Il sole sta tramontando con la sua solita lentezza da fine primavera, ma essi sembrano aver appena cominciato, visto il vigore e l'energia che ancora impiegano nell'operazione.
Piccole nuvolette ocra si alzano a tratti dal suolo sabbioso, e li fanno sparire alla vista, cristallizzando nell'aria piccole parole solidificate, urli e strilli stilizzati, come messi li apposta a mo' di cartelli segnaletici.
Il messaggio e' chiaro : siamo qui e ci stiamo divertendo un mondo.
Li osservo, incuriosito dal baccano che si leva da quella piccola arena da battaglia.
Una selva intricata di teste e membra che si agitano al vento, ognuno tenta di afferrare l'altro in una danza equilibrata : e' tutto cio' che si riesce a distinguere da quella distanza, nell'aria che vibra della loro energia.
Mi alzo, chiudendo con uno scatto (delicato) il mio prezioso volumetto di "Watchmen" : me lo ero portato dietro al parco per una sua ennesima rilettura, con l'intento dell'archeologo professionista, perennemente alla ricerca della sua vignetta perduta.
Quindi inizio la mia marcia di avvicinamento.
I bimbi non danno segno di avermi notato, per cui ho tempo di osservarli con tutta calma, mentre accorcio le distanze.
Non sono bimbi normali, non certo cio' che ti aspetteresti di vedere in una situazione apparentemente banale come quella : un normale pomeriggio in un normale giardinetto dove si svolge un normale sfogo pre-puberale.
Prima di tutto noto la mancanza di un qualunque genitore, di qualsivoglia sesso od eta', e soprattutto che a questa palese
anomalia nessuno sembra fare caso.
persone qui intorno, e quelle poche se ne stanno prudentemente a distanza di sicurezza, ognuno perso nei propri affari.
Non sono semplicemente bimbi, sono qualcosa di piu', ma contemporaneamente con qualcosa di meno che, ora che li ho riconosciuti, dovrebbero avere.