sabato 7 novembre 2015

La conquista dell'aria

by Robo

Di tutti i cambiamenti ce ne sono stati alcuni che hanno aperto nuovi mondi, letteralmente.
Quando alcuni pesci divennero tetrapodi e di quando alcuni dinosauri impararono a volare si trovarono davanti praterie evolutive. Gli animali marini si giovano della spinta idrostatica per minimizzarla ma se cominci a camminare sulla terra con la gravità devi farci i conti, seriamente. Se poi vuoi volare allora le strutture devono essere affinate a livelli mai visti prima.
Se si pensa che la conquista dell'aria è il risultato di meccanismi assolutamente non coscienti e senza fine ultimo si resta un po' storditi. Si capisce anche perché viene così facile cercarlo, un fine.



Cinque volte. 

Tante sono state le occasioni in cui un percorso evolutivo ha portato qualcuno a librarsi nell'aria.
In almeno altrettante occasioni è accaduto invece che un raggruppamento di creature acquatiche trovasse la via della colonizzazione terrestre, gli ultimi arrivati sarebbero i crostacei oniscidi o porcellini di terra:


Per prime erano già giunte le piante poi i millepiedi, gli insetti, noi tetrapodi etc.

Oppure era accaduto il contrario, ossia che organismi  che già calcavano il suolo tornassero indietro. Quest'ultima eventualità, in particolare, ha avuto luogo in molte occasioni: pensate ai cetacei, ma anche ai sirenidi, alle tartarughe marine, senza considerare forme estinte come ittiosauri e mosasauri.
É mancato solo il tornare a respirare acqua, i vincoli dello sviluppo determinati dalla formazione dei polmoni erano troppo stringenti: l'evoluzione è come una strada che, una volta percorsa in una direzione, se decidi di tornare indietro, ti obbliga a sviluppare nuove soluzioni.
É come se percorrendo la via Emilia da Forlì a Faenza si facesse un dato percorso scoprendo che, al ritorno, toccasse prenderla larga da Forlimpopoli per via di punti che l'auto non può più percorrere. Ad esempio le code di cetacei e sirenidi sono simili ma non uguali a quelle dei loro antichi antenati pesci, i pinguini hanno modificato le ali a mo' di pinne e così le otarie hanno fatto con gli arti anteriori, sviluppando nuove strutture, ma non hanno fatto il percorso inverso dello sviluppo degli arti dei primi tetrapodi.

Solo 5 volte... in realtà 4 più una. 

Probabilmente perché è più facile, benché non privo di problemi, "scivolare" dal nuoto, concesso dalla spinta idrostatica dell'acqua, al sostegno attivo delle proprie gambe, magari passando per un po' (qualche milionata di anni) a trascinarsi sul suolo umido senza sollevare il corpo dal contatto con il fango.
Conquistare un elemento come l'aria, un fluido apparentemente privo di consistenza, è stato più complesso. Innanzitutto bisogna essere leggeri, almeno relativamente alla propria mole, i brontosauri volanti non esisteranno mai, poi bisogna avere...ali.
Non basta un patagio come quello degli scoiattoli volanti, del marsupiale petauro dello zucchero:


Neppure quello del galeopiteco che è il Patrick de Gaiardon dei mammiferi, con un eccesso dermico così esuberante da consentirgli di dormirci avvolto e diventare una sorta di fagottino appeso con la sorpresa dentro.

No, bisogna avere strutture battenti, battenti almeno una volta ogni tanto, collegate tramite un giunto mobile al corpo. E muscoli, per farle battere.

La prima volta. 

La prima volta è toccato agli insetti. Per fortuna dico io, ci pensate ad avere scorpioni volanti?


No, la foto sopra non mi contraddice perché quella è una scorpionfly e la coda non porta un pungiglione ma l'organo copulatore.

Non so perché loro e non altri artropodi, forse la struttura esapode con la condensazione dei metameri (i mattoni che ripetuti "fanno" il corpo, vedi millepiedi) ha reso possibile la cosa, ma allora anche i ragni avrebbero potuto...
Sta di fatto che alcuni di questi ultimi svulazzano, tessendo un filo che funge da vela, solo da ragnetti e da adulti no; forse vincoli dello sviluppo e vincoli strutturali ed ecologici. In soldoni ad un ragno "conviene" essere così, un cambiamento radicale suppone così tanti passaggi positivi da essere improbabile.
La ragnitudine, nelle sue declinazioni è una forma di adattamento così efficiente da aver imboccato una strada obbligata, o quasi, visto che recentemente è stato scoperta una specie vegetariana che è un po' come dire che un ammaracano usa il barbecue solo per cuocere peperoni e melanzane.
Non dimentichiamo che l'evoluzione è cieca, non spinge per andare da nessuna parte. Non è che quando gli antenati degli insetti hanno colonizzato le terre era previsto, dopo un po', volassero.
La plasticità del materiale genetico, la sua intrinseca variabilità, "propone" modifiche che l'ambiente seleziona: roba buona? La teniamo, roba scadente (per quel luogo)? La scartiamo, ossia ti riproduci meno degli altri e quindi scemi; roba che non cambia nulla? Bé allora sta lì nel DNA, magari senza saperlo ci condurrà da qualche parte assieme ad altre mutazioni.

Naturalmente questa è una visione semplificata ma rende il senso. Il tutto è complicato dalle cosiddette nicchie. Ossia un olistico assieme di tutto ciò di fisico, chimico e comportamentale che consiste alfine in una possibilità di riproduzione efficace per una tipologia di individui. Probabilmente è solo una questione epistemologica ma mi sono chiesto se una nicchia preesista o meno suo fortunoso occupante: sono le nuove qualità di quest'ultimo che la creano? O queste la fanno emergere da uno stato potenziale? Insomma una mutazione inefficace per un ambiente può portare all'occupazione di uno di questi posti a sedere vuoti dell'adattamento. Un esempio può essere un animale erbivoro arboricolo che per una casuale modifica comportamentale comincia ad integrare la dieta con insetti. Questo crea una discontinuità che, se gli insetti sono più numerosi al suolo, puó favorire a sua volta gli individui che passano più tempo a terra. Col tempo si puó arrivare addirittura ad una speciazione: erbivori sugli alberi, insettivori a terra.

Tornando agli insetti, le ali non erano previste, eppure sono arrivate.
Come? Non si sa, il record fossile non aiuta. Forse le ali sono un'espansione di placche toraciche ma i passaggi evolutivi non sono chiari.


La cosa sorprendente è che tutto è accaduto una sola volta: mosche, libellule, api, farfalle, maggiolini, insetti con ali che non potrebbero essere più diverse sono solo diverse variazioni sul tema originario. Anche quasi tutti gli insetti non alati le hanno perse successivamente, ma ne hanno mantenuto le vestigia (eccetto i più basali come i pesciolini d'argento che frequentano oggi le nostre case, assaggiando anche i nostri tappeti e la carta dei libri, ma sono in giro da circa 450 milioni di anni).


La strada per l'aria è stata aperta da un singolo gruppo, poi la cosa non è più accaduta, ma semmai il contrario, forse perchè le nicchie aeree già tutte occupate hanno precluso il percorso a nuovi tentativi.

Ma come le battono queste ali? ...non battendole. In realtà, ed è una cosa fighissima, gli insetti (almeno quelli piccoli ed escludendo le libellule) modificano la forma del corpo per battere le ali.
Hanno potenti muscoli che stirano e allargano il torace causando il movimento delle ali.

Ovviamente la cosa è più complessa, ci sono muscoli secondari per modificare direzione ed apertura dei piani alari ma il primo movens è una modifica geometrica del torso che si appiattisce ora sul piano sagittale ora su quello frontale.
Gli insetti ce l'hanno con sta cosa dell'effetto indiretto, anche le pulci, per saltare, non distendono semplicemente i muscoli dei lunghi arti atti alla funzione, ma prima operano, con gli stessi, una potente flessione che strizza palline proteiche che restituiscono forza elastica con grandissima efficienza. Insomma si accovacciano prima per saltare di più poi. Grandi le pulci!  Gli insetti sono leggeri e battono le ali con grande frequenza, chi più chi meno, ma comunque elevata, a prezzo di un grande dispendio energetico. I loro muscoli non utilizzano l'ossigeno disciolto nel sangue perché... non ce n'è e neanche il sangue. Le sostanze nutrititizie alimentari vengono trasportate da un'emolinfa chiara (no gruppo eme) mentre l'ossigeno giunge direttamente ai muscoli tramite tubicini che si aprono all'esterno.


Questo sistema consente di sostenere un elevatissimo metabolismo muscolare, finche si è piccoli e le trachee sono brevi. Se la pressione parziale dell'ossigeno aumenta allora l'equilibrio si sposta e le trachee possono allungarsi e così nel Carbonifero volava la Meganeura, una gigantesca libellula con apertura alare di 75(!) cm, e non voglio pensare alla dimensione degli altri insetti sue prede.
I muscoli del volo sono simili ai nostri volontari ma con alcune differenze. Infatti il segnale nervoso che attiva la contrazione non è in grado di star dietro alla frequenza del battito e il meccanismo di contrazione e distensione dei vertebrati che si basa sul rilascio e recupero di ioni calcio è anch'esso troppo lento. Gli insetti risolvono la cosa disponendo di muscoli che si contraggono automaticamente dopo esser stati estesi. Nel volo, che si basa sull'azioni di muscoli antagonisti, questo permette loro di raggiungere frequenze di contrazione altrimenti impossibili e non aver bisogno di un segnale nervoso in sincrono.

Tante ali diverse, sempre 2 paia ma voli diversi: api e farfalle hanno le due coppie saldate, anche se con metodi diversi (uncini in un caso, una sorta di incastro nell'altro); le libellule, veri funamboli dell'aria, hanno guadagnato un'indipendenza nel battito tra le coppie (oltre ad aver sviluppato una sorta di fuzzy logic per prevedere gli scarti delle prede); i ditteri come mosche e zanzare hanno trasformato una coppia di ali in bilancieri che consentono loro virate eccezionali ed altre acrobazie da far impallidire qualunque aeroplano; infine molto insetti hanno trasformato il paio anteriore in un involucro protettivo per quello posteriore fino al caso estremo dei coleotteri (non a caso gli insetti di maggior successo) in cui le elitre, così si chiamano, sono dure come uno scudo.

La seconda volta. 

Rettili, anzi meglio Sauropsida.
Siamo già distanti dalla biforcazione tra gli antenati dei mammiferi e gli antenati di tutto il resto dei tetrapodi, anfibi esclusi ovviamente.
Siamo sulla strada per i dinosauri anche se è non è corretto porla in questo senso perché implica un percorso prefissato verso il meglio mentre non è così; è che noi procedendo a ritroso, a giochi fatti, cerchiamo una via dritta che non c'è ma la ricaviamo da un confuso cespuglio.

Ad un certo punto un ramo rettiliano scopre l'aria. Milioni di anni prima degli uccelli le ossa si fanno cave e fragili, diminuendo il peso. Il quarto dito delle mano (il mignolo è vestigiale) si allunga a dismisura divenendo una sorta di stecca che contemporaneamente regge e da forma ad un'ala di pelle  e tessuto che termina a punta e trova un secondo attacco più o meno a livello del ginocchio dell'arto posteriore.
A prima vista sembra la soluzione che sarà adottata dai pipistrelli ma in realtà ci sono, come vedremo, delle differenze. Sono gli Pterosauri.


Camminano goffamente ripiegando le lunghe ali all'indietro e sembra incredibile che un tale bauplan abbia ottenuto il benestare di sua selezione naturale, eppure è accaduto. I più grandi tra loro si lanciano da scogliere e rocce a picco e probabilmente sfruttano correnti ascensionali in un modo simile al Condor.
Sono maestri del volo planato, ergonomici aeroplani biologici che raggiungono aperture alari mai più toccate nella storia biologica.
Pteranodont: sei metri di apertura alare, Quetzalcoatlus: una decina di metri circa di apertura alare, come un jet privato.

Ma visto che parliamo di 160 milioni di anni di evoluzione tra gli pterosauri c'è un po' di tutto e accanto ai giganti ci sono anche piccoli animali presumibilmente a volo battente continuo, ci sono bocche con denti e becchi cornei negli uccelli, e ci sono creste ossee di varie fogge.


E poi quelli con code lunghe come fossero aquiloni viventi, che però scompariranno nelle specie di grandi dimensioni per consentire una deambulazione minimamente efficiente a terra.
E pelo;  lucertole volanti pelose con un controllo della temperatura corporea. Ma non un vello come quello dei mammiferi, pelo non pelo, simile ma di altra origine.

Poi morti tutti, game over.

Terza volta. 

Dinosauri.
Spesso le strutture biologiche subiscono quello che viene chiamato esattamente, ossia un casuale riutilizzo per nuovi scopi. Succede agli enzimi ed agli ormoni e può accadere anche per strutture macroscopiche come le ghiandole mammarie di noi mammiferi che sono sudoripare modificate.
É successo così anche per le penne, ma partiamo dall'inizio.

La schiatta dei sauropsidi ha pelle senza ghiandole e reni in grado di preservare acqua, da qui si comincia. Col tempo nel cespuglio le biforcazioni aumentano, ciascuna portante una qualche novità anatomica.
Se avessimo gli occhi di Dio potremmo vedere emergere gli antenati delle tartarughe, dei sauri ossia le attuali lucertole e serpenti, dei grandi rettili marini come ittiosauri e plesiosauri, dei crurotarsi ossia la linea che porterà ai coccodrilli odierni, dei già visti pterosauri e probabilmente tanto altro che non conosciamo.
Ad un certo punto, mantenendo la barra dritta sul rametto che ci interessa abbiamo una precoce biforcazione ed una esplosione di forme: "signore e signori, prossima fermata: i Dinosauri".
I nostri amati si dividono in due linee: da una parte tutti erbivori, dall'altra libera scelta.

Qui mi fermo con la descrizione perché sono giunto alla parte funzionale al mio racconto che è la seguente: sappiamo che gli uccelli-aves sono una linea di dino carnivori, e molti dino almeno in certi periodi della vita, almeno in certe parti del corpo erano piumati o alcuni anticamente pennuti.
Ricordate quelli tutti erbivori coatti che si erano subito distinti (per la forma del bacino in verità)?
Beh anche in alcuni fossili di questi ultimi si sono trovate tracce di protopiume filamentose, non proprio piume vere ma qualcosa di simile.
Allora l'ipotesi più parsimoniosa è che le forme basali dei dino, prima della biforcazione, avessero già le protopiume.
Parliamo di tanti e tanti milioni di anni fa, e i ritrovamenti fanno pensare che il protopiumaggio sia un potenziale che ha accompagnato i dinosauri per tutta la loro storia. Probabilmente alcune linee lo hanno perduto, perché non funzionale, mentre altre lo hanno sviluppato.
Da protopiume a piume, con probabili funzioni di mantenimento della temperatura corporea ottimale, poi da piume a penne vere, probabilmente con funzioni anche di parata sessuale, poi esaltate per il volo planato, infine per il volo battuto.
Credo che il miglior esempio (ma ce ne sarebbero tanti altri) lo potremmo prendere dal dinosauro reso famoso dal primo Jurassic Park, il velociraptor cioè questo:


 Mentre il vero Velociraptor ora si pensa fosse così:


Non vorrei mancare di rispetto alla guest star di un blockbuster ma è quasi un... fagiano.
Magari un po' assassino ma sempre... fagiano.

Non bastano, però, solo le penne per volare. I dino avevano già un sistema respiratorio molto efficiente a sacchi aerei, ma ci volevano i muscoli giusti e questi arrivarono in seguito, man mano che si sviluppò lo sterno, su cui i potenti attuatori del volo poterono prendere attacco (quelli che noi mangiamo nel petto di pollo).
E poi bisognava divenire mediamente più piccoli.

Alla fine gli uccelli (dinosauri) superano il limite K-T, gli pterosauri (non dinosauri) no. Perché? Boh!
Alcuni adducono la resilienza dei pennuti alla rapidità di crescita e riproduttiva.

Quarta volta. 

L'ultima, biologica, finora.
Magari un giorno, tra una miliardata di anni ci saranno polpi volanti con un sistema ad espulsione forzata di aria dal mantello (come fanno oggi con l'acqua), magari ci saranno echinodermi roto-svolazzanti tipo stelle marine con 5 ali battenti.
Magari, ma per ora a parte gli animali già visti, gli unici altri a conquistare l'aria sono stati i pipistrelli.

Mammiferi.
E hanno cominciato a farlo presto, nonostante in aria ci fossero già gli uccelli.
C'è da dire che la maggioranza dei pipistrelli sono notturni e quindi non entrano in diretta competizione con gli uccelli che sono prevalentemente diurni.
L'evoluzione e il tempo, in questo caso hanno portato ad una grande varietà di forme e dimensioni, mantenendo una sola cosa fissa: non l'ecolocazione che, in senso proprio le grandi rossette diurne non hanno; non la dieta perché ci sono pipistrelli insettivori, frugivori, piscivori, nettarivori, predatori ed anche... vampiri; mantenendo solo le ali.

Tutti i pipistrelli volano, diversi uccelli no, e da milioni di anni grossi uccelli perdono tale capacità come fosse un inutile fardello adattativo.
Pare che, mentre l'essere uccello può prescindere dal scivolare sui fiumi del vento la pipistrellitudine non possa. Forse è dovuto al rapporto costo-beneficio: volare costa tanta energia, ne deve valere la pena. Per i mammiferi volanti forse non c'è scelta, il loro bauplan non concede loro molte armi da spendere in un adattamento terricolo, mentre i loro epigoni pennuti evidentemente le hanno: velocità di corsa, capacità di procurarsi il cibo al suolo e forse altro.
I pipistrelli non hanno le penne e per volare hanno dovuto usare la loro pelle, un po' come i loro non-parenti pterosauri (in realtà più vicini agli uccelli). Lo hanno fatto in un modo un po' diverso da quelli, però: invece di allungare il quarto dito, l'anulare diremmo noi, mantenendo le tre dita restanti a costituire una mano funzionale e prensile da pterosauro, loro hanno allungato quattro ossa del metacarpo e relative dita a formare un'intelaiatura più complessa e mantenendo un solo dito funzionante, il primo, come appiglio.


Poi non hanno lo sterno ipertrofico per attaccarci i muscoli del volo battuto e, invece di svilupparne uno ad hoc, hanno trovato un modo diverso: almeno in parte, i muscoli di un lato del torace fanno presa su quelli dell'altro.
Un simile sistema fa pensare, così a naso, che una certa indipendenza d'azione tra le 2 ali ne risulti inibita, ma anche i pipistrelli sono capaci di evoluzioni e quindi forse non è così o è una carenza quantitativa e non assoluta rispetto ai pennuti.

I pipistrelli hanno un problema con noi uomini, hanno brutte facce. Quelli piccoli, che basano il rilevamento di ostacoli e prede sull'ecolocazione hanno spesso creste nasali grottesche che fungono da amplificatori degli echi, quelli grossi, le cd. volpi volanti o rossette, hanno sguardi fissi e inquietanti, inoltre vedersi volare vicino l'apertura alare di un metro e mezzo di un Pteropus Vampyrus fa pensare a quello che evoca il nome specifico, che non glielo hanno mica dato a caso, anche se, pesando poco più di un chilogrammo, sarebbe plausibilmente un vampiro feto del sesto mese di gravidanza ;-)



Quinta volta, la più recente. 

E la più inefficiente.
Una scimmia invidiosa guarda da millenni il cielo e si strugge nel non poter imitare gli uccelli. Ogni tentativo è andato a vuoto, con conseguenze talora disastrose. Senza capacità di operare un volo battuto bisogna trovare un modo di operare una spinta efficace e di sollevarsi da terra. Alla fine qualcuno riesce a capire che copiare gli uccelli è impossibile.
Si comincia ad utilizzare ali rigide ma forgiate in modo da creare portanza scivolando nell'aria, manca ancora la propulsione, ma i combustibili fossili, ossia l'energia biologica cristallizzata da milioni di anni nel sottosuolo, fornirà la risposta. Prima eliche traenti azionate da motori a pistoni, poi turboeliche, turbogetti e più efficienti turbofan, fino alla recente sperimentazione degli scramjet. Roba metallica, progressivamente più veloce e molto molto costosa.
In realtà la scimmia non è riuscita ad assomigliare agli uccelli come agognava ma più, con altri strumenti (deltaplani, kit da parapendio) al galeopiteco planante con cui, tra l'altro, condivide un antico avo.

Si vede che era destino...




Prima sezione di approfondimento: dinosauri piumati. 

Tanti. Se ne scoprono sempre di più. Il problema è che le penne fossilizzano con difficoltà così che devono esserci condizioni particolarmente favorevoli perché lasciano la loro impronta (e talora anche qualche micropigmento) sul substrato. É un po' successo come per le sculture di marmo neoclassiche del rinascimento ispirate a quelle greche. Poiché queste ultime erano state sbiancate dal tempo, gli artisti del '500 pensavano di riprodurre quelle mentre invece i Greci antichi le statue le coloravano, occhi, cute e vesti, solo che il colore era il primo ad aver ceduto ai colpi del tempo. È accaduto un po' così per l'iconografia dei dino.
Di seguito, alcuni esempi del nuovo paradigma.

Foto di gruppo Dromeosauri, tra cui velociraptor (colorati da un grafico un po'... fumato) ma magari erano anche così!




Conchoraptor, un piccolo dino della famiglia oviraptoridae, dinosauri più distanti di velociraptor dagli uccelli, ma che si pensa avessero sviluppato una sorta di becco corneo

Yutyrannus, bestione piumato lungo nove metri circa, dicono. Coperto di proto-piume come un grosso pulcinone aggressivo.

Ricapitolazione dell'evoluzione del piumaggio con una rappresentazione di Ornithomimus: corpo piumato e penne con funzione di presumibile richiamo sessuale, appartenente ad una schiatta distante dalla biforcazione con i veri uccelli.


Seconda sezione di approfondimento: principi(?!) di volo 

Qui ci starebbero delle formalizzazioni matematiche ma poiché Ella, la matematica che io tanto stimo, mi ha abbandonato in gioventù e non mi caga più da allora, le saltiamo.
Io sono fermo al teorema di Bernoulli da decenni ma mi hanno spiegato che non è una base fisica così credibile. Accontentatevi.
Il volo, qualsiasi volo, si risolve nel creare portanza, ossia far si che un flusso d'aria laminare investendo le ali produca una pressione minore sulla parte superiore rispetto alla inferiore.
Poiché il flusso si re-incontra all'uscita del bordo posteriore dell'ala (facciamo che è così) se io ho un profilo alare più convesso superiormente l'aria che scivola sopra l'ala per arrivare in tempo all'appuntamento con l'aria che scivola sotto deve percorrere un tragitto maggiore e quindi andare più veloce (e l'aria ci tiene ad essere puntuale!).
E così per il teorema di Bernoulli, che citando a memoria dice che in un fluido in moto laminare velocità e pressione sono inversamente proporzionali, ecco che tutto torna... e con lui torna anche la portanza.
Mamma mia... non teniamo conto della resistenza dell'aria che già sono in grossa difficoltà.


Comunque per volare ci vuole portanza, la differenza è che le ali dell'aereo generano solo portanza, quelle degli animali volanti devono anche generare la propulsione.
Queste ultime oltre ad essere battenti sono anche modulabili per quanto riguarda l'angolo d'attacco e relativamente deformabili (quelle degli uccelli in particolare) anche nella forma. In tal modo riescono ad adattarsi all'esigenza del volatore (cambi di direzione, frenate) ma sta di fatto che anche la forza propulsiva è una risultante delle differenze pressorie che il volatore riesce a determinare tra le 2 facce del profilo alare condite con la resistenza dell'aria e finezze assortite.

Terza sezione di approfondimento: la varietà nel volo 

Ora gli uccelli in particolare, ma vale anche per i pipistrelli, hanno priorità diverse riguardo il volo. Ad esempio il passero deve percorrere solo brevi tratti, mentre i grandi rapaci devono restare in aria per più tempo possibile per scandagliare il suolo alla ricerca di prede o carogne, i rapaci notturni hanno l'esigenza di un volo il più possibile silenzioso, lo sparviero caccia spesso tra l'intrico dei rami, l'albatros percorre grandi distanze volando sul pelo delle onde, il rondone é una freccia vivente, il colibrì deve restare fermo a mezz'aria per nutrirsi.
Queste differenti necessità, tramite la selezione naturale hanno forgiato tipologie diverse di ali con caratteristiche che ottimizzano una specifica, spesso a scapito delle altre.

Ora mi infilo in un ambito nel quale annaspo, chiedo clemenza: i due parametri principali dell'ala degli uccelli (ma anche dei pipistrelli ma anche di un'ala qualsivoglia) sono: allungamento alare, ossia il rapporto tra la lunghezza dell'ala e la corda alare media, ossia spannometricamente "l'ala è lunga e stretta o corta e grossa?"; l'altro è il carico alare, ossia il rapporto tra la superficie dell'ala ed il peso che sostiene.

Un'ala con un elevato allungamento, cioè lunga e stretta come quella dell'albatros sviluppa molta portanza ma è dispendiosa da battere ed inadatta a spazi stretti.
Non a caso gli albatros solcano gli oceani e non i giardini. Un'ala lunga e sottile concede anche la possibilità di viaggiare con elevate velocità, sia che si plani o si esprima volo battuto, è chiaro che la prima possibilità è preferibile per un albatro urlatore che può arrivare a pesare diversi chilogrammi e preferisce sfruttare le correnti ascensionali che si formano dall'impatto dei venti col moto ondoso marino. Se uniamo un alto allungamento con un carico alare elevato otteniamo il pirata dei mari: la Fregata magnifica che pesando, al massimo, 1500 grammi può arrivare a quasi 2,5 metri di apertura alare con una coda bipartita selezionata appositamente per le sue funamboliche operazioni di disturbo sugli uccelli marini che tornano col pesce per i pulcini; insomma una efficientissima stronza.
In foto un maschio riconoscibile dalla sacca rossa posta sotto al capo, e che può gonfiare per fare lo sborone con le femmine


Se unite ai parametri sopracitati anche ali incurvate per diminuire la resistenza dell'aria otteniamo il Rondone, che è portatore di una qualche somiglianza esteriore con la rondine, con la quale non è imparentato, per questioni di convergenza evolutiva. Il rondone è il volo per antonomasia, è un cittadino del cielo: mangia in aria, schiaccia pisolini in aria, una specie non tocca trespolo per sei mesi durante la migrazione, in pratica in aria ci vive, e può riprendere il volo dal nido ma non dal suolo perché ha ali troppo lunghe e zampe troppo corte. Il suolo è il suo inferno, se vi finisce è morto.
Inoltre ha una disposizione delle ossa alari atta ad ottimizzarne la forma  a seconda della velocità del volo.


L'uccello più veloce in volo battuto è un rondone con la coda a punta anzichè bipartita come quello cui siamo abituati, una sorta di goccia alata.


All'estremo opposto troviamo, tra gli altri, i passeri nostrani che usano il volo per brevi spostamenti e per minimizzare lo sforzo, ogni tot colpi d'ali, raccolgono queste ultime attorno al corpo per essere più aerodinamici, tanto che, vista di lato, la traiettoria di volo di un passerotto é una sinusoide appena accennata.  Nel mezzo c'è di tutto, ma sono tre i casi interessanti da ricordare:

1) Il colibrì. 
Vola con gli avambracci e crea portanza, come gli insetti, con entrambe le fasi del battito, supinando la mano nel recupero dell'ala. Questo gli consente di stare (quasi) fermo a mezz'aria.


2) Il gheppio, un falco che ha un'alula sviluppatissima.
 L'alula è un piccolo attacco mobile di penne a livello del fu-pollice della mano. Nel gheppio funziona come un flap che, con elevati angoli di incidenza dell'ala forza l'aria a non staccarsi dalla superficie delle piume facendo perdere parte della portanza. Cosi, controvento, può fare lo spirito santo, ossia restare immobile a mezz'aria ad osservare il terreno senza battere le ali. Io una volta l'ho visto ed è bellissimo!


3) I grandi rapaci veleggiatori, aquile ed avvoltoi. 
Costoro devono volare col minimo sforzo a bassa velocità per cercare prede o carogne. Le ali sono grandi con un allungamento alare però minore degli albatros per via della corda alare più spessa. Antero-lateralmente le remiganti primarie formano delle evidenti digitazioni che creano vortici che aumentano l'efficacia portante delle vaste superfici alari.
Forse il massimo esempio di questo lo si vede nel condor (lo sapete che ce ne sono 2 specie? Condor delle Ande e Condor della California).


Questo è quello delle Ande.

Ma è esistito il Roc della mitologia persiana?
E il Torondor ha mai solcato i cieli?
No, ma se volessimo proprio trovarli dovremmo recarci nel passato, quando si avvertiva il battito delle immense ali dell'Argentavis Magnificent.
Doveva essere uno spettacolo il suo volo.



 "Se l'evoluzione fosse assoggettata ai desideri tutte le creature volerebbero".

3 commenti:

  1. Nella mia ignoritudine non sapevo che i cetacei son tornati al mare. E dire che sono biologo...post bellissimo. Me lo centellino come un balsamico invecchiato. Bravo rob. Gli uccelli sono il tuo forte )

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  2. Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, e tra il fare e l'essere milioni di anni. L'uomo ha conquistato il volo col fare (e col pensiero) ma rimane un essere non-volante, anche se sogna tanto spesso di riuscirci con le proprie semplici forze.
    Nella sezione dedicata appunto alla quinta conquista "umana" del volo si parla di una fase in cui si è capito che il volo non era realizzabile per semplice imitazione degli animali volanti. Di passaggio è stato protagonista il nostro Leonardo che ad un certo punto capì che era completamente inutile puntare sul volo muscolare umano e cominciò a "dialogare" direttamente con l'aria progettando eliche, proto-elicotteri, proto-paracadute. Addirittura formulò una proto-legge che assomigliava a quella di Bernoulli (su base completamente empirica, non scientifica). Post molto stimolante!

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  3. Post mwraviglioso che mi ha fatto riconsiderare la sfiga di avere perso il treno, l'ho letto mentre aspettavo quello dopo. Io comunque, e lo dico continuamente, non mi sono ancora ripreso dai dinosauri piumati. Sarà perché le cose che impari da bimbo sembrano vere per sempre ...

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