I supereroi americani, importati nel nostro paese da Max Bunker con la sua casa editrice CORNO, erano andati ad arricchire il filone del fumetto americano di avventura dei vari Gordon, Uomo Mascherato, Mandrake e Prince Valiant, tutti pubblicati dai FRATELLI SPADA.
Dopo un inizio folgorante pero’, gia’ intorno agli anni settanta avevano cominciato a mostrare i primi segnali di stanchezza, soprattutto qualitativa.
Si affievolivano lentamente i ricordi dei fasti delle gloriose saghe mutanti dell’era Claremont, e quelle intergalattiche di Roy Thomas in un polpettone di storie scritte male e disegnate peggio.
Tanto che, dopo l’interruzione della gestione Bunker, la loro riproposta da parte della casa editrice Star sul finire degli anni ottanta, si trasformo’ in un vero azzardo : i lettori temevano un’altra fregatura e l’Uomo Ragno, ad esempio, rischio’ di chiudere già dopo i primi 10 numeri.
Per fortuna, e merito di una politica editoriale che decise di puntare sulla qualita’ e sulla modernizzazione delle storie, le cose andarono diversamente.
In terra di Francia continuava la lotta millenaria tra le due anime del fumetto d’oltralpe: quella classico/umoristica di Asterix e Ric Roland, e quella piu’ sperimentale di riviste come "Metal Hurlant" e "Pilot", dove si pubblicavano gli esperimenti grafici di Moebius (un paradigma vivente con il suo oscillare tra Blueberry ed il Garage Ermetico), Druillet o Caza.
Da noi erano entrambe pubblicate rispettivamente dal Corriere dei Piccoli/Ragazzi, e da Alter. La produzione nostrana era un humus multiculturale magmatico e ribollente, sempre in equilibrio fra la pulsione artistica ed il calcolo commerciale.
Politica ed arte convivevano in riviste come la succitata "Alter "(la parte nobile di Linus), mentre l’universo fumettistico dedicato ai piccoli era abitato dai personaggi disneyani e dal loro contr’altare, quelli dell’EDITORE BIANCONI (Nonna Abelarda, Geppo, Soldino) oppure delle piu’ datate EDIZIONI ALPE (Cucciolo, Tiramolla).
Per i piu’ cresciutelli c’erano le riviste antologiche del Corriere dei Ragazzi, "l’Intrepido" o "Il Monello", mentre l’avventura piu’ classica e innocua era rappresentata da Zagor o Tex della Bonelli, Capitan Miki o Blek Macigno dell’EDITORIALE DARDO, tutte vere cornucopie editoriali.
Poi c’era il mondo, carnale e sanguigno, del neonato fumetto nero italiano, con Diabolik e seguaci. Agli inizi degli anni sessanta era nato dalle menti di due dolci sorelle milanesi, Angela e Luciana Giussani il personaggio di Diabolik, eroe negativo a tutto tondo, la cui serie ha oramai superato gli 800 numeri.
Nonostante nel tempo egli abbia parzialmente perso la sua battaglia contro la censura, ammorbidendo i toni lugubri e violenti degli inizi, e’ ancor oggi un successo editoriale e di costume che vanta schiere di appassionati fedeli, e che ha dato origine, soprattutto agli inizi, ad una serie di epigoni dall’altalenante fortuna : Sadik, Spettrus, Jnfenal, Demoniak, Mister x, Zakimort, Masokis, Il Morto (di recente uscita), e le sue versioni in veste di fotoromanzo come Genius e Killing, che vennero in seguito trasformate in fumetto per meri motivi economici.
Senza ovviamente dimenticare i suoi competitors piu’ famosi e fortunati come Kriminal e Satanik della coppia Magnus e Bunker, sempre dell’Editore Corno, in cui la violenza e la velata eroticita’ si stemperava con una massiccia dose di ironia.
Quella stessa ironia che divenne il loro marchio di fabbrica soprattutto nelle successive produzioni, come ad esempio Alan Ford (1969).
Piccola divagazione.
Un discorso a parte andrebbe fatto proprio per le EDIZIONI CORNO, forse la casa editrice piu' prolifica e poliedrica del periodo.
Fondata nel 1960 da Andrea Corno ed il cognato Luciano Secchi (il futuro Max Bunker), prima di pubblicare le testate (noir e supereroistiche) che la resero famosa, sforno' una quantita' abnorme di titoli, quasi tutti in formato tascabile, dalle piu' svariate tematiche : di guerra ("Guerra d'eroi", "Tanks", "Marines"), di spionaggio ("Dennis Cobb", "Guerra di spie"), di orrore ("Racconti dell'impossibile", "Racconti del terrore"), western ("El gringo", "Maschera nera"), fantascientifica ("Gesebel"), giallo ("Milord") e perfino un tarzanide ("Zorak").
Oltre alle raccolte di fumetti di produzione inglese, c'erano molte altre testate scritte direttamente da Secchi, tra cui anche il primo supereroe tutto italiano : Atomik, che comparve nella collana "I classici del fumetto".
Una curiosita' consiste nel nome di uno dei personaggi che comparvero proprio in questa collana : Alan Ford pare proprio che prima di essere lo scalcagnato agente segreto che conosciamo (e che ancora calca le scene con tenacia e perseveranza), fosse un coraggioso avventuriero spaziale.
Nell’universo post sessantottino che ruotava intorno alla Bologna universitaria, emergevano per contro sperimentazioni grafiche con piu’ nette velleita’ artistiche come quelle del gruppo Valvoline (Igor, Mattotti, Carpinteri, Brolli), al quale la rivista Alter aveva iniziato a dare spazio, o fumetti piu’ legati alla realta’ ed alle vicende politiche italiane, come il “mucchio selvaggio” del Male e di Frigidaire, in cui militavano calibri del livello di Scozzari, Tamburini o (soprattutto) Andrea Pazienza. Fumetto militante, seppur divertente e divertito.
Questo offrivano le edicole.
Anche se, a farci caso, in qualche buio anfratto seminascosto all’occhio perbenista del cliente medio, tra rotocalchi di gossip e pile di quotidiani in anonimi bianco e nero, poteva spuntare una copertina in ammiccanti e sgargianti colori, fitta di rosee rotondita’ che si mostravano senza pudore al novello sguardo di noi diciottenni, bendisposti dalla marea montante di ormoni impazziti a questa offerta generosa.
E se decidevi di compiere il primo passo verso questo scrigno di sfavillanti delizie, ed acquistarne uno, magari nascondendolo tra un album di figurine dei calciatori ed il Corriere dei Ragazzi, ti si apriva un modo parallelo, dove ogni nostro istinto, anche il piu’ basico, era ben accetto ed anzi assecondato.
Dai primi anni settanta fino agli inizi dei novanta, fiori’ in Italia un settore editoriale di grande fortuna commerciale, che nacque e si sviluppo’ in poco piu’ di vent’anni, per poi sparire, inghiottito dall’evolversi delle mode e delle abitudini : quello del fumetto erotico/pornografico.
Renzo Barbieri (scrittore, sceneggiatore, giornalista), insieme a Giorgio Cavedon (musicista, sceneggiatore), ne e’ stato l'ideatore e Il deus ex machina.
La storia inizia qualche anno prima : nel 1966 i due fondano le EDIZIONI 66 e pubblica le prime due pietre angolari della sua ipertrofica costruzione : “Isabella, la duchessa dei diavoli” (che duro’ per ben 263 numeri), personaggio ispirato ai romanzi di “Angelica, la marchesa degli angeli”, di Anne e Serge Golon, e “Goldrake” (le cui fattezze ricordavano quelle di Jean Paul Belmondo), nulla a che vedere con il robottone di Go Nagai, ma solo un James Bond senza alcuna censura, e che riusci’ a superare i 300 numeri pubblicati, entrambi scritto da Barbieri e Cavedon, e disegnati da Sandro Angiolini.
Soprattutto il primo titolo aveva velleita' di affresco storico/avventuroso, seppur infarcito di scene erotiche, iniziando a delineare il marchio di fabbrica della coppia.
Dopo varie vicissitudini i due prendono strade differenti (ma non a come contenuti), e fondano la ERREGI (Cavedon) e l’EDIFUMETTO (Barbieri).
Il primo punto’ piu’ sulla qualita’ dei testi che dei disegni, mentre il secondo fece una scelta diametralmente opposta.
Dopo gli anni affannosi del dopoguerra, quelli laboriosi del boom economico e quelli rabbiosi e sanguigni del sessantotto, piano piano si faceva largo il desiderio di una società piu’ libera e svincolata dai moralismi bigotti, retaggio dei secoli precedenti, anche influenzata dal miraggio americano che prometteva anarchia al potere, in nome del sacro trinomio sesso, droga e rock’n’roll. Purtroppo questa ansia esistenziale a volte sfociava nella barbarie della lotta armata.
Per fortuna, piu’ spesso, in un semplice desiderio di non avere piu’ timore o vergogna dei propri istinti piu’ naturali.
Ogni liberta’ passa prima o poi, anche attraverso quella sessuale.
Il 1972 e' l’anno di inizio delle pubblicazioni della EDIFUMETTO, con il suo marchio di fabbrica dello squaletto in costa di copertina.
Ma e' anche l’anno di uscita del film “Quel gran pezzo dell’Ubalda etc..”, che seguiva il successo del "Decameron" di Pasolini, ed inaugurava il filone del soft-core all’italiana, e che avra’ enorme successo nei decenni a venire lanciando la sua protagonista, Edwige Fenech, nell’immaginario collettivo (e privato) di almeno un paio di generazioni
E' l'anno della pubblicazione del primo numero della versione italiana di "Playboy", e dell'inizio delle trasmissioni di Radio Luna, sulle cui frequenze iniziava l'avventura di Cicciolina.
Insomma, c'era qualcosa nell'aria . erano i primi segnali dell'inizio di una nuova primavera.
Barbieri, utilizzando il fumetto per le sue produzioni, aveva effettuato una semplice ma efficace operazione : insieme alla mera esibizione di bellezze femminili e situazioni conturbanti, offriva una storia da leggere e un personaggio a cui affezionarsi.
Il suo punto di forza, almeno all'inizio, era un vero e proprio "fattore sorpresa".
Non eravamo certo abituati, all'interno di una storia avventurosa come ce n'erano tante, ad imbattersi improvvisamente in una scena lesbo od eterosessuale, piu' o meno esplicita (anzi, sempre piu' esplicita con l'avanzare degli anni per cercare di continuare a sorprendere).
Barbieri aveva anche capito che, piu' banalmente, c’era bisogno di qualcosa che soddisfacesse un ben preciso bisogno : niente di spirituale o particolarmente difficile da comprendere (come si evince dalle pubblicità’ contenute nelle sue pubblicazioni, che con l'andare del tempo si fecero sempre piu' esplicite), ma che, per noi in piena irrequieta adolescenza, e sottoposti giornalmente a questa iperstimolazione sensoriale da parte di pubblicita’ o locandine di films, oramai non era piu’ rimandabile.
L’idea era trovare un substrato, facile ed economico (dalle 150 alle 400 lire nelle sue versioni piu’ lussuose), che non fosse "Caballero", prima rivista pornografica che abitava le edicole fin dagli anni sessanta, oppure il ben piu’ economico catalogo del Postalmarket.
Per cui una produzione erotico/pornografica, seppur solo disegnata e piu’ o meno esplicita, ma comunque sempre fortemente evocativa, e spesso supportata da una trama avvincente e seriale, a poco prezzo e comoda da gestire (il formato tascabile era facile far sparire negli anfratti dei giubbotti, quando la vergogna dell’acquisto superava la paura di essere beccati), era destinata ad avere successo.
Ne sa qualcosa chiunque in quel periodo fosse al servizio militare.
Da vero uomo di marketing era sempre attento a cogliere qualunque novita’ che la offriva, realta’, cercando di sfruttarla per fornire sempre un prodotto riconoscibile e condivisibile.
Cosi’ i suoi eroi (eroine soprattutto) avevano le fattezze degli attori del momento, o si ispiravano a fatti di cronaca (come nella collana “Attualita’ nera”), od a figure dell’immaginario collettivo (come quelle delle favole o dei romanzi d’avventura), stravolgendoli secondo i propri scopi.
La collana “Tabu’”, ad esempio, raccoglieva parodie erotiche di classici della letteratura per ragazzi come "Cuore" o "Tom Sawyer".
Negli anni d’oro le due case editrici, che si spartivano il mercato insieme a pochi altri piccoli concorrenti, sfornarono una quantita’ incredibile di titoli, anche una ventina al mese, arrivando a vendere ben oltre le 100 mila copie, oggi un traguardo raggiunto da noi solo da "Tex" e dal "Dylan Dog" degli inzi.
Esse offrivano una produzione assolutamente simile ed omogenea in quanto a trame e contenuti grafici, non temendo di saturare il mercato : tutto veniva assorbito e fagocitato con una velocita’ impressionante.
In ogni albo era presente la scena clou, dove la protagonista rivelava, finalmente, le proprie forme, spesso in situazione di sottomissione al crudele maschio.
Alla fine pero’ c'era un ribaltamento di ruoli che gia' sapeva di femminismo.
D’altronde era la donna la vera ed unica protagonista.
Finalmente dopo anni di machismo incontrastato, dove l’eroe non perdeva occasione di sfoggiare muscoli e mascella volitiva, la femmina si era riuscita a conquistarsi, almeno nei fumetti, il suo ruolo di assoluta protagonista, utilizzando ogni arma possibile, soprattutto le proprie dotazioni naturali. Anche questa e’ emancipazione...
I primi a capire la necessita’ di una svolta in tal senso erano stati nel 1962 i francesi, popolo dove la donna ha sempre avuto un ruolo di maggior rilievo sociale, con personaggi c come "Barbarella” di Jean Claude Forest e, successivamente “Paulette” di Wolinski e Pichard.
Nel 1964 era nata Satanik, una delle prime protagoniste femminili a tutto tondo.
Nel 1965 dalla penna di Per Carpi, l'eroina "nera" Zakimort.
Nel 1966 l’EDITORE BIANCONI aveva tentato di seguire le orme dei colleghi francesi con due pubblicazioni ancora decisamente molto soft : "Jessica" e "Uranella", entrambe scritte e disegnate da Floriano Bozzi.
Era solo l’inizio di una vera e propria invasione.
Durante gli anni settanta le edicole italiane pullulavano di conturbanti avvenenze, inserite nei contesti piu’ diversi : a volte horror e noir, come nelle collane antologiche “Il vampiro presenta”, “I sanguinari", “Terror”, “Oltretomba”, che si rifacevano alle pubblicazioni della EC americana degli anni cinquanta come "Tales from the crypt”, oppure “Wallenstein”, uno tra i pochi ad avere un maschio protagonista seppur con mostruose fattezze, oppure stemperate in una basica comicita’ come le “Sexy favole”, Maghella”, “Il tromba”, “Il Lando”, “Il camionista”, “Gigetto”, “Il montatore”, “Pierino” (utilizzando le fattezze di Celentano, Buzzanca, Alvaro Vitali o Ninetto Davoli).
Tutto senza mai comunque perdere di vista il loro scopo principale.
Un esperimento a parte fu la serie “Peter Paper” (nome che evoca l'alter ego di Spiderman) : le vicende di un nerd superdotato narrate da un anomalo autore, Pippo Franco, e disegnate da Raoul Buzzelli, fratello del piu’ famoso Guido, che si avvicinava di piu’ a testate come "Alan Ford" o "Johnny Logan".
Poi c’erano le sexy vampire, figlie di Dracula e di quella Vampirella (creata da Forest Ackerman e Tom Sutton nel 1969) che ancora oggi ogni tanto fa capolino sulle pagine dei comics americani con il suo costume dalla scollatura impossibile.
"Yra", "Sukia" (che soprattutto nelle copertine aveva le fattezze di Ornella Muti), "Jacula" (la prima ad essere pubblicata nel 1969), e soprattutto "Zora".
Quest’ultima, pubblicata dal 1972 all’1981 per ben 288 numeri e la cui immagine richiamava quella di Catherine Deneuve, divenne vero e proprio simbolo di emancipazione : la vergine Zora, vampirizzata da Dracula, si ribella al classico ruolo di femmina sottomessa al padrone vampiro, e ne diventa la piu' acerrima nemica.
Nel 2000 venne portata sullo schermo in versione edulcorata dai Manetti Bros.
Molte le loro epigoni in campo horror come “Cimiteria”, “Belzeba”, “Babysatan” (ed. SIE), “Lucifera”, “Ulula”, “Misteria”, "Fasma".
Come si e’ detto, un punto di forza di queste pubblicazioni, era il frequente rimando a personaggi conosciuti, che fossero attinenti all’attualita’, a romanzi oppure personaggi storici.
Da cui serie come “Saffo”, “Messalina”, oppure “La poliziotta” o “La dottoressa”, che avevano chiari riferimenti alle commedi sexy che impazzavano allora nei cinema, o parodie, piu’ o meno eleganti, di romanzi o personaggi conosciuti come “Sandokaz” (edizioni GEIS), “Zordon”, “Raimbo”, “Flosh Gordon”.
Un caso a parte sono le parodie di Tarzan.
Il mondo del fumetto e’ popolato da una miriade di cosiddetti tarzanidi, cioe’ i personaggi ispirati all’eroe di Edgar Rice Burroughs : Akim, Ka-Zar, Yorga, Thunda, Zembla, Zorak, Zan della giungla (uno dei pochi personaggi non erotici della Edifumetto) e le sua versioni femminili come Sheena o Pantera Bionda (produzione nostrana di Gian Giacomo Dalmasso e Enzo Magni, il cui vestito si allungo' di numero in numero sotto l'effetto della censura).
Vista l’ambientazione in una natura selvaggia e libera dalle convenzioni (e dall’uso di ogni qualsivoglia capo di abbigliamento), questa tipologia di personaggio si e’ sempre molto prestato a divagazioni di ogni tipo, anche sessuali.
Nel 1975 ne usci’ addirittura una versione cinematografica francese porno a cartoni animati : “Tazoon, la vergogna della giungla”.
Verra’ ricondotto sulla giusta via (quella omosessuale) dal cacciatore gay Spiro, e finira’ incinto, partorendo un uovo gigante!
I personaggi gay facevano spesso capolino nelle pagine di questi fumetti, e non sempre tratteggiati con accezioni negative, come ad esempio nelle serie “Batty e gay” sempre della Edifumetto, o "Belli di notte".
Follia e volgarita’, in un mix (quasi) perfetto.
Tra gli editori minori sono da ricordare le edizioni GALAX che spingevano l’acceleratore sulla pornografia piu’ spinta (come successe a tutte le produzioni della fine anni ottanta, per tentare di attirare gli ultimi barlumi di interesse in un pubblico che oramai si stava disaffezionando), e che pubblicarono “La donna ragna” (si, non e’ un errore, proprio con la A), "Gengis Khana", “La corsara nera”, “Ilona la valchiria”, "Maldrak".
Oppure le edizioni CAB con “Raffa”, versione erotica della famosa soubrette, “Pussycat” o “Cappuccetto rotto”.
Od ancora le EDIZIONI KRISTINA che, oltre a personaggi piu’ in linea come “Satanassa” o “Il cavaliere”, si distinse per la proposta di fumetti in equilibrio fra parodia e nostalgia come “Il mascellone” o “Aridatece er puzzone nostro”.
Essendo pubblicazioni quindicinali, richiedevano da parte degli autori un rispetto dei tempi di consegna davvero infernale, e che portava ad una necessaria semplificazione di testi e disegni.
Ma nessuno si e’ mai lamentato.
Anche Magnus d’altronde, dovendo disegnare nei tempi d’oro anche 5 collane alla volta (Kriminal, Satanik, Gesebel, Alan Ford, Os 117), ricorreva spesso all’uso di semplici silouettes nere per i personaggi minori, per velocizzare la produzione.
Non fu pero' tutto fumetto "povero".
Ci furono anche alcuni tentativi di utilizzo del colore, con ottimi risultati.
Uno degli esperimenti piu' riusciti e' la serie "Cosmine" scritta da Silverio Pisu ed il cui ultimo numero fu disegnato da Milo Manara.
Infatti questo immenso panorama editoriale servi' anche come palestra per molti future gemme del fumetto italiano.
Qualcuno rimase per sempre legato a queste produzioni come Sandro Angiolini ("Isabella", "Vartan"), Edoardo Moriconi ("Maghella") o Floriano Bozzi ("Justine", "Uranella"), Tito Marchioro ("Walalla").Altri invece le utilizzarono come trampolino di lancio per ben piu’ fulgide carriere : Milo Manara ("Cosime", "Jolanda de almaviva", che aveva le fattezze di Senta Berger); Roberto Diso ("Goldrake") che successivamente disegno’ Mister No; Leone Frollo ("Naga", "Lucifera", "Biancaneve") che divenne poi un vero specialista del fumetto erotico; Giovanni Romanini ("Zora", "Wallenstein", "Bionika", "Ulula") che affianco’ Magnus in molti suoi lavori avendone assimilato il tratto e lo stile, come ad esempio in “La compagnia della forca”, inizialmente pubblicato dalla GEIS,e concluso dalla EDUFUMETTO ; Leone Cimpellin ("Fiabe proibite"), autore prolifico di molto materiale apparso sul Corriere dei Piccoli come Gigibizz o Tribunzio il centurione; Alberto Ongaro ("Lucrezia") e Stelio Fenzo ("Jungla") che approdarono alla Edifumetto dopo lunga militanza nella rivista “Asso di picche” con Hugo Pratt e nel “Vittorioso”.
Ma sopra-tutti lo stesso Magnus, che riusci’ in questo ambito a sviluppare le sue idee piu’ estreme con le serie “Necron” e “Lo sconosciuto”.
Questo vale anche per gli sceneggiatori : ad esempio Pier Carpi ("Jessica"), che poi diventera’ una presenza fissa in “Topolino”.
Ma uno dei casi piu’ eclatanti fu lo scrittore Giuseppe Pederiali che, con lo pseudonimo di Rubino Ventura affianco’ Barbieri nella realizzazione di molte serie ("Zora", "Yra"), per poi diventare famoso come autore serio ("Il tesoro del bigatto").
A tal punto che nelle sue biografie e’ scomparso qualunque accenno a questa sua esperienza.
Alessandro Biffignandi |
Insomma, non tutto era da buttare.
Anzi.
Dato il loro grande successo molte produzioni furono esportate all’estero, in Germania, America Latina e, soprattutto, Francia.
Tra i due paesi si era d'altronde gia’ formata una pluriennale collaborazione.
La casa editrice LUG aveva importato classici italiani come Tex e Blek Macigno, ed aveva pubblicato, tra le tante cose, una piccola gemma fantascientifica scritta e disegnata da due italiani (Franco Frescura e Luciano Bernasconi) : quel “Wampus” che, visti i temi forti per una pubblicazione destinata ai giovani (protagonista era un alieno cattivissimo che cercava, in parte riuscendoci, di distruggere il nostro mondo) venne chiuso dalla censura francese dopo soli sei numeri.
Nella versione italiana pubblicata dalle edizioni NAKA, le copertine vennero realizzate (dal numero 2 in poi) da Karel Thole, famoso illustratore di "Urania".
L’evolversi delle mode e delle tecnologie porto’ alla fine degli anni ottanta alla crisi del settore.
Cominciavano ad uscire riviste erotiche come “Blitz”, che offrivano a poco prezzo tutto il materiale di cui si aveva bisogno.
Mancavano le storie, certo, ma non si puo' avere tutto...
Cio’ che diede il colpo di grazia al settore, fu la diffusione delle videocassette, che trasformavano le donnine di carta in esseri veri e palpitanti.
Inizialmente gli spettacoli erano collettivi, sfruttando l’amico fortunato possessore del primo videoregistratore, poi pian piano, ognuno di noi divenne sempre piu’ autonomo.
Gli ultimi grandi successi di barbieri furono le serie "Casino" (le vicende di un bordello parigino agli inizi del ventesimo secolo) scritta da Pederiali (Ventura) e disegnata da Frollo, e “Il paninaro”, uscita sotto la spinta del Drive Inn e della moda che esso aveva amplificato.
Erano i tempi del lusso sfrenato, degli Yuppies, di "Dallas", dell'edomismo reaganiano, e bisognava adattarsi. ancora una volta.
Poi tutto fini’ come al termine di un lungo orgasmo : con una punta di tristezza e una sensazione di vuoto assoluto.
Nel frattempo eravamo cresciuti quel tanto che bastava per riuscire ad adattarsi (senza troppa fatica a dire il vero) al nuovo mondo che si profilava all’orizzonte.
Oggi che Internet, come novello Attila, ha completamente desertificato il mercato, le nostre donnine di carta sono diventate un materiale da riscoprire, con sorpresa e tenerezza.
Articolo splendido, complimenti.
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