venerdì 18 novembre 2016

UNA (lunga) STORIA MUTANTE. Prima parte

La mutazione e' il detonatore per ogni esplosione evolutiva.
Se non fosse stato per un piccolo gene, apparentemente impazzito ma poi rivelatosi fondamentale per la nostra evoluzione, forse saremmo ancora appesi ad un ramo a guardare il mondo dall'alto (e visto come abbiamo gestito male questa nuova situazione, forse era meglio restare sugli alberi).

Il progresso tecnologico, tentando di risolvere le anomalie, ha finito per eliminare anche quelle potenzialmente utili, creando un periodo di stagnazione genetica.
Una soluzione drastica al problema potrebbe essere quella ipotizzata dal romanzo fantascientifico "L'araldo dello sterminio" di Michael Shaara del 1981, dove, tramite l'uso di un gas letale altamente selettivo (uccide tutti quelli che hanno un Q.I. inferiore ad un certo livello), si cerca di dare la spinta definitiva al genere umano.
Il concetto e' conosciuto : si chiama " preservazione della diversita'".
Questo la Marvel lo ha capito benissimo, ed ha cercato fin da subito di sfruttare, narrativamente parlando, le potenzialita' del gene X, il gene mutante.
Nella sua realta' le mutazioni sono improvvisamente esplose in tutto il mondo come bombe a tempo, determinando una forzata convivenza tra normale e diverso.
Con evidenti dolorose conseguenze.
Da anni infatti su TERRA 616 e' in atto in una guerra tra homo sapiens e homo superior, una lotta fratricida tra conservatori e progressisti, con il vincitore determinato a segnare il cammino del genere umano.
All'inizio i mutanti erano niente di piu' che uno sparuto gruppo di teen-agers afflitti dai dolori della crescita e alle prese con poteri e responsabilita' al di sopra delle proprie forze, semplicemente alla ricerca di un po' di pace e comprensione.
Oggi sono diventati una nazione ben organizzata, anche se divisa in fazioni, ognuna con una precisa idea di come gestire il proprio futuro.
Ma la strada per arrivare a cio' e' stata lunga e dura.
Il primo mutante copnosciuto e' Namor il Submariner,  nato nel 1939 dalla penna (e matita) di Bill Everett sulle pagine della rivista "Motion picture funnies weekly" della  Timely Comics, futura Marvel.
Namor, la cui vera natura si scoprira' solo successivamente, vive nel suo mondo acquatico, tutto compreso nel ruolo di Signore degli abissi, e ben al di sopra di ogni miseria umana (a parte qualche sortita sulla terra emersa a caccia di una compagna).
Ma i mutanti storicamente piu' famosi sono ovviamente gli X-Men.
All'inizio erano degli sprovveduti cucciolotti, gettati in pasto alle belve da una natura crudele, nell'arena gladiatoria della vita.
In seguto pero', hanno imparato a difendere piuttosto bene la propria liberta' e dignita'.
 
Suddividero' cronologicamente la loro storia secondo le gestioni dei principali autori che via via si sono succeduti al timone delle serie principali.

giovedì 17 novembre 2016

Qualcosa sui sistemi elettorali (...mazza che post attrattivo!)

by Robo


Tutto scorre...lentamente 
Siamo alle soglie di un ennesimo tentativo di cambiamento istituzionale. Ricordate i precedenti? La riforma, da parte del governo di sinistra, del titolo V ci ha regalato enti regionali che si sono (almeno alcuni di loro) sputtanati nello spreco di denaro pubblico; la bicamerale di D'Alema fallì perché il Berlusca non voleva lasciare alla sinistra il merito di aver avviato un cambiamento radicale; il referendum sulla riforma istituzionale del governo Berlusconi (la c.d. Devolution) fu bocciato sulla spinta dell'argomentazione del rischio democratico.
Bene, ora il Berlusca e D'Alema sono alleati de facto per far fallire la riforma istituzionale di Renzi che reca in sé almeno qualcuna delle loro pregresse proposte. Certo che sentire Berlusconi parlare di pericolo di derive autoritarie a me fa pensare che 1) sto pericolo non c'é mai stato, neppure prima, quando a farlo presagire era la sua proposta che pur aumentava, a differenza di questa, i poteri del premier; 2) si dicono le cose che conviene dire per opportunità politica, tutti; 3) esisterà un reale rischio democratico quando la maggioranza dei cittadini inizierà realmente a preferire altre modalità di governo, non solo a parole tipo "a da venì baffone...", ma votando una italic version di Putin o Erdogan, e questo a prescindere dal sistema di voto e istituzionale 


"Non sono cattivo...é che mi disegnano così!"

domenica 13 novembre 2016

ESTETICA GIAPPONESE (work in progress)

Shibusa
La assidua ricerca per costruirsi la Via, la strada attraverso la quale riuscire a vivere in maniera soddisfacente, non puo' prescindere per il giapponese da un raggiunto equilibrio sia interiore, con il proprio io, sia esteriore, con la natura.
Questo percorso passa attraverso un profondo senso estetico.
Non e' cio' che noi occidentali riconosciamo come mezzo per distinguere il bello dal brutto, ma piuttosto un atteggiamento nei confronti del mondo circostante.
Fortemente influenzato dalla visione buddista del'esistenza, diventa un modo di interpretare la vita, una miscela di accettazione, equilibrio ed osservazione, e passa attraverso l'applicazione di tre concetti fondamentali, i cosiddetti tre segni buddisti dell'esistenza : l'insoddisfazione (ricerca), l'impermanenza (accettazione) e l'impersonalita' (osservazione).
Lo sforzo e' quello di costruirsi piccole oasi di serenita' ed equilibrio, nel caos emotivo del vivere quotidiano.
Come tanti chiodi da roccia, che permettano allo scalatore di continuare la sua salita alla vetta.

 
  Wabi sabi 
La strada per la perfezione e' ardua ed impervia.
Il viale che conduce al giardino zen, rappresentazione del luogo idilliaco e finalmente realizzato che ci aspetta alla fine del Lungo Viaggio,  e' spesso lasciato nel caos naturale del normale fluire dell'esistenza, e rappresenta la fatica del Percorso (la Via, il Tao).
Il concetto di Wabi Sabi (che puo' essere tradotto come l'unione di "semplice e austera bellezza" e "patina rustica"), tanto caro ai giapponesi, definisce un atteggiamento nei confronti della natura e della sua bellezza, l'atto puramente contemplativo, la sorpresa quando essa si manifesta, la capacita' di coglierla anche nelle sue forme meno appariscenti, l'accettazione della transitorieta', di ogni sua imperfezione.
In realta' non esiste imperfezione nell'ordine naturale delle cose.
Un nodo nel legno, la scheggiatura di una tazza, un ramo spezzato : tutto contribuisce all'equilibrio, tutto ha una sua giustificazione esistenziale.
La bellezza nel wabi sabi trascende i concetti estetici come noi li intendiamo, va cioe' al di la dell'aspetto esteriore delle cose.
 
  Mono no aware 
Il concetto estetico del Mono no aware, e' quello che piu' si avvicina a cogliere l'essenza della cultura giapponese. Puo' essere tradotto come "il pathos delle cose", e fotografa il tentativo di coglierne la bellezza nella transitorieta', la dolce tristezza che accompagna la fine di ogni cosa, e la sua serena accettazione.
Anche qui e' l'osservazione, la parte essenziale.
Nei films del regista Ozu diventa piu' importante l'espressivita' delle cose che la recitazione degli attori. L'inquadratura di un vaso, di un angolo tagliato dalla luce, spesso valgono piu' di mille parole. L'Hanami (la festa dei fiori di cigliegio) ne e' l'espressione piu' piena.
 
  Yugen 
Yugen puo' essere tradotto come "profondita' misteriosa", ed e' la contemplazione della natura filtrata dalla nostra immaginazione, il tentativo di cogliervi cio' che va al di la della sua semplice visione. Non e' osservazione passiva, ma anzi, la ricerca del nostro equilibrio entro il vasto mondo che ci circonda e' aiutata anche tramite l'esperienza, la sensibilita' che ci costruiamo attraverso la vita, che diventa cosi' essenziale per capire la profonda e misteriosa essenza della natura.
Cio' che e' solo suggerito da una visione imperfetta, deve essere completato dal suo ricordo, dall'emozione che ci ha donato. Nel suo significato di "grazia profonda", lo Yugen ha un ruolo importante nel teatro Noh.
La cerimonia del te (cosi' come la pratica del giardino zen) riesce a coniugare questi concetti : Yugen e Aware nei suoi significati di moderazione, profondita' ed eleganza, il wabi/sabi inteso come semplicita' rustica.
 
  Kire

Il Kire (taglio) esprime invece la necessita' di separare un oggetto dal suo contesto naturale per coglierne l'essenza. E' esemplificato dalla pratica dell'Ikebana e dalla poesia Haiku.

  Iki
L'Iki e' l'estetica della seduzione.
Il concetto trova una sua applicazione nel mondo delle Geisha, dove la capacita' seduttiva e' elevata a pura arte.
Si puo' suddividere in tre passaggi ben definiti e codificati, come tre atti di uno spettacolo teatrale :
   la seduzione vera  e propria, fatta di movimenti sinuosi, mai volgari, che alternano grazia e sensualita', entro uno schema ben definito,  che l'abilita' della geisha  rende spontaneo;
   l'energia spirituale, il carburante che sostiene l'atto in tutti i suoi passaggi, e ne permette lo sviluppo;
   la rinuncia, che segna l'inevitabile fine, ma, mentre rivela l'artifizio del gioco (la geisha non vende amore, ma arte e bellezza), lo rende altrettanto reale.

 
Tutti questi aspetti dell'estetica giapponese (e molti altri), sono riassunti nel termine shibusa (o shibu) che ne definisce il risultato piu' alto.
Sette sono i suoi punti essenziali : semplicita', modestia, tranquillita', naturalezza, ruvidezza, l'implicito e la normalita'.