perde nel tramonto. "I'm a poor lonesome cowboy...".
Krazy e' anche la prova provata che Hearst aveva buon gusto in materia di fumetto, e a volte riusciva a  mettere in secondo piano  il suo naturale primordiale bisogno di guadagno in nome di ben piu' nobili obiettivi : Krazy infatti non era un fumetto facile, troppo surreale ed inafferrabile dietro la sua apparente semplicita', ed il pubblico medio non lo amava molto. Egli invece lo difese per circa trent'anni, ostinandosi a pubblicarlo in ogni modo possibile. Un sempiterno grazie da tutti noi.

Il 1929 fu un anno cruciale in America per due fondamentali motivi, ovviamente poco legati fra di loro : il crollo della borsa di Wall Street, a cui fecero seguito dieci anni di terribile crisi economica e finanziaria che coinvolse il mondo intero, e la pubblicazione delle due prime Sunday dal taglio avventuroso, che spezzo' l'egemonia delle strisce comiche fino ad allora incontrastata, e cioe' Tarzan delle scimmie e Buck Rogers.
E' interessante notare come i primi eroi a fumetti appartengano a due tipologie nettamente contrapposte : l'uno proiettato nel passato, dopo il successo ottenuto dai film e dai libri sul personaggio,  aveva cercato di sfruttare il fascino che una vita piu' semplice, primitiva e naturale aveva per l'uomo moderno oppresso dalla cosiddetta "civilta'"; l'altro invece decisamente rivolto ad un ipotetico futuro, stimolava ben altri appetiti.  E' la storia di un personaggio che colpito dalle esalazioni di uno strano minerale, si risveglia nella terra del 2429, e dopo aver contribuito a strappare il mondo al dominio cinese (gia' iniziano le prime frecciate xenofobe), rivolge le sue ambizioni avventurose verso il cosmo.
Tarzan ebbe vita lunga e gloriosa, con la sua rappresentazione avventurosa e romantica del mito del "buon selvaggio" (contrapposta alla grottesca rappresentazione che molti autori ne avevano fatto, come ad esempio F. Opper nel suo "Club delle caverne"-Our antediluvian ancestors, 1901, in cui i primitivi scimmiottano gli usi e costumi piu' deleteri dell'uomo moderno, come fare la fila alle poste, o venir vessati dal caporeparto), merito anche della qualita' artistica dei suoi autori. Prima Hal Foster (che lo abbandono' nel 1937 per dar vita al suo capolavoro il Principe Valiant), poi Burne Hogart dal meraviglioso tratto michelangiolesco, infine Russ Manning a cui Alan Davis si e' largamente ispirato.
Buck Rogers
Il povero Buck invece, fu con l'andare del tempo surclassato da personaggi piu' credibili, affascinanti e moderni (anche perche' il tratto del suo autore Dick Calkins era piu' adatto ad un fumetto steampunk che fantascientifico, e le sue astronavi assomigliavano un po' troppo a sigari o pentole  volanti), come  Flash Gordon o Jeff Hawke.
Ma ebbe comunque un enorme successo iniziale, che per capire bene bisognerebbe mettersi nei panni di un ragazzino di nove anni in quel lontano 1929, quando per la prima volta (quasi quarant'anni prima dello sbarco sulla Luna), vedeva uomini volare su meravigliose (ed impossibili) astronavi, o tramite cinture a razzi, sparando raggi da una pistola.
Come scrisse Ray Bradbury:"Con una radio a galena nella mano e i denti di Lon Chaney nell'altra, battuti dalla noiosa realta', bramosi di poesia, ci inoltravamo in un mare di spazio,ed affogavamo felicemente.".
Dopo quel primo assaggio, che i lettori dimostrarono subito di gradire, sentendo forte la necessita' di liberare la mente dai dolori quotidiani che in parte le strisce, tra una risata e l'altra, continuavano a ricordagli, fu subito un intenso proliferare di eroi di tutti i tipi.
I successivi furono anni intensissimi per il fumetto, tanto che vennero definiti come la sua "Epoca D'oro".
Volendo stilare un piccolo veloce e cronologico elenco, troviamo :
 nel 1929, Braccio di ferro, che in origine non era il protagonista della storia bensi' un comprimario delle avventure di Olivia;
  il 1930 e' invece l'anno del Topolino a fumetti, dopo il successo delle sue precedenti apparizioni cinematografiche;
 nel 1931 appare Dick Tracy con la sua mascella volitiva e i suoi grotteschi nemici dai tratti lombrosiani;
 nel 1932 V.T.Hamlin crea Alley Oop, prima semplice cavernicolo colto nella sua vita quotidiana, poi proiettato da uno scienziato in innumerevoli viaggi temporali;
 nel 1933 Brick Bradford ( primo esempio di "eroe per tutte le s...tranezze", passando disinvoltamente da esplorare il mondo subatomico di una moneta ad avventurarsi nella scoperta di civilta' perdute o combattere contro spie e scienziati pazzi), e Cino e Franco (fu tramite le loro avventure che i giovani italiani,un anno dopo scoprirono il fascino dei comics americani. Ed essi, probabilmente stanchi dei soliti eroi di regime armati di littorio e gladio, ne decretarono immediatamente il successo.);
 nel 1934 Lil' Abner  (di Al Cappe il suo mondo di villici con cui l'America imparo' a ridere dei propri difetti.
Il 1934 in particolare fu un vero e proprio anno di fuoco per il fumetto d'avventura.
Alex Raymond varo' ben tre personaggi : Flash Gordon e Jim della giungla sulle pagine domenicali, e l'Agente segreto x-9 in strisce quotidiane. Inizio' per lui un vero tour de force che riusci' a sostenere per quasi dieci anni. I tre avevano in comune, oltre all'efficacissimo tratto grafico del loro autore che influenzo' negli anni a venire una moltitudine di disegnatori, anche una netta predilezione nel crearsi nemici dagli inconfondibili tratti somatici orientali (la nemesi di Gordon si chiamava Ming e sfoggiava due tipici baffi spioventi;  Jim nelle sue prime storie combatteva contro banditi e organizzazioni segrete cinesi di ogni tipo). 
Questi sfoghi xenofobi sono una caratteristica del fumetto di quegli anni.
Il 1934 e' anche l'anno in cui Milton Caniff (autore dal tratto piu' morbido e sensuale, che diverra' un altro importantissimo punto di riferimento per il fumetto moderno), vara la sua opera piu' famosa, ovvero Terry e i pirati.
L'idea di partenza e' quanto di piu' classico: un ragazzino eredita una fantomatica miniera in Cina, ed inizia un viaggio in compagnia dell'avventuriero Pat Ryan, durante il quale si scontrera' spesso contro infidi pirati, da cui il titolo.
Anche se il target iniziale del racconto era logicamente un pubblico adolescenziale, Caniff ebbe l'idea di ampliare il suo target, tentando di coinvolgere nella lettura anche i padri dei suddetti piccoli lettori, con l'introduzione di characters femminili dalla elevata sensualita', spesso malvagi, e che divennero ben presto il suo marchio di fabbrica.

Dragon Lady
A fianco del giovane Terry agisce una folta schiera di comprimari, e la parte comica della striscia e' interpretata da uno stereotipato cinesino con tanto di dentoni e occhietti mandorlati, e che assomiglia tantissimo all'onnipresente Yellow Kid.
Questo era il massimo dello spazio che si concedeva alla razza orientale: o cattivi a tutto tondo, o buffi caratteristi.
Piano piano anche il fumetto d'avventura inizio' ad essere influenzato dal mondo che lo circondava (quello vero).
Ad esempio, nel momento in cui, dopo l'attacco di Pearl Harbor, la Cina diventa alleata degli Stati Uniti, smette finalmente di essere il nemico per antonomasia  nelle storie a fumetti, presto sostituita dal crudele Giappone. Jim della giungla, ad esempio, diventa prima agente segreto del consolato americano in Cina durante l'invasione giapponese, quindi nella seconda guerra mondiale affronta solo spie del sol levante.
Piccoli ancoraggi alla realta' quotidiana che fidelizzavano sempre piu' il lettore.

Sempre nel 1934 viene proposto un altro fondamentale personaggio : Mandrake il mago, che pur vestendo la tipica divisa in frac e cilindro dell'illusionista da avanspettacolo, e' il primo personaggio a fumetti realmente dotato di poteri magici.
Egli Insieme a Phantom (l'uomo Mascherato) che nascera' due anni dopo dalla mente dello stesso autore, Lee Falk, sono giustamente considerati i prototipi di tutti i moderni supereroi. Soprattutto il secondo, che conteneva in se gia' tutte le  caratteristiche canoniche del supereroe : il costume e della maschera per crearsi un alone di mistero ed incutere terrore al nemico; le motivazioni che stanno alla base della sua crociata contro il male (egli e' solo l'ultimo di una serie di personaggi che da secoli indossano la divisa di Phantom per combattere i pirati), sussurrando cio' che poi verra' gridato come motto imprescindibile dai futuri eroi in spandex: "Da grandi poteri derivano etc...."
Il cosiddetto "premio" della pagina domenicale per i personaggi che incontravano maggiormente il favore del pubblico, valeva anche per quelli d'avventura, tanto che le storie, per Mandrake e soci finirono per raddoppiare, quelle pubblicate la Domenica completamente diverse da quelle giornaliere.
Una vera e propria Epoca Dorata, come si e' detto.


Probabilmente il nome di Max Gaines vi dice poco.
In realta' il suo ruolo nella nascita nel fumetto moderno e' stato incommensurabile.
Fu egli a creare il primo albo a fumetti con una propria vita editoriale, finalmente slegata dai soliti supplementi dei quotidiani.
Inizialmente, questo albetto di 36 pagine a quattro colori (Famous Funnies) distribuito dai Grandi Magazzini Woolworth, era una mera riproposizione di strisce gia' apparse sui vari giornali. Comunque sia, il dado era stato tratto, e si era messa in moto quella macchina editoriale, che ancor oggi macina chilometri e denaro, e che ha portato il fumetto Americano ovunque nel mondo.


Gli altri post di Steve:

Little Shop of Comics - Prima parte
Little Shop of Comics - Seconda Parte
Little Shop of Comics - Terza Parte
Little Shop of Comics - Quarta Parte
Little Shop of Comics - Quinta Parte

Little Shop of Comics - Appendice: Un ventennio di fumetti
Little Shop of Comics - Appendice: Propaganda.

3 commenti:

  1. Bello. Ricordo di aver trovato, nella mia fame onnivora di ragazzino, le prime storie di Topolino (tradotte malissimo). Leggendole raccolte in volumi, non capivo il perché delle ripetizioni visive e delle didascalie-riassunto ogni x vignette.

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  2. Probabilmente perche' erano pagine domenicali. Anche nelle striscie davano due righe di riassunto. Se dici il periodo godfredson, macchia nera, eta beta per intenderci, era e' il migliore. A parte l'italianissimo romano scarpa.ma qui siamo gia nell'epoca del topo libretto.
    Se mi si pastura non smetto piu')) ci vediamo a reggio. Ti faro' da groupie)

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  3. Che lavorone! Complimenti Stefano. Cerca di essere un buon groupie!

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