giovedì 24 dicembre 2015

Ad esclusivo uso interno...

by Robo

Ho avuto amici. Umani o no.
Questa é una carrellata di quelli più importanti.
Avrò parole di affetto per tutti, e se citeró presunti difetti sarà per rendere un quadro sintetico della persona. Tutto ció non per una necessità di captatio benevolentiae ma perché credo che i giudizi che ci servono non vengono dagli altri ma da noi stessi. Vado per ordine temporale di conoscenza:

1) Mia sorella, la Beba, é stata la mia prima amica e lo è ancora. Ci vediamo poco ma entrambi sappiamo di poter contare sul reciproco aiuto, servisse (speriamo non serva). Ho inventato una sequela di nomignoli, che non renderò pubblici, con cui chiamarla; daltronde faccio la stessa cosa con tutti i miei, pochi, familiari. É nata 7 anni dopo di me, ma abbiamo frequentato per tanto tempo la stessa compagnia di amici. Siamo andati anche in disco assieme con quegli amici. Ho conosciuto tutti i suoi morosi; é partita piano, poi ne ha passati parecchi. L'ultimo spero sia quello giusto... ... ma poi perchè? Dove é sta scritto che una donna debba trovare l'anima gemella per essere felice? Magari la Beba può star bene anche con un moderato turnover di "uomini abbastanza ma non compiutamente giusti". 

2) Il Tigi: il mio primo micione, incazzoso come pochi. Mi ha fatto innamorare della semplicità e trasparenza felina, l'esatto opposto della infida attitudine che il volgo attribuisce erroneamente ai gatti. Quante cazzate diciamo per partito preso, per sentito dire, per non conoscenza... Una volta, avró avuto 14 anni, gli stavo rompendo i coglioni. Da bambinetto saso qual ero lo tormentavo e il Tigi mi avvisò con lo sguardo, più volte, che mi avrebbe fatto male se continuavo. Ma io non colsi l'avvertimento o non me ne curai e lo afferai una volta ancora: al che lui afferrò me. Mi piantò i denti canini da una parte e dall'altra del setto nasale mentre lo avevo sollevato ed io mi ritrovai con un gattone di 6 chili appeso al mio naso. Non stringeva da farmi sanguinare e sarebbe bastato poco perchè mi sfondasse le mucose, ma teneva stretto quel tanto che bastava per farmi copiosamente lacrimare. Ora, se l'avessi lasciato andare mi avrebbe lacerato ed io piagnucolando un "scusa Tigi, scusa", e lo riposi pian piano da dove l'avevo forzosamente prelevato. E lui mollò la presa. Non mi aveva fatto nulla a parte tanto male. E capii che ero stato un coglione. Per il resto Tigi era dolce e desideroso di coccole ma non é che potevi trattarlo come un peluche. Non era un trudino, era bellissimo e fiero (qualcuno direbbe stronzo).

3) Cimattone, ora Fabio il Cimba: antico compagno di banco con cui non ho potuto mai superare una qual pudicizia di sentimenti perché eravamo entrambi timidi. Entrambi nell'ultimo banco centrale, quasi invisibili. Entrambi più cerebrali della maggior parte dei ragazzi di quella età, solo che lui la cerebralità la faceva vedere, io la nascondevo sotto una crosta di pura ignoranza adolescenziale. Poi lui aveva talento ed io no. Con un talento come il suo me lo immaginavo illustratore per una qualche casa editrice ma forse il suo stile non era così spendibile. Il talento non basta, deve incontrare il momento giusto. Dopo 4 anni di banco assieme, una mia incontrollata e puerile necessità di visibilità mi spinse a separami da lui in modo brusco e non credo la prese bene. Fu come togliere valore alla sua compagnia ma, in realtà, ero alla ricerca di valore per me; che non trovai.

4) Fabio il Camorra. Mai conosciuta una persona così in grado di negare efficacemente la realtà, sostituendo a quella una costruzione ad hoc puntellata da improbabili ma incrollabili scusanti. É impossibile per me dimenticare serate insieme in disco in cui lui stava appoggiato, per ore, ad una colonna e si guardava intorno cercando di catturare, nella rete del suo presunto sharme, qualche pesciolina dell'altro sesso: invano ovviamente. Ma con lui sono sempre stato bene e mi sono anche divertito molto. La sua capacità di spendere tutto se stesso in qualcosa che lo entusiasma penso gli abbia portato successo lavorativo. Ne sono felice per lui, anche se incontrandolo ho avuto l'impressione che questo fatto abbia lo abbia "potenziato". Tipo: "non erano cazzate le cose che mi dicevo, ora ne ho la prova provata". 

5) Ciro. Un gatto, non un'amico partenopeo. Di gatti ne ho avuti tanti ma Ciro é stato uno di quelli che ho amato di più. Perché aveva un musetto dolce, uno sguardo particolare, perché mi aspettava per giocare, perché ronfava succhiando i lobi auricolari degli umani come succedaneo di un prematuro distacco da mamma gatta. Quando morì, troppo presto, troppo male, mi sentii come una specie di buco nel petto. Avevo la percezione come se qualcuno avesse potuto allungare un braccio attraverso il mio sterno, e la mano di costui sarebbe uscita dall'altra parte. Il dolore é passato, fortunatamente pare ci sia una correlazione tra la breve vita degli animali e la durata della sofferenza per la loro dipartita. Ma c'é un però: io, come altri penso, assaporo la rappresentazione delle persone (e degli animali) che conosco. Non é sinestesia, é una interiorizzazione della storia comune che mi fa conservare un ricordo a tinte molto vivide. Con Ciro non é andata così. Lo cerco, vorrei ritrovare quella rappresentazione dentro di me per riassaporarla ma é sfumata e non capisco perchè. Forse il lavoro assurdo di quegli anni o la conoscenza di mia moglie sempre di quel periodo, non so.

6) Il Moro. Con l'articolo determinativo tendente al maiuscolo. Tosto ma sincero. Gli anni lo hanno fornito di una benevolenza che non aveva da giovane. La sua capacità di costrursi una famiglia "complessa" con figli suoi e non suoi é per me fonte di grande ammirazione. In fondo, io e lui, in modo compatibile con le nostre personali aspettative ed il nostro diverso carattere, abbiamo trovato entrambi un universale che ci mancava: l'amore certo e proiettato nel futuro. Lo conosco da quando aveva 17 anni, ho conosciuto i suoi spasmi giovanili, e i percorsi burrascosi delle sue scelte sentimentali. Fino all'approdo. La Maura (mia madre) é una sua irriducibile fan.

7) Giovanni. Il Barbeus. Raramente ho provato quella percezione di assoluta comunione, quella sensazione di amicizia profonda che ho condiviso in certi momenti con Giovanni. Sarà stato che eravamo entrambi incapaci (e coscienti di esserlo) con l'altro sesso, che avevamo entrambi una irriducibile necessità di fantastico, che eravamo entrambi profondamente frustrati. Ma proprio questa frustrazione ci ha portato ha cercare qualcos'altro, forse in certi momenti ognuno di noi due vedeva troppo se stesso nell'altro. Credo fosse così. Entrambi abbiamo fatto passi in avanti verso una vita realmente adulta, ma lui é riuscito a mantenere per se un angolo ludico, io no.

8) Matteo. Il Torre. Torre per riduzione del cognome non per le caratteristiche fisiche. Mi ha sempre fatto pensare ad un vichingo con le caviglie di vetro. In lui l'essere burbero e la socialità spiccata si mescolano in un modo originale che non ho più incontrato altrove. I pomeriggi passati a giocare a casa sua (eravamo un gruppo di addicted per i board game) restano momenti di grande piacere amicale. Non mi interessava affatto vincere mi bastava partecipare; lui invece era più competitivo. Poi arrivarono le morose e i pomeriggi, a poco a poco, scemarono: sembra esista una legge universale per cui il gioco da tavolo e la fidanzata sono grandezze inversamente proporzionali. Ma le giocate a Republic of Rome e Civilisation restano nella memoria.

9) Stefano. Musica, fumetto, lettura, collezionismo, serials, cinematografia, scrittura: Stefano é un coacervo di interessi. Ho sempre avvertito una comune percezione tra me e lui: per entrambi la realtà é sostanzialmente noiosa. Va arricchita di storie, di orpelli fantastici, di suggestioni. Solo che la necessità del lavoro castra i tempi che si vorrebbe dedicare, "con maggior profitto", all'esplorazione della propria ed altrui creatività. Forse é l'inquietudine che un po' lo accompagna che nutre questa sua ricerca. E poi assomiglia parecchio a Poh di Kung-fu Panda e questo é un fatto indubbiamente positivo.

10) Betty. Mia moglie non é gelosa di questa sua minuta rappresentazione felina, di cui sono infatuato. Come lei Betty é piccola, elegante, con estremità piccine e mi cerca senza mai concedersi del tutto. Mi guarda e sembra dire: "sì sei a posto, ma non ti allargare troppo, mio simpatico scimmione. E fammi giocare!".  Pantera in miniatura con occhi come oro.

2 commenti:

  1. Robo : lo vedo sul divanetto con la moglie addormentata sulla spalla mentre si guarda il finale del film che lei ha voluto vedere, mentre lui vorrebbe indossare un vestaglione Jedi e mettersi a volteggiare la sua spada laser (ovviamente dopo aver capito come funziona). Investito di sacro dovere, aggirarsi negli ambulatori medici pieno di fervore informativo, mentre sogna di fondersi col divano a recuperare i trent'anni di fumetti che si e' perso. Tutto cio' che fa e' pieno e vitale (amore, lavoro, amici), e, credo, viva una bellissima vita senza troppi rimpianti. Per questo lo invidio. Io ne sono zuppo.

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  2. (...)
    5) Roberto R. Il mio primo compagno di banco al liceo. Allegro, rassicurante, nato 3 giorni prima di me e tante cose in comune. Per anni gli ho invidiato l'energia e la potente logorrea, l'amore del dell'amore del parlare. Forse non ho mai considerato il suo lato più ombroso, probabilmente nascosto dietro all'irremovibile fermezza e ostinazione a non superare certi limiti autoimposti non sempre comprensibili. Forse grazie a questo si è conservato tale e quale nei decenni ed ho l'impressione di averlo visto spesso anche negli ultimi anni... Cosa assolutamente falsa. Scrive su questo blog nel suo stile innato e ne sono felice.

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