domenica 6 dicembre 2015

BREVE VIAGGIO IN GIAPPONE (TURISTICO E NON)


PRIMA TAPPA (ciò' che mi sembra di aver capito)
Il Giappone mi ha sempre intrigato.
E' un paese distante anni luce dalle nostre convenzioni ed abitudini, forse impossibile per noi da capire fino in fondo, avvolto nella nebbia come la perduta Shangri-la, e che riesce cosi' a conservare una sua fascinazione.
Nella tipica mentalita' isolana i giapponesi portano alle estreme conseguenze l'amore che ogni popolo ha per il proprio paese d'origine, considerandolo il piu' bello del mondo,  l'unico per loro realmente vivibile, salvo poi emozionarsi come bambini quando, viaggiando all'estero armati di reflex, scoprono che esistono tante altre curiose meraviglie da scoprire.
E forse e' proprio questo pensano del resto del mondo: che sia una semplice curiosita'.

Cio' vale anche per la considerazione che hanno di loro stessi come razza, relegando noi occidentali  a simpatici animaletti dalle strane abitudini, a cui concedere uno sguardo diffidente e stupito.
Più' che superiorità', e' spesso un sincero e tenero compatimento.
Amore incondizionato ed imprescindibile per la propria terra e cultura, tra orgoglio nazionalistico e rispetto delle tradizioni, qualcosa di molto profondo, una simbiosi fisica e spirituale che ha pochi eguali (non e' tanto l'"essere" giapponesi, quanto l"appartenere" al Giappone).
La religione praticata, lo scintoismo, e' unica nel suo genere : fondamentalmente animista, ma con  influenze buddiste come ad esempio nella sua visione dell'aldilà, e chiaramente  politeista nel rappresentare molteplici divinità, personificazioni di quei fenomeni naturali con cui ogni giorno il contadino giapponese si doveva confrontare, in un misto di venerazione, rispetto e paura.
Il giapponese venera i Kami, spiriti presenti in ogni cosa, e gioca con le loro immagini caricaturali per sdrammatizzarle, gli Yokai, come un bimbo felice e spensierato.
Oggetti antropomorfizzati (Tsukumogami) come sandali ed ombrelli di carta di riso dotati di occhi e gambe; animali mutaforma (Bakemono) come i Tanuchi dai grandi testicoli,  fino a veri e propri demoni come Oni e Kappa, in un pantheon poliedrico e familiare con cui convivere ogni giorno, non senza qualche brivido di sana paura.
Ma e' proprio l'animo puro e  fanciullesco con cui affrontano le cose, anche le piu' improbabili, con la convinta serieta' di un bambino mai cresciuto, che spesso fa sorridere noi occidentali, decisamente più smaliziati e cinici.
E qui (prendendoci una piccola vendetta) il giudizio si ribalta.
E' un paese sfaccettato e complesso dove convivono modernità e tradizioni imprescindibili, spiritualità e disperate fughe alcoliche dallo stress quotidiano, l'orgoglio del samurai e la leggerezza apotropaica del Maneki-neko (il-gatto-che-saluta, noto portafortuna), la tecnologia delle centrali nucleari accanto al Museo dei parassiti (esiste davvero ed e' a Tokyo), in un disarmante mix tra eccentricita' e pragmatismo

Pensare che lo stesso popolo che ha creato poetici passatempi (in realta' veri e propri esercizi spirituali) come l'Ikebana o l'Origami ha anche inventato baracconate come il karaoke ed il pachinko (gioco con sferette di metallo che consiste nel vincere altre sferette di metallo, in un loop pressoché infinito).
Come si vede, tutto e' relativo.
E' un paese alla perenne ricerca del proprio equilibrio (in antichità' l'arcipelago giapponese, forse anche per la sua natura frammentata, era rappresentato dall'ideogramma WA che significa per l'appunto armonia, equilibrio), che tenta di raggiungere soprattutto con le sue pratiche meditative.
La paziente coltivazione di alberi bonsai, la ricerca della perfezione nel giardino zen, i riti imprescindibile della cerimonia del te': tutto serve per tenere la barra a dritta nelle tempeste quotidiane, per fuggire anche solo per un momento dallo stress della vita.

La primavera se ne va-
pianto di  uccelli e pesci
le lacrime agli occhi*

SECONDA TAPPA (quasi un Ukyo-e)
L'Hanami e' la festa nazionale della fioritura dei ciliegi.
Tra Marzo ed Aprile un lungo tsunami di petali rosa attraversa il paese da sud a nord.
 E' una fioritura organizzata dalla natura con estrema precisione, tanto che un viaggiatore potrebbe seguirlo passo passo, dalla temperata isola di Kyushu fino alle nevi dell'Hokkaido, seguendo questa onda che si  sviluppa cronologicamente tra le varie situazioni climatiche, e che viene celebrata in tutto il paese con grandi festeggiamenti.
Le amministrazioni locali si affrettano a delimitare le aree più suggestive dove trascorrere in famiglia, o in agglomerati spontanei, questa ricorrenza millenaria che, nel rispetto della tradizione ma anche solo semplicemente per ammirare la bellezza della natura che rinasce, spinge tutti, senza distinzioni di eta' e rango sociale, ad invadere parchi e giardini per brindare insieme con il sakè, gustandosi piccole tortine avvolte nei petali dei sakura.
Giovani ed anziane donne con la faccia dipinta come le maschere del teatro kabuki ondeggiano in brevi danze improvvisate nei loro kimono tradizionali.
Gruppi di giovani si lanciano in improbabili esibizioni canore col karaoke.
Lanterne di carta oscillano nel vento notturno, al ritmo dei taiko (tamburo tradizionale), e la struggente melodia di un biwa (strumento a corde) si perde negli schiamazzi festosi di un gruppo di cosplayer. 
D'un tratto il muro della tipica riservatezza giapponese si infrange in un libero sfogo di gioia catartica.
Una grande festa che  e' insieme contemplazione della natura (hana-mi significa proprio "osservare i fiori"), testimonianza della caducità' della vita (il fiore di ciliegio ha la durata dell'esistenza di un'effimera), simbolo di rinascita (l'inizio della primavera), ed importante momento di aggregazione famigliare (la cosiddetta "pietà  filiale" e' uno dei pilastri portanti della società giapponese, anche se il termine ha un significato più ampio del "semplice" amore per i propri genitori : e' rispetto dell'eta' in senso lato).
La breve vita del fiore di ciliegio si associa spesso all'idea della morte, alla figura del samurai (la cui vita era sempre appesa ad un filo), allo spirito di sacrificio del kamikaze (estremo esempio di devozione alla propria terra rappresentata dall'Imperatore), tanto che uno dei loro reparti si chiamava Oka (fiori di ciliegio).
Non e' infrequente vedere, sdraiato ai piedi di qualche immenso albero di ciliegio, un impiegato ubriaco (simbolo se vogliamo della ben più' prosaica e meno poetica workaholicita' tipicamente giapponese) che dorme, cravatta slacciata, in un profondo russare, avvolto amorevolmente da una nube di petali rosa.

Che fiera esposizione!-
spada, bisaccia e carpe di carta 
nel giorno della festa dei giovani*

PICCOLO INTERLUDIO "ROMANTICO"
I giapponesi sublimano la loro perenne contraddittorietà soprattutto nel modo in cui vivono il sesso.
Da un lato sono forse il popolo più morboso e feticista, dall'altro esibiscono una inspiegabile pudicizia nel coprire con pecette strategiche i genitali nei film porno.
Questa abitudine deriva da un codice di censura che risale agli anni quaranta e mai modificato (i giapponesi sono lentissimi a cambiare le loro regole, semmai le aggirano) nonostante il palese evolversi dei costumi.
La passione del maschio giapponese per le ragazzine iperdotate, meglio se acconciate da ingenue studentesse, e' ben conosciuta, e celebrata tra le pagine di centinaia di manga, non necessariamente pornografici.
Il sesso in privato e' per contro affare molto serio, che ha eguali solo nel Kamasutra indiano : gli strumenti per compierlo al meglio hanno una grande valenza artistica ed antropologica.
Gli Harigata (dildo) ad esempio, sono un vero florilegio di forme, dimensioni, e materiali come quelli in fibra vegetale che emettevano una sorta di linfa lubrificante e che risalgono al periodo feudale, o quelli intarsiati minuziosamente, veri e propri oggetti artistici.

A Kawasaki, durante l'inizio della primavera (ennesimo simbolo di rinascita e trasformazione) si svolge il rito scintoista del "Pene di ferro" (leggenda narra che per scacciare un demone che si era nascosto nella sua vagina, una giovane si fece costruire un dildo in metallo).
Tra le strade della cittadina si porta in processione un pene gigante, tra festanti ammiratrici, agli angoli delle strade, piccole bancarelle vendono peni di plastica di tutte le dimensioni, mentre giovani donne non si pongono problemi a gustarsi i loro lecca-lecca a forma di membro maschile, rigorosamente in  erezione.

E' in questi piccoli esempi che ancora una volta risalta il dualismo in cui vive perennemente il giapponese medio : cosi' chiuso nell'esprimere i propri sentimenti piu' intimi (per la paura di mettere in imbarazzo i propri interlocutori nessun giapponese ad esempio esprimera' mai in pubblico il dolore per la perdita di un proprio famigliare), ma cosi' altrettanto privo di limiti nel rivelare la sua anima ludica, anche in situazioni apparentemente imbarazzanti.

Per terminare e' necessaria una piccola sosta corroborante in uno dei tanti Love Hotels che si trovano un po' ovunque nelle grandi metropoli giapponesi, ma ormai quasi dappertutto.
Sono i classici alberghi ad ore, pulitissimi, discreti, ma anche attrezzati per soddisfare qualunque necessita', anche la piu' fantasiosa e bizzarra.
Camera Hello Kitty sadomaso.
Le camere a tema sono tra le piu' gettonate, e ci si puo' sbizzarrire a consumare nella bat-caverna, o su letti a forma di astronave, in una sala operatoria (con annessi costumi da medico ed infermiera), o in un simil-sabba satanico. Pero' attenzione : in alcuni di questi gli occidentali non possono entrare : i giapponesi, notoriamente molto puliti, non si fidano troppo della nostra igiene personale. 
Chissa' se hanno ragione..



TERZA TAPPA (Go Nagai e dintorni)
Il Giappone deve fare i conti da sempre con la precarietà dell'esistenza.
L'enorme spada di Damocle che ha sospesa sulla testa, fatta di vulcani, terremoti, tsunami, e centrali nucleari ( ci hanno messo anche del loro) pronti ad esplodere da un istante all'altro, danno la misura di questa esistenza sospesa in perenne necessita' di equilibrio, anche solo interiore.
E' indubbio poi che bombe di Nagasaki ed Hiroshima abbiano provocato non solo devastazioni fisiche e strutturali, ma anche (forse soprattutto) psichiche e spirituali.
Il popolo giapponese e' stato  colpito profondamente nelle sue mire espansionistiche di dominio globale, il suo sconfinato orgoglio piegato irrimediabilmente, e faticosamente sopravvissuto fino ad ogni in sporadiche intense fiammate come la vita dello scrittore Mishima, che arrivo' a fare seppuku in diretta televisiva per non aver accettato la smilitarizzazione de facto del suo paese (per inciso, anche il più irriducibile samurai ama la vita come e' dimostrato dal biglietto che Mishima lascio' poco prima di suicidarsi : " La vita umana e' breve, ma io vorrei vivere per sempre.", solo e' disposto a portare alle estreme conseguenze la sua coerenza esistenziale). 
La figura dell'Imperatore (da sempre considerata la personificazione intoccabile della nazione stessa, discendente diretto degli dei, e perciò al di la' di ogni possibile classificazione umana) e' uscita dal conflitto mondiale fortemente ridimensionata, rivelando al mondo ed al suo popolo un'inaccettabile umana fragilità.
Difficile riconoscere in quel piccolo ometto vestito di nero magari sorpreso a dare da mangiare alle anatre in un qualunque parco di Tokyo, colui nel cui nome alcuni si erano immolati all'urlo di "Banzai!".

Il Giappone non era nuovo a guerre di conquista per la gloria del proprio Imperatore.
La strage di Nanchino durante il conflitto sino-giapponese (oltre 300,000 le vittime accertate tra cui donne e bambini con infiniti casi di stupri e violenze gratuite), ne e' un eclatante esempio.
Akira
I manga di Go Nagai (i robottoni, Devilman, la saga postapocalittica di Violence Jack), insieme ad opere come "Akira" di Otomo o "Dragon Head" in cui l'eruzione del monte Fuji distrugge Tokyo, dietro all'apparente spettacolarizzazione della violenza fine a se stessa, sono un tentativo si lenire queste profonde ferite, esponendole in una catarsi espiatoria per tentare di esorcizzare paure e rimorsi.

Un altro aspetto della società giapponese, rappresentato da un vero e proprio filone manga, e' quello riguardante il trauma che ogni scolaro vive nel momento del passaggio all'eta' adulta, quando, finite le scuole, deve scegliere quale strada intraprendere tra università e lavoro.
 Il concetto di strada (la Via), intesa come scopo, realizzazione sociale e personale, ritorna immancabile : penso non esista al mondo popolo che più dei giapponesi sia ossessionato dal trovare un proprio ruolo all'interno della società, sentirsi utile in qualche modo (tanto che la sua eventuale perdita può anche condurre al suicidio). Ogni giovane giapponese vive questo momento come la tappa fondamentale della propria esistenza, in un abisso di dubbi e paure, perché e' vietato sbagliare, pena l'esclusione dalla società.
Battle royale
Nei soliti toni iperbolici, manga come "Crows" (lotte all'ultimo sangue per la supremazia all'interno di una scuola), "Battle royale" (gioco al massacro per selezionare gli individui più resistenti ), un po' tutta l'opera di Inio Asano in toni decisamente piu' intimistici, fotografano bene questa paranoia collettiva.
Questo momento di passaggio (l'inizio della primavera), coincide  con la fioritura dei ciliegi, rispecchiandone il senso di trasformazione, di nascita, ma anche di precarietà.

Ah! erba d’estate-
 tutto cio' che resta dei sogni di tanti guerrieri*

QUARTA TAPPA (un salto nel..vuoto)
Musashi Miyamoto e' il ronin (samurai errante) più conosciuto, anche dai noi occidentali, sia per la sua vita avventurosa e romantica, sia come autore di un famoso  trattato per perseguire il Bushido (la via del samurai), chiamato "Il libro dei cinque anelli", oggi, in un discutibile tentativo di attualizzazione, adottato dalle migliori scuole di preparazione dei giovani manager.
Il libro e' composto da 5 parti, e 5 sono gli elementi a cui corrispondono : fuoco, terra, acqua, aria e vuoto.
Se i primi quattro servono per introdurre il lettore all'argomento trattato, per spiegare tecniche e atteggiamento utili al conseguimento del risultato, la parte più affascinante e' quella legata al concetto di vuoto, un piccolo viaggio nella parte segreta dell'esistenza.
Il vuoto e' quanto rimane dopo aver eliminato tutto ciò che si conosce, che si vede. Altrettanto
importante, perche'  definisce il suo opposto (il pieno, il toccabile) come il yin con lo yang.
Di piu' : e' nel vuoto che si agisce, che si vive, assumendo cosi' una valenza imprescindibile.
Nella Cerimonia del te' (vedi dopo), lo spazio del vuoto in cui tutto si svolge, ne diventa l'elemento piu' importante.
E' percio' essenziale per chiunque voglia perseguire la Via (qui il Bushido, la' il Tao),  cercare di vivere nello spazio tra le cose, tracciando giorno dopo giorno una media dei propri comportamenti.
Non e' semplicemente moderazione, ma piu' profondamente equilibrio.
Un esempio illuminante lo si trova nella tecnica pittorica di Musashi, in cui diventa più importante togliere piuttosto che aggiungere, in cui pochi  semplici tratti bastano a definire la figura : ciò che non appare e' altrettanto importante di quello che appare. Nel Tao il vuoto e' una parte fondamentale della nostra esistenza, e viene definito dalle cose che ci circondano : non viviamo nei muri di una casa, ma nel vuoto che essi delimitano.

Ah! L'antico stagno
tonfo di una rana-
rumore d'acqua*
(in questo Haiku il vuoto e' rappresentato dal soggetto principale, la rana, che infatti non compare.)

QUINTA TAPPA (tre anime)
Su internet abbondano i siti che decantano le bellezze del Giappone, e il potenziale turista ha solo l'imbarazzo della scelta.
Ma paiono tutti concordi (soprattutto i siti sponsorizzati dagli enti turistici nazionali), nell'affermare che tre sono i siti immancabili per bellezza ed importanza culturale : le isole di Matsushima, il lago di Miyajima e Amonashidate,
Qui si incrociano mirabilmente, secondo me, tre fondamentali aspetti della Grande Anima del Giappone : l'intensa spiritualità', il viscerale amore per la natura, il giocoso bimbo interiore.

Izanagi e Izanami sono le due divinita' giapponesi da cui tutto e' derivato.
Sospesi sul ponte celeste, nell'immenso nulla primordiale, Izanagi per primo e' convinto dai Kami originari ad immergere la sua spada celeste (o bastone, evidente simbolo fallico) nel vuoto sottostante, e nel ritirala, egli la scopre gocciolante e finalmente feconda.
Da quelle gocce cadenti infatti nascerà il Giappone, in tutto il suo immediato fulgore.
I successivi molteplici amplessi incestuosi dei due fratelli (oramai ci avevano preso gusto), daranno origine a tutte le isole giapponesi, mentre da parti dei loro corpi nasceranno le divinità scintoiste Amaterasu (la dea del sole), Tsukuyomi (il dio della luna), e Susanoo (la divinita' delle tempeste).
Le 260 isole di Matsushima, ognuna diversa dall'altra, fitte di pini e tempietti votivi, sono uno splendido esempio del risultato delle varie copule divine : per ogni goccia spermatica di Izanagi, una splendida isola nasceva, creando un panorama cosi bello che, narra la leggenda, nemmeno il poeta di haiku Basho riuscì a descriverla in maniera soddisfacente, limitandosi ad un semplice  "Oh Matsushima!", ripetuto tre volte, di estatica ammirazione.

Fatti prestare le ali dalla gru per raggiungere Matsushima-
 piccolo usignolo*

Il secondo sito imprescindibile e' l'isola di Miyajima, (anticamente chiamato Itsukushima che significa isola santuario), con il suo torii piantato in mezzo al lago, rosso fiammante come le corna di un Oni, scenografica porta d'accesso al tempio shinto/buddista presente sull'isola, e che e' obbligatorio attraversare (in barca durante l'alta marea, o a piedi quando l'acqua si ritira come un Mont Saint Michel orientale), per entrare nel tempio con l'anima linda ed incontaminata.
L'isola infatti deve mantenere inalterata la sua purezza (tanto che vi sono vietate nascite e morti), come un mondo ultraterreno, eccezionalmente visitabile anche dai viventi, ma solo se si rispettano le sue regole.
Storicamente considerato la porta di passaggio tra il mondo spirituale e quello fisico, in realta' i torii parrebbe fossero nell'antichità' dei semplici trespoli per uccelli (galli sacri in realta'), assurti poi col tempo a piu' edificante simbolo esoterico.
Leggenda vuole (ed ancora una volta la spiritualita' si fonde con l'evento naturale per cercare di rendercelo comprensibile), che la dea Amaterasu (il sole), stanca del fastidiosissimo fratello Susanoo (la tempesta), si fosse rifugiata in una grotta (eclissi) portando la notte eterna sul mondo.
Il popolo terrorizzato dall'evento cerco' di richiamare l'attenzione della dea mettendo alcuni galli su un enorme trespolo il legno (il primo torii) e cercando di farli cantare con danze e musica, nonostante il buio totale.
Prontamente, appena la dea sbircio' curiosa dall'apertura, questi la aprirono maggiormente, e finalmente la luce del sole torno' a splendere.
Il sito e' diventato patrimonio dell'umanità, ma ho come il sospetto che questo ai giapponesi interessi poco : e' soprattutto un loro tesoro nazionale.

"Tutto è calma: il mare, l’ambiente, i volti. Tutto è dolce: il clima, gli uomini, gli animali. Tutto è chiaro: il mare, che mostra sott’acqua filari di coltivazioni di alghe commestibili; calma anche l’aria, così trasparente; e lo sguardo dei bimbi. Tutto vi è sorridente: le labbra dei buddha di pietra e gli occhi neri della gente. ... I visi solitamente tetri degli Europei alla sera sono stanchi di sorridere"**

Il terzo esempio e' sicuramente quello in cui le tre anime si fondono con maggiore perfezione.
La baia di Myazu e' tagliata a meta' da una riga di sabbia inghirlandata da ben 8000 pini dalle più varie forme e dimensioni. Sono circa tre chilometri percorribili a piedi o in bicicletta immersi nella natura, circondati da un mare azzurro cielo.
La prima anima si riflette in questo piccolo paradiso naturale, lo avvolge in un tenero materno abbraccio, come un amante fedele.
La seconda anima, quella spirituale, si fonde col mito.
Izanagi era solito scendere nel mondo terreno per incontrare la sorella che li' dimorava, tramite una lunga scala denominata Amanoukihashi, che collegava terra e paradiso e che gli permetteva di andare e venire tra i due mondi a suo piacimento. Un giorno, forse stanco per le sue pratiche sessuali, si addormento', dimenticandosi di tornare alla sua casa celeste prima dello scendere delle tenebre.
Per questa sua leggerezza il ponte crollo' sulla terra e si trasformo' nella striscia di sabbia che oggi conosciamo.
Ogni sito di informazione turistica del luogo ci tiene a sottolineare dove recarsi per avere la miglior vista possibile del panorama (una piccola sporgenza attrezzata), ma soprattutto la posizione con cui ottenere il miglior risultato possibile : dare le spalle alla baia, divaricare le gambe e tenerle rigide, quindi chinarsi a testa in giu' per sbirciare attraverso quel piccolo palcoscenico capovolto che si e' creati.
Ciò' che appare e' un drago sinuoso che guizza nel cielo, il miracolo che il ponte sia tornato alla sua posizione originaria in paradiso.
O più prosaicamente, un'imbarazzante immagine di noi stessi che tentiamo di baciarci le chiappe.
Ma i giapponesi, immuni dal senso del ridicolo,  si sono premurati di diffondere la strampalata posizione con ogni mezzo : cartoline, adesivi, brochure, fino alla foto di una affascinante bellezza locale in bermuda, sedere all'aria con sotto la scritta : "Beautiful landscape!" (c'e' da chiedersi se si siano resi davvero conto dell'equivoco erotico).
A questa posizione hanno pure dato un nome ben preciso: si chiama Matanozoki e significa proprio "sbirciare tra le cosce", senza nessuno sforzo di renderlo più poetico.
Ennesimo esempio di questa dicotomia comportamentale : tutto e' affrontato in egual misura con sommo rispetto e con altrettanta giocosa follia.

La notte di tempesta-
spruzzi e polvere d’acqua tra i loro rami *





SUL PERCHE' NON POTREMO MAI DIRCI "GIAPPONESI" ( e non e' detto che sia un male)
I motivi sono molti. 
Non ultimo il fatto che le mille regole che condizionano ogni loro comportamento sono difficili da digerire per una cultura latina come la nostra che ama l'improvvisazione (leggi creativita' in positivo, ed egocentrica anarchia in negativo), ed e' totalmente allergica a schemi e regolamenti.
Due esempi su tutti:
Primo, come ci si saluta 
Si sa, in Giappone non e' usanza stringersi le mani, ma quando ci s'incontra e' doveroso un rispettoso inchino (Ojigi)
Il modo giusto per praticarlo e' tenere rigorosamente le braccia lungo i fianchi (i maschi), oppure con le mani appoggiate alle cosce (le femmine),  e compiere un angolo tra torso e resto del corpo di ampiezza variabile a seconda del rispetto/affetto che si nutre per l'interlocutore : 15 gradi per un normale rapporto di amicizia, 30 gradi per un incontro di lavoro, 45 gradi invece per segnalare un profondo affetto o gratitudine.
Se poi un giapponese nel vedervi si prostra ai vostri piedi, probabilmente siete stati appena eletti, a vostra insaputa, Imperatore!
Per cui prima di uscire per le strade di Tokyo armatevi di goniometro e fate alcune prove davanti allo specchio, ricordando che restituire l'inchino e' assolutamente obbligatorio!

Secondo, la Cerimonia del te
Importata dalla Cina intorno al dodicesimo secolo, divenne presto punto cardine della vita monastica e civile, fondendo mirabilmente spiritualita', simbolismi zen,  con un occhio di riguardo alla qualita' (anche artistica) degli attrezzi utilizzati e,  della bevanda, preparata seguendo ricette rigidissime.
Il tutto in un reticolo di regole imprescindibili che comprendono : i movimenti e le posture consentite (camminare strascicando i piedi, sedere in rispettoso silenzio), dimensioni ed illuminazione dell'ambiente (fioca, per favorire l'elevazione spirituale), il giardino esterno e l'arredamento interno (il piu' possibile scarno, con solo una piccola decorazione floreale o pittorica per non distrarre troppo), forma ed utilizzo delle tazzine (che vanno ruotate tre volte di 45 gradi prima di essere utilizzate cercando che la decorazione principale sia sempre davanti all'ospite), l'abbigliamento, i gesti rituali durante le fasi di preparazione (il maestro del te' li esegue sempre con profondo distacco, come da tutte le cose terrene) e di consumazione,  inframmezzati da mille gesti di approvazione e riverenze.
E' l'ennesimo modo per sforzarsi di creare un'oasi di pace ed isolamento dal caos primevo della vita che pulsa all'esterno, per cercare di trasmettere un modello di vita , interiore ed esteriore, che esalti l'importanza del valore della semplicita',  della purezza ("sei") dell'ambiente, del proprio io interiore, dell'armonia ("wa") tra gli oggetti e le persone cercando di seguire il ritmo naturale della vita, del rispetto ("kei") della comunione con cio' che ci circonda in un "tutto" unico, della tranquillita' ("jaku") con cui affrontare la vita ed i suoi dilemmi.
La cerimonia del te, come l'arte della calligrafia, o qualunque altro rito che esigeva esercizio, pazienza e temperanza, serviva al samurai per raggiungere il giusto equilibrio interiore per affrontare la morte in battaglia.

Dilegua l'eco della campana del tempio:
persiste la fragranza delicata dei fiori;
ed e' sera*

BREVIARIO COMPORTAMENTALE
Le regole per il turista perfetto sono davvero infinite, alcune dettate dal buon senso, altre davvero incomprensibili:
mai toccare, baciare o fissare un giapponese;
mai chiedergli indicazioni stradali, facendo leva sul suo senso del dovere, che lo costringera' pero' a sacrificare tempo e vita per ottenere il risultato richiestogli, trasformandosi da utile informatore a vero e proprio incubo;
mai elogiare, anche solo per gentilezza, le case dei vostri ospiti giapponesi : vi costringeranno all'uscita a  portarvi appresso un qualche ricordo commemorativo;
mai fumare, telefonare, mangiare o soffiarsi il naso (preferiscono aspirare rumorosamente, e questo e' davvero opinabile) in pubblico;
mai incrociare le gambe : si preferisce il seiza, cioe' la tortura (per noi) di sedersi sui talloni, tradizionalmente utilizzata rispettando l'arredamento tradizionale estremamente essenziale senza sedie ma con un unico grande comodo tatami. 
Immagino in un incubo plausibile, il povero turista occidentale perso nelle strade di Tokyo, circondato da misteriosi ideogrammi, da numeri civici distribuiti apparentemente a casaccio, che scappa da servizievoli cittadini che lo vogliono aiutare, verso una meta indefinita.


RITORNO A CASA
Questo piccolo volo a planare sul Giappone e' finito.
Mi ritrovo tra le mani una manciata di figurine da mettere in fila sul tavolo cercando di comporre un'immagine soddisfacente : il monaco che coltiva il suo giardino zen fatto di sassi bianchi ed onde di sabbia, l'impiegato ubriaco che tenta di fuggire dalla sua frustrazione, il samurai che insegue per l'intera esistenza il sogno di diventare incomparabilmente forte, la goth lolita truccata come una geisha che trasforma la sua immagine ripercorrendo forse inconsciamente i passi della tradizione, l'Otaku che nasconde la propria solitudine in una silenziosa folla virtuale, la mangaka Keiko Ichiguchi, che dopo anni passati in Italia ancora si turba per un bacio sulla guancia, il poeta Basho che dedico' l'intera esistenza a cercare di catturare l'essenza della bellezza.
Esempi di disagio, fuga dalla realta', rifugio nel proprio mondo interiore, completa dedizione al raggiungimento di un obiettivo, coerenze esistenziali portate fino alle estreme conseguenze, il tutto solo per trovare uno scopo per la propria vita.
Tanti piccoli, giganteschi rettiloidi , che vagano cercando il loro posto nel mondo.
A volte distruggono qualche città con il loro passo incerto.
Ma non lo facciamo anche noi, d'altronde?

Sul consunto ventaglio dell’estate 
Scrivo qualche verso precoce
E subito me ne separo-
Poema d’addio!*


YATTA!

*gli haiku sono tratti dal diario di viaggio del poeta Basho:"L'angusto sentiero del Nord".
**brano tratto dal medesimo volumetto.



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