martedì 5 aprile 2016

LA GRANDEZZA E' NEI PICCOLI

Laggiu' in un piccolo campo giochi, in mezzo ad enormi cose di plastica a forma di drago  o robot,  piene di scale e scivoli che spuntano da ogni parte come aculei di un istrice gigante, scorgo una moltitudine di bimbetti che giocano alacremente.
Il sole sta tramontando con la sua solita lentezza da fine primavera, ma essi sembrano aver  appena cominciato, visto il vigore e l'energia che ancora impiegano nell'operazione.
Piccole nuvolette ocra si alzano a tratti dal suolo sabbioso, e li fanno sparire alla  vista, cristallizzando nell'aria piccole parole solidificate, urli e strilli stilizzati,  come messi li apposta a mo' di  cartelli segnaletici.
Il messaggio e' chiaro : siamo qui e ci stiamo divertendo un mondo.
Li osservo, incuriosito dal baccano che si leva da quella piccola arena da battaglia.
Una selva intricata di teste e membra che si agitano al vento, ognuno tenta di afferrare  l'altro in una danza equilibrata : e' tutto cio' che si riesce a distinguere da quella  distanza, nell'aria che vibra della loro energia.
Mi alzo, chiudendo con uno scatto (delicato) il mio prezioso volumetto di "Watchmen" :  me lo ero portato dietro al parco per una sua ennesima rilettura, con l'intento  dell'archeologo professionista, perennemente alla ricerca della sua vignetta perduta.
Quindi inizio la mia marcia di avvicinamento.
I bimbi non danno segno di avermi notato, per cui ho tempo di osservarli con tutta calma,  mentre accorcio le distanze.
Non sono bimbi normali, non certo cio' che ti aspetteresti di vedere in una situazione  apparentemente banale come quella : un normale pomeriggio in un normale giardinetto dove  si svolge un normale sfogo pre-puberale.
Prima di tutto noto la mancanza di un qualunque genitore,  di qualsivoglia sesso od eta',  e soprattutto che a questa palese
anomalia nessuno sembra fare caso. Sono poche comunque le
persone qui intorno, e quelle poche se ne stanno prudentemente a  distanza di sicurezza, ognuno perso nei propri affari. Ora sono a pochi passi, e la loro anomalia appare ormai evidente. sia nei modi che nelle  fattezze.
Non sono semplicemente bimbi, sono qualcosa di piu', ma contemporaneamente con qualcosa  di meno che, ora che li ho riconosciuti, dovrebbero avere.

Piccoli artigli sguainati, piccoli mantelli svolazzanti, piccoli raggi ottici o spara  ragnatele,  piccoli martellini agitati nell'aria, piccoli scudi a difesa, od archi ad  offesa, piccole armature che li sorreggono durante i loro piccoli svolazzi.
Si, forse si e' capito, supereroi, non semplici bimbi.
Ma piccoli, appunto, non grandi come dovrebbero.
Un mini Hulk saltella via digrignando i suoi mini denti; un piccolo Dott. Strange  emette mini fulmini mistici dalle sue mini mani; un piccolo Galactus tenta di  fagocitare il suo piccolo universo; quattro     mini, ma non meno, Fantastici, si  azzuffano con un piccolo Dott. Destino, non meno cattivo e             pericoloso. Sono piccoli, si ma si picchiano alla grande.                                                                              
Non e' un gioco : e' una vera e propria guerra. Mini, magari, ma reale e distruttiva,
Mi fermo a guardarli come ammaliato dalla loro compunta partecipazione, dalla  fantasia di colori e forme che sprigionano nella danza ipercinetica del loro  accapigliarsi. E non mi passa nemmeno per la testa di provare a fermarli nel timore che si  possano far del male : e' piu' facile che loro lo facciano a me, se decidessi di  intervenire.
Quindi da pavido lettore, come al solito osservo e basta.  

Skottie Young e' un ragazzotto paffutello con una simpatica facciotta da nerd arredata  con ispida barbetta e naso a patata,  ed uno sguardo da folletto di Babbo Natale che  mette allegria.
Appare nelle foto ufficiali come il tipico americano medio: berretto da baseball,  camiciona a quadri
ed un sorriso bonario che dichiara la sua voglia di divertirsi.

Nel 2012 la Marvel lo coinvolge nella deprecabile iniziativa del "Marvel now!",  ennesimo  inutile riazzeramento delle sue testate piu' blasonate, che doveva fungere da trappola per  orsi con cui catturare potenziali neofiti (intenzione dichiarata nei lanci pubblicitari  della edizione italiana : "Questo e' un ideale punto di inizio per nuovi lettori!").
Operazione ovviamente ben riuscita, vista la dabbenaggine dei suddetti (me compreso), che  a queste iniziative accorrono come api sul miele.
Mi piace pensare, che il suddetto successo fu possibile anche, e soprattutto, per merito  di Skottie.
Egli venne reclutato per gestire alcune variant cover delle testate piu' importanti,  iniziativa da sempre sfruttata come traino per i numeri uno.
All'apparenza un lavoro decisamente di secondo piano, ma il nostro, seppe trasformarlo  in una mano vincente.
Skottie, che in collaborazione con Erik Shanower si stava gia' mettendo in luce con un  riadattamento di Oz (con cui tra parentesi ha vinto un Eisner Award),  una  run su "New X-men", ed una mini su "Human Torch", per l'occasione si invento' una riproposta dei classici personaggi marvelliani,  che  ben si adattava al suo caratteristico stile grafico cartoonesco :  i Baby Marvel.


Sdrammatizzando i seriosi contenuti degli albi in questione, mise in evidenza   lo scopo che un albo a fumetti in fondo, deve avere ben presente : cercare di divertire  il suo pubblico.
E i suoi bimbetti superdotati, che riuscivano a trasformare anche un'apocalisse  cosmica in un videogioco, ci riuscivano benissimo.
Senza avere l'ironia dissacrante, e spesso violentemente cinica, di Ratman, Skottie  gioca con i toni sommessi e patinati di una illustrazione da libro per ragazzi, e,  cosi' facendo, ci fa intravedere una luce limpida ed innocente in fondo al lungo  tunnel fatto di sangue e dolore, di politica ed intellettualismi, di arditi esperimenti  post moderni e grafica impressionista, che il fumetto si e'

costruito pazientemente negli  ultimi trent'anni.
I suoi bimbetti, che sembra siano appena tornati da una festa in maschera, sono i realta'  supereroi a tutti gli effetti, anche quando gironzolano tra le gambe della mamma con un enorme ciuccio in bocca.
Una rasserenate boccata di aria pura, insomma, che il pubblico ha ampiamente dimostrato di  apprezzare, mi immagino anche con un certo sollievo.
E visto l'enorme successo, passare dalle cover alla gestione di  una propria serie, fu  un passo obbligato.
Ovviamente sempre rimanendo in un ambito che ben si adattava alle sue caratteristiche di autore e  disegnatore , e la scelta non poteva che cadere sul personaggio di Rocket Raccoon.  
Nell'album bianco dei Beatles (probabilmente la loro opera piu' poliedrica e divertita),  c'e' una piccola, grande canzoncina suonata e cantata da Paul McCartney, che, come molte  loro canzoni, dietro all'apparente semplicita', nasconde una complessa costruzione sonora:  "Rocky Raccoon".
Con la cadenza della classica crime story delle ballate popolari americane di inizio  secolo scorso, il brano narra del tentativo del giovane protagonista di riprendersi a  suon di pistolettate, la propria donna ed il proprio onore rubati dal bullo di turno.
Tentativo mal riuscito, ma compiuto con tutta l'energia necessaria, e per fortuna con un  finale non tragico, come spesso invece accadeva nelle crime ballads.
Bill Mantlo e Keith Giffen nel lontano 1976 creano il personaggio del procione  antropomorfo amante delle armi, selvaggio come Wolverine, cinico e scanzonato come il  miglior Deadpool, ispirandosi proprio a "Rocky".
Rocket proviene da uno sperduto pianeta di una sperduta galassia (il quadrante Keystone),  chiamato Mezzomondo, dove alcuni animali, sottoposti  ad accrescimento intellettuale, sono  stati mandati per sorvegliare una colonia/discarica per umani malati di mente.
Diatribe tra diverse fazioni per il possesso della Bibbia di Gedeone, manufatto che  rivelerebbe la loro origine, portano allo scoppio della cosiddetta "Guerra dei giocattoli", condotta  a suon di clown
assassini e conigli mercenari.
Questo solo per esemplificare l'atmosfera in cui si svolge la storia del personaggio,   sviluppatasi in alcune sue apparizioni in varie collane (Hulk ad esempio, in un improbabile  team-up), e dalla miniserie omonima, splendidamente illustrata da un Mike Mignola alle  prime (affilatissime) armi.
Le citazioni pullulano : Keystone e' la citta' di Flash; il coniglio Blackjack ed il  tricheco Wal-rus, suoi compagni di battaglia, provengono direttamente da Alice (forse uno dei primi piu' chiari e  famosi esempi di antropormorfizzazione); la Bibbia di Gedeone compare nella canzone di  Paul ed ha la stessa funzione salvifica/rivelatrice.
Finita l'avventura nel proprio minimondo, il nostro irascibile Punitore in pelliccia,  finisce arruolato nei Guardiani della Galassia, in cu la sua verve tra l'ironico ed il  sanguinario, trova perfetta sintonia con il resto del gruppo, stemperando sia la rigidita'  acritica di Drax, che la leggerezza anni cinquanta di Starlord.
Insieme all'albero umanoide e mono-espressivo ("Io sono Groot!" , e' tutto cio' che dice, e solo Rocket capisce cosa intende davvero), di cui diventa un fedele compagno d'arme, forma una delle piu' consolidate  coppie di successo nel mondo del fumetto.
Il resto e' storia.
Skottie arriva su Rocket nel 2014, ed e' subito amore artistico e fiumi di copie vendute.
Il suo successo contribuisce al lancio del film sui Guardiani, e gli apre la strada ad  altri progetti.
Il suo mondo caricaturale ed energetico trova un posticino perfino in "Battleworld", patchwork di reami nato dopo "Secret Wars", nella  cittadina di Marville, dove i superbaby rinnovano il conflitto "Avengers vs. X-Men", tema di  una delle piu' recenti, e riuscite, miniserie della Casa delle Idee, risultando credibili  come le loro controparti adulte.
E la Image gli permette un piccolo sfogo catartico di sangue e violenza, sempre comunque  stemperata dalla sua ironia grafica che fa sembrare tutto come un cartone animato della  Warner, con "I hate fairyland!", mini serie dove un'Alice sull'orlo di una crisi di nervi  sfoga le sue frustrazioni a colpi di ascia bipenne.
Siamo a milioni di anni luce dai realistici acquarelli di Alan Ross, a distanze siderali  dalle masturbazioni mentali di Grant Morrison, o dalla prosa inutilmente barocca ed  autocelebrativa dell'ultimo Alan Moore.
E diciamolo pure : per fortuna!

Skottie, e' diventato una sicura oasi di rilassante bonaccia, in un mondo supereroistico  perennemente alla deriva in un mare di ripetitivita', o sbalottato dalle acque tumultuose di una qualche ipertragedia,  sempre sull'orlo di un irreversibile (quando mai..) evento apocalittico.
Insieme al personaggio di Deadpool, che pero' a volte eccede nel grottesco fino a diventare  solo una logorroica caricatura di se stesso, fa parte di quel mondo a parte, che pur  inserito nella continuity (ci mancherebbe!), ci tiene a tenerla a distanza soprattutto nei  toni e nei mezzi espressivi.
 



Mentre i superbimbi ancora si accapigliano, io ho definitivamente riposto il mio Watchmen  nella fida pilotina, e continuo a  godermi,  rilassato e sereno , l'impareggiabile scena.


3 commenti:

  1. C'è sempre da imparare - non viene voglia di leggerli, ma leggerne sì. Grazie!

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  2. Eh, io ho sempre solo visto le copertine. I disegni sono molto carini. Sono rimasto sorpreso a leggere che è materiale in continuity. La cosa mi fa un po' inorridire, come la lunga sequenza del Ragnoverso su Amazing Spiderman di dan Slott: tutte le versioni possibili degli uomini ragno che lottano insieme, alcune che vengono barbaramente trucidate. Tutte le salse, quelle umoristiche, quelle dei cartoon anni 60, quelle manga. Una macedonia.
    Non vorrei mai vedere questi "superbimbi" attraversare un portale dimensionale e combattere a fianco con le loro versioni ufficiali...

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  3. Ho riletto questo post perché l'avevo fatto con poca attenzione la prima volta. Ammetto che non riesco ad essere attratto dai "superbimbi". Per me il supereroe è supereroe, ma forse é una mia deviazione nata in gioventù, quando io con un amico siculo, Massimiliano, lo stesso delle formiche, giocavo a farlo, il supereroe. Però mi é tanto piaciuto Bone, ci può essere qualche attinenza con i Baby Marvel?

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