mercoledì 31 agosto 2022

POLITICALLY STUPID

 Molto probabilmente stiamo vivendo nell'epoca più bigotta e perbenista di sempre. 

Ci manca solo di sentire ogni mattina l'acre odore di carne bruciata degli autodafé invadere le strade, il fumo grigio dei roghi di film e libri proibiti, quelli che non rispettano le quote rosa e quelle nere. 

 Ogni santissimo giorno ci viene ribadito che esistono minoranze da proteggere, diversi da includere, un sesso debole a cui riconoscere inalienabili diritti. 
 Ci mancherebbe. Lo sappiamo, lo abbiamo sempre saputo. 
 Però dirlo, scriverlo, magari urlarlo, non basta. 
 Bisognerebbe piuttosto non aver più bisogno di farlo. 
 Almeno smetterla di essere degli ipocriti.

 Da un po' di tempo è cominciata un'assurda e inutile guerra tra i sessi. 
 Una cosa è evitare sfruttamenti e discriminazioni, un'altra gareggiare su chi ce l'ha più lungo o su chi è il più intelligente. 
 Andando avanti così si ribalteranno i ruoli e saremo noi maschietti il sesso debole. 
 Serve a qualcosa?
 Mi sembra invece più giusto ribadire le nostre differenze, che ci sono. 
 "Voglio una donna con la gonna!", cantava quel maschilista di Roberto Vecchioni. 
 Poi aggiungeva, più o meno: "Almeno non stronza come un uomo!

C'è una famosissima foto in bianco e nero di Moira Orfei di spalle (in evidenza il suo famoso fondo schiena) che passeggia fiera e tranquilla in mezzo a un manipolo di uomini che la guardano attentamente, non certo per ammirarne il taglio del vestito ("Gli italiani si voltano" di Mario de Biasi, 1954). 


 Oggi creare un'immagine del genere sarebbe impossibile. 
 Cos'era poi? 
 L'inevitabile, anche banale, constatazione dell'atavico rapporto tra i sessi: chi ammira e chi si fa ammirare. 
 Nulla di strano. 
 Paolo Bonolis, che non è uno stupido, ci ha costruito sopra il proprio successo televisivo. 
 Disdicevole magari dare una pacca sul sedere a Sofia Loren (o tentare di farlo) ma anche questo, nei film, si faceva. 
 Negli anni ottanta, l'Edwige ha edificato un impero sulla mania igienista che la portava, almeno due volte per ogni film come da contratto, a farsi una bella doccia rinfrescante. 


 Noi e Alvaro Vitali, anche in questo caso, guardavamo e tacevamo, ammirati. 
 Bello? Brutto? 
 Il giudizio estetico è sospeso. 
 Oggi comunque non c'è più nulla del genere in circolazione. 
 Meglio? Peggio? 
 Sta di fatto che nel frattempo l'uomo non è cambiato e la donna nemmeno. 

 "The monster society of evil" è una lunga storia di Capitan Marvel scritta e disegnata da Otto Binder e C.C. Beck per la Fawcett Comics e pubblicata dal 1943 al 1945 su "Capitan Marvel Adventures" dal numero 22 al numero 46. 
 L'eroe, che successivamente cambiò nome in Shazam per non confondersi con l'omonimo marvelliano e che venne poi portato in tribunale da Superman con l'accusa di plagio (forse per invidia, dato che vendeva molto più di lui) combatteva con i suoi supernemici coalizzati (era la prima volta che succedeva in un fumetto supereroistico): Mister Mind il verme senziente, il dottor Sivana e molti altri. 
 Credo sia l'unica storia così importante del periodo a non essere mai stata ristampata.
 La D.C. ha sempre giustificato questa scelta per il fatto che al suo interno ci sarebbero imbarazzanti immagini e situazioni da censurare.

Cosa c'è di così grave, chiederete voi? 
Presto detto: giapponesi dai denti aguzzi, un personaggio nero (che è spesso presente come contraltare comico nelle storie di Shazam) Steamboat, raffigurato con labbroni e classica parlata da schiavo del sud. 
 L'epoca era quella; piena di inevitabili stereotipate raffigurazioni. Nemmeno Will Eisner a quel tempo riusciva ad evitarle: Ebony, il compagno di Spirit, è esattamente così. 
 Nulla di così scandaloso e non pienamente comprensibile. 

 Eppure... 
 Io posseggo una copia dell'unica versione che ha circolato in tiratura limitatissima e mi è costata un botto. 
Magari è stata solo un'astuta mossa commerciale... 

 Nick Fury, il supermarine bianco fino al midollo con la benda sull'occhio divenuto nel tempo direttore dello S.H.I.E.L.D., si è recentemente fatto schiarire la pelle, un po' come ha fatto Michael Jackson. 
 Mark Millar aveva introdotto questa nuova versione nel mondo Marvel alternativo degli Ultimates; Josh Whedon lo ha sdoganato come nuovo Fury nel film "The Avengers" del 2012. 
 Visto il successo planetario della pellicola, il fumetto, come spesso succede, ha pedissequamente seguito questa nuova strada. 
 Per amor di una intrinseca quanto inutile logica, il Nick nero (Junior) si scoprirà essere il figlio di quello bianco. 
 Stessa cosa, con molta meno logica e spiegazioni, è accaduta al guardiano del Ponte Arcobaleno di Asgard, Heimdall che nel film "Thor" del 2011, e di seguito per sempre, è diventato di colore.
Fine pagliacciate. 
 Comunque nel democratico mondo dei fumetti americani i supereroi neri sono numericamente perfettamente bilanciati con quelli bianchi. 
 Esiste addirittura un Superman nero (il Presidente) di un mondo alternativo, ma va bene così. 


La situazione dei neri in America è un eclatante esempio d'ipocrisia. 
 Li hanno deportati, schiavizzati e massacrati.
Un esempio fra i tanti: il 31 maggio e il 1 giugno 1921 a Tulsa, dopo uno scontro tra bianchi e neri davanti alla prigione dove era detenuto un giovane di colore accusato di aver violentato una ragazza bianca, una folla inferocita sciamò per le strade del quartiere afroamericano della città sparando e uccidendo chiunque trovasse sul proprio cammino. 
 Ad un certo punto persino un aereo sorvolò le strade mitragliando i neri che tentavano di mettersi in salvo. 

 Il risultato fu di almeno quaranta morti accertati, molto probabilmente più di trecento reali. 
 Il tragico evento è stato narrato in due serial: "Watchmen" (2019) e "Lovecraft Country" (2020). 
 Uno dei produttori di quest'ultimo, Jordan Peele, è, come Spike Lee, attivista convinto dei diritti dei neri. 
 In "Get out!"(2017) e "Us" (2019), utilizza l'affilata arma del grottesco per denunciare e sottolineare la loro condizione di perenni vittime e cavie di una società che nel tempo non ha per nulla cambiato atteggiamento nei loro confronti. 

 Non potendo evitare di riconoscere ai neri indubbie qualità artistiche (anche rischiando di scivolare verso triti stereotipi come l'ammettere che hanno la musica nel sangue), all'inizio li aveva trasformati in fenomeni da circo mascherati per l'occasione. 
 Al Jolson (Asa Joelson) era un bianco, per la precisione un russo americanizzato. 
 Fu il primo a vendere dieci milioni di dischi, il protagonista del primo film sonoro della storia: "The jazz singer"(1927). 
 Si esibiva a teatro con il volto e le mani dipinte di nero, sfruttando il morboso interesse del pubblico per l'esotismo, senza però nemmeno tentare di risolverne l'eterofobia. 
 Era lo stile chiamato blackface

 La gente rideva e si divertiva, ben sapendo che dietro quel ridicolo trucco c'era un bianco come loro. 
 In qualche modo questo li asssolveva.
Jolson non fu comunque il primo. 
 Intorno al 1830, l'attore Thomas Rice interpretava spesso sulla scena il comico ruolo del buffo e ridicolo schiavo Jim Crow, con le sue movenze esagerate e la parlata stereotipata. 

 Oggi in Canada e in America la pratica di dipingersi di nero per travestirsi e imitare le persone di colore è considerata razzista, allora era arte. 
 Sono entrambe distorsioni figlie del proprio tempo. Dipende solo dalle intenzioni.
 Per fortuna gli americani, almeno nei film, si sono spesso ricordati, magari di malavoglia, di essere una società multirazziale. 
 Sidney Poitier è stato il primo attore di colore a vincere un Oscar. Epocali e decisamente innovativi sono almeno due dei suoi film: "In the heat of the night" e "Guess who's coming to dinner", entrambi del 1967. 

 Il problema del razzismo e della xenofobia era ormai sul tavolo, difficile far finta di niente. 
 La cosiddetta blaxploitation, nei primi anni settanta, fu un genere di pellicole nelle quali gli afroamericani erano gli attori, spesso i registi, sempre il pubblico di riferimento. 
 Zeppi di stereotipi afro (in "Superfly" del 1972, Gordon Parks jr. interpreta il classico gangster nero dai vestiti sgargianti e catene d'oro al collo), ebbero comunque grande successo e furono anche un modo per ribadire al mondo la propria esistenza. 

 Pam Grier ne è stata una delle attrici più famose ("Foxy Brown", 1974), in seguito omaggiata nel 1997 da Quentin Tarantino in "Jackie Brown". 
 Spesso si divertivano a reinterpretare anche ironicamente classici del cinema come in "Blacula" (1972) e "Blackenstein" (1973). 

 La Coalition against blaxploitation ne criticava fortemente i contenuti considerati degradanti per i neri stessi, ma anche per il fatto che molti di quei film, nonostante fossero scritti e recitati da loro, avevano registi bianchi. 
Nel 1975 riuscì a decretarne la fine. 
 Per un certo periodo l'America si è accontentata di sfornare ogni tanto nei film d'azione coppie nero/bianco o nero/giallo come

"Deadly weapon" del 1987 con Mel Gibson e Danny Glover oppure "Rush hours" del 1988, con Jackie Chan e Chris Tucker. 
Anche questo era un modo per espiare i propri peccati.
 Ma recentemente sta facendo di peggio. 

 Si chiama blackwashing, ed è la moda di far interpretare da attori neri parti che da sempre, per logica o per abitudine, sono ad appannaggio dei bianchi. 
 Si contrappone al whitewashing che decenni addietro faceva l'esatto contrario. 
 Può avere una sua logica, sempre che rimanga coerente, che sia giustificabile e che non si esageri. 
 Ancor oggi, nonostante la situazione sia nettamente migliorata, solo l'11% circa dei protagonisti principali dei film in circolazione sono attori di colore. 
 Ovviamente esistono produzioni black oriented come "The underground railroad" del 2021, splendido serial tratto dal romanzo del premio Pulitzer Colson Whitehead ma che spesso hanno come specifico obiettivo proprio quello di trattare argomenti, storici o meno, sulla discriminazione razziale e sullo schiavismo. 

 Se però la presenza dell'attore nero risalta anomala come un chiodo nel muro senza nessun quadro appeso a giustificarlo, allora è ovvio e auspicabile che il pubblico s'infervori.
 La serie Netflix su Resident evil, che oltretutto pare essere molto brutta, ne è un esempio eclatante: Lance Reddick, per me indimenticato protagonista di "Fringe", nero che di più non si può, è stato chiamato per interpretare il ruolo di Albert Wesker, il cattivo dei videogiochi, dalle chiare ed inequivocabili connotazioni ariane. 

 Per fortuna i fan sono intervenuti e la serie è stata cancellata dopo una sola stagione. 

Sta per uscire il Pinocchio di Robert Zemeckis e si scopre che la Fata Turchina ha cambiato colore. 
 Senza nulla togliere in termini di recitazione a Cinthia Erivo, mi chiedo solo il perché. 

 Stessa domanda per il James Gordon di colore interpretato da Jeffrey Wright in "The Batman" del 2022, per la Ariel di Halle Bailey nel live action de "The mermaid" del 2023, l'Achille di David Gyasi in "Troy-fall of a city" serial del 2018 o infine per Corlys Velaryon interpretato da Steve Toussaint in "House of dragons" del 2022. 
 Nessuno mi darà mai ufficialmente una risposta sincera. 

 C'è chi arriva ad auspicare che ogni film rispecchi pienamente la società americana multirazziale esibendone ogni suo rappresentante.

L'Academy ha ufficialmente comunicato che dal 2024 qualunque film ambisca all'Oscar dovrà rispettare alcuni, semplici standard. 

Ad esempio: almeno uno degli attori protagonisti dovrà appartenere ad una minoranza etnica; almeno il 30% del cast dovrà essere rappresentato da donne, gruppi etnici o razziali di minoranza, disabili, LGBTQ. 

Da questo punto di vista "The eternals" del 2021 è il film perfetto: nel gruppo ci sono un nero (gay), una cinese, un indiano, una ispanica, un bianco, un sudcoreano. 

Manca il disabile, ma la prossima volta faranno sicuramente di meglio. 

E se invece, banalmente, gli attori venissero scelti solo in base alle loro abilità recitative? 

Un mondo semplice, più logico e, soprattutto, meno ipocrita. 


 Dopo la tragica e assurda morte di George Floyd, in America, così come in Francia e in Gran Bretagna, è scoppiata la furia iconoclasta degli afroamericani che li ha portati a distruggere e sfregiare le statue di comandanti, soldati e presidenti dell'esercito confederato. 
 Può anche essere comprensibile e giustificabile; lo è molto meno la scelta di alcuni stati di abolire il Columbus day sostituendolo con un più asettico e innocuo omaggio a figure religiose superpartes come, in Colorado, Madre Cabrini, la prima santa americana. 
 Sembra che nemmeno l'aver avuto un presidente nero sia servito per pareggiare i conti e passare finalmente oltre. 

 La cultura (e paura) dell'esistenza di un nemico, che negli Stati Uniti spinge buona parte della popolazione ad armarsi e della polizia a reagire alla minima provocazione con mezzi sproporzionati rispetto al reale pericolo, trova ancora nel nero o nell'ispanico il soggetto ideale. 
 Questo andrebbe sradicato, e non basta la censura o l'utilizzo di squallidi espedienti a fare ammenda dei propri peccati, soprattutto se si continua a commetterli. 
 A pensarci bene non è questione di bigottismo o perbenismo, ma solo di stupidità.

giovedì 25 agosto 2022

Legs! (Seconda parte)

 By Robo

Prosegue da: Legs! (Prima parte)
 
 
 I serpenti sono le star tra i rettili che hanno perso le gambe ma in realtà non sono gli unici, vari gruppi di squamati hanno abbandonato gli arti e si distinguono dai serpenti per una o più caratteristiche tipo la presenza di palpebre, la lingua non biforcuta o i fori dei condotti uditivi (i serpenti non li hanno, sono sordi)
 

In Italia c'é l'orbettino (Anguis fragilis). É parente delle lucertole e come queste ultime ha le palpebre che i serpenti invece non hanno. Per salvarsi la vita può lasciare la coda, che conta per più della metà della lunghezza, ad un eventuale aggressore. Relativamente vicina all'orbettino é la south California legless lizard (sotto)

 

Vi sono anche specie di sauri senza arti più vicine ai gechi che alle lucertole e che condividono con questi ultimi la capacità di emettere vocalizzazioni, mentre invece i serpenti sono muti e soffiano. 

 

 

Sotto una specie di geco-senza-gambe il cui capo assomiglia, del tutto casualmente, a quello di un piccolo coccodrillo 


Un'altro gruppo di rettili che hanno perso le gambe é quello delle anfisbene; scavatrici e cacciatrici, sono squamati davvero strani:

 


Qualche specie conserva esili zampe anteriori che le danno un aspetto inusuale

 


Anche tra gli avi comuni di mammiferi e rettili, cioè gli anfibi, c'é qualcuno che ha perso le gambe, dopo averle acquistate, perché non gli servivano più: 

 

1. La greater siren (Siren lacertina) in realtà ha ancora due piccoli arti anteriori funzionali ma molti suoi parenti stretti li hanno persi del tutto assumendo un aspetto serpentiforme. Sono parenti delle salamandre


2. Le cecilie (ord. Apodi), che non derivano tale nome in onore di qualche figura femminile ma dal latino caecus, anche se cieche del tutto non sono. 

Sono cacciattrici sotterranee o acquatiche e le più grandi mangiano anche topini e piccole lucertole. Alcune di loro sono vivipare, ossia non depongono uova ma partoriscono piccole cecilie nutrite dalla madre con la propria pelle che si arricchisce di lipidi e proteine dopo il parto. I nuovi nati la grattano con i denti e crescono velocemente; che io sappia é una modalità unica in natura, come se un neonato umano si mangiasse brandelli della mamma...

Sotto due primi piani, uno più inquietante dell'altro, di specie del gruppo:




Le cecilie sono animali strani ma la specie Atretochoana Eiselti secondo me le batte tutte. Innanzitutto é l'unica senza polmoni e uno dei più grandi tra gli anfibi che riescono a farne a meno svolgendo gli scambi respiratori solo attraverso la cute. La chiamano penis snake, giudicate voi…
 





E i mammiferi? La selezione naturale ha agito sulle gambe ma al massimo per la trasformazione in pinne; anche in mammiferi altamente modificati come i cetacei le ossa del bacino non sono scomparse, sono ancora presenti seppure vestigiali

In altri casi la selezione naturale ha agito nella direzione di aumentare il numero di arti ma far crescere una o due braccia in più in un mammifero é operazione molto complessa, bisogna che si duplichino dei geni particolari chiamati HOX che determinano dove-cresce-cosa. 

Queste duplicazioni sono state il motore della biodiversità biologica ma, una volta giunti ad animali complessi come i vertebrati, è più probabile che una mutazione così fondamentale si trasformi in un disastro.

Meglio allora usare qualcosa che già é presente: la coda. 

La coda é una struttura prettamente muscolare che può svolgere diverse funzioni tra cui quella di segnalare stati d'animo del portatore, ma non ci vuole tanto a trasformarla in organo prensile che ti lascia libere le braccia mentre, appeso, cerchi il cibo o lo consumi. É così che fanno, tra gli altri, il formichiere arboricolo tamandua

 

e il cercoletto (parente del procione)

 


Il massimo livello però é stato raggiunto da un gruppo di primati del nuovo mondo: le scimmie ragno del Sudamerica 

 

 

L'estremità della coda ha una zona glabra che esercita una forte presa sulla corteccia, inoltre gli studiosi affermano che queste scimmie hanno una precisa rappresentazione cerebrale dei sensori di pressione di quella zona. In pratica nel loro homunculus talamico o, in questo caso, simiancula, la coda é ben rappresentata. É, in tutto e per tutto, un vero quinto arto.



...e questo è l'homunculus talamico

 

 Nella riduzione degli arti ha operato anche la selezione artificiale, riuscendo, se non a far scomparire le gambe, almeno a ridurle. O per ragioni pratiche (cani da tana) o estetiche. 

Di seguito un Welsh Corgi, il gamba corta ufficiale di Elisabetta II



Tra le mucche la razza a gamba più corta é la Dexter cattle irlandese; non ho idea perché sia stata selezionata così...

 


Tra i gatti il più corto di gamba é il munchkin, una selezione relativamente recente:



Ma in natura di mammiferi completamente senza gambe, e loro derivazioni, non ce n'è. Eppure molti gruppi, indipendentemente tra loro, hanno adottato una stile di vita sotterraneo ma gli arti sono rimasti, anche in quelli che scavano con i denti, come l'eterocefalo glabro 

 

Probabilmente ha a che fare con la presenza delle cure parentali: per scavare tane capienti in cui partorire e nutrire i piccoli, spostare i detriti  e non, semplicemente, muoversi nel sottosuolo, ci vogliono vanghe biologiche. Le talpe dorate hanno addirittura perso gli occhi ma hanno mantenuto le zampe, corte, ma le hanno ancora 

 

C'é qualche prova mooolto indiretta di possibile mancanza di gambe per un antico parente scavatore dei ricci (la presenza di vertebre cervicali compresse e rinforzate). In realtà non si é mai trovato uno scheletro completo e quindi l'assenza di arti resta un’ipotesi, neanche tanto probabile per alcuni. Per ora comunque lo disegnano senza gambe
 
 


Quale che sia il motivo, simil-serpenti pelosi non se ne sono mai visti... fino a marzo di quest’anno Furry Green Snake Found In Thailand - YouTube (fake?)





lunedì 15 agosto 2022

Legs! (Prima parte)

By Robo

 

Le gambe noi le diamo per scontate. Non é stato così per la maggior parte della storia di noi vertebrati, cioè animali con un cranio e una struttura rigida e longitudinale di sostegno fatta di ossa ad hoc.

 Le gambe le abbiamo acquistate quando da pesci siamo diventati anfibi e abbiamo cominciato a camminare sulla terraferma; prima, di gambe, non ne avevamo mai avuto bisogno. In questo gli artropodi (crostacei, insetti, e affini) ci hanno battuto sia nella tempistica, avendo sviluppato le gambe decine di milioni di anni prima di noi, sia nel numero perché noi più di 4 non ne abbiamo mai avute mentre gli artropodi partono da 6 e arrivano molto più in là con un record di oltre 1300 in una specie di millepiedi 

I loro arti e i nostri però sono strutture analoghe: stessa funzione, derivazioni diverse, questo perché ognuno dei 2 gruppi é andato per la propria strada centinaia di milioni di anni fa. 



Comunque ad un certo punto una linea di pesci si é adattata gradualmente ad uscire dal suo ambiente liquido, probabilmente proprio per mangiare quegli artropodi da tempo presenti sulla terra asciutta.

I pesci NON hanno deciso di uscire dall'acqua scientemente e le loro pinne NON si sono conseguentemente trasformate a poco a poco in zampe come il linguaggio spesso usato nella divulgazione scientifica potrebbe far pensare.

É successo che specie che avevano, in precedenza, sviluppato pinne carnose che li agevolavano in acque basse e con vegetazione esuberante, ebbero selezionate come vincenti, per la fitness riproduttiva, modifiche casuali della struttura delle pinne e del comportamento predatorio. Vincenti non rispetto ai loro conspecifici rimasti in acqua che continuarono a fare ciò che avevano fatto fino a quel momento, ma perché i nostri pre-cursori (mai il vocabolo fu più centrato) occuparono una nuova nicchia ecologica, prima vuota. La cosa non accadde improvvisamente e i fossili ce lo dicono; fu un fenomeno graduale, durato decine di milioni di anni, con fondi ciechi (l'estinzione é sempre dietro l'angolo) ma alla fine portò agli anfibi veri e propri che avevano le gambe e sapevano come usarle 




Tutto il fenomeno della conquista della terraferma é stato un mirabile esempio di esattamento per cui una struttura (le pinne carnose) che era stata selezionata in specifiche condizioni ambientali, si é poi rivelata utile a un'altra funzione: la selezione naturale è ergonomica.


Dai fossili estrapoliamo (per il momento) che solo un gruppo di pesci, alla fine, conquistò la terraferma, e noi vertebrati terrestri discendiamo tutti da quel gruppo. Sarebbe interessante se vi fosse stata una seconda e una terza uscita, magari con animali a sei gambe, ma al momento pare non sia accaduto, anche restando nell'ambito del numero canonico di arti. 

Questo sul pianeta Terra, su Pandora invece molti vertebrati-like hanno sei gambe. Come esempio, sotto, un Thanator, il carnivoro terrestre apicale. 



Ci sarebbero 3 motivi per cui, su Pandora, la maggioranza degli animali ha 3 paia di arti:

  1. Il loro antenato comune li aveva
  2. Il pianeta ha una gravità del 20% in meno minore che sulla terra, e avere 2 gambe in più non rappresenta quindi un costo metabolico rilevante come sulla Terra
  3. Il pianeta ha un’atmosfera più densa del 20% (per la quantità di Xeno) e, per vincere la resistenza all’avanzamento, un paio di gambe anteriori supplementari darebbe un vantaggio

Almeno così pensano gli sceneggiatori di Avatar e credo non sarà possibile provare il contrario 


Ci sono anche quelli che le gambe non le hanno mai avute, i lombrichi (phylum Anellida) ad esempio, fanno senza da sempre e se la cavano benissimo, sono animali ipogei e si nutrono della terra stessa che inghiottono: ne assorbono la sostanza organica presente e poi la espellono. Sostanzialmente si nutrono del substrato in cui si muovono. 

Sotto la versione mammut del lombrico 

 


 

Non distanti dai lombrichi sono le sanguisughe, meno amate per la loro attitudine vampiresca; seppur parenti non sempre però vanno d'accordo

 

 

Se c'é bisogno di muoversi in superficie le gambe però sono innegabilmente utili, eppure ci sono animali che, dopo la fatica evolutiva fatta per svilupparle le hanno perse in un secondo momento.

I più famosi tra quelli in cui la selezione ha operato una riduzione delle appendici motorie sono i serpenti o ofidi.

Si pensa che i primi antenati degli attuali serpenti fossero animali simili a lucertole che persero gli arti adattandosi ad una vita sotterranea o acquatica, non è certo. Solo in alcuni di loro, i boidi, restano vestigia di quelle posteriori ridotte a piccoli uncini per bloccare la femmina nell'accoppiamento. 

 

Hanno inventato diverse cose i nostri amici striscianti: 

1) il veleno. Quasi sempre venom, ossia per agire deve entrare in circolo, non poison, ossia per agire sono sufficienti contatto o ingestione; questo a parte il cobra soffiante che può sputarti negli occhi il veleno che, da lì, può passare in circolo.

In una classifica per quanto riguarda la potenza del veleno, stravince l'Australia, sempre molto competitiva e non solo nei serpenti (cubomeduse, pesci pietra, polpi ocellati...), anche nei mari ci sono serpenti velenosissimi ma sono difficili da incontrare e/o poco aggressivi. Alla fine il serpente che fa più morti non é quello col veleno più potente e neppure il più aggressivo ma un torpido killer con denti come siringhe: la vipera di Russel (Duboia russelii). Lei ammazza ogni anno migliaia di poveri contadini indiani per mancanza di soccorso medico; il rischio é così alto perché la si incontra nel (sub-) continente sbagliato 




Se andiamo a contare il numero totale di morti i serpenti, come categoria, sono sul podio ma non vincono 

 



I serpenti non sono gli unici rettili con un morso velenoso ma gli altri si contano nelle dita di una mano, precisi: il mostro Gila della California, il suo cugino messicano, una specie di dragone barbuto e due varani tra i quali il drago di Komodo. Però, più passa il tempo, più i dati genetici dicono che la capacità di produrre veleno é molto antica nei rettili. 

Di seguito Heloderma horridum, il mostro Gila




2) la percezione degli infrarossi, il massimo per cacciare caldi mammiferi al buio. Tramite organi specializzati, le fossette termiche, poste sul muso

La massima efficienza di questo sistema di visualizzazione si ha nei crotali (serpenti a sonagli) che riescono a interpolare le differenze quantitative nel segnale delle 2 fossette e valutare la distanza della preda a sangue caldo; una sorta di vista in 3D agli infrarossi 

 

3) la dislocazione della mandibola per inghiottire prede che altrimenti non entrerebbero nelle fauci, visto che i serpenti non strappano pezzi di carne e non masticano 



4) l'uccisione tramite costrizione che, secondo un recente studio, non soffoca le prede ma impedisce l'afflusso del sangue agli organi interni e al cervello, fermando il cuore in pochissimo tempo; tale evento verrebbe monitorato dal serpente, tramite il contatto, per decidere quando sciogliere le spire.


Anche gli spostamenti sono peculiari senza le gambe, ma non c'è un unico modo, bensì 4 diversi




Non posso non citare alcune specie che spiccano per alcune caratteristiche:

1. L'anaconda verde (Eunectes murinus). Il più grosso (non il più lungo) di tutti, il peso degli adulti può arrivare a 70kg, che é tanto per un serpente, con un record registrato di 97,5kg. Nuotatrice provetta, ha denti molto aguzzi e mangia tutto ciò che riesce a catturare; si dice che solo gli alligatori grossi, i giaguari e le lontre giganti (per l'agilità) siano fuori della sua portata




2. Il cobra reale (Ophiophagus hannah), il re dei serpenti velenosi, forse il re di tutti i serpenti, con denti così lunghi da forare la pelle di un elefante e tanto veleno da poterlo uccidere. Ma di elefanti e uomini o altri mammiferi non gliene cale al cobra reale, lui si nutre di altri serpenti




3. Il mamba nero (Dendroaspis plylepsis), uno dei più temibili. Non perché sia il più velenoso (anche se é alto in classifica) ma perché é grande, presente in molteplici ambienti (per fortuna nessuno out of Africa), molto aggressivo (non scappa) e molto veloce (può inseguirti e prenderti se scappi tu). Otre che impressionante quando apre la bocca e lì capisci perché lo chiamano così perché le squame non sono nere affatto...




4. Langaha madagascariensis, per la forma del muso, unica.

Sotto, dall'alto in basso, prima il muso del maschio poi quello della femmina, non si conosce la funzione d'uso di un simile adattamento 




5. Atheris hispida, una vipera africana che ha squame ispide che le conferiscono un aspetto unico

 



6. Pseudocerastes urarachnoides, una vipera iraniana che ha la coda più eccezionale tra i serpenti. Diversi serpenti usano la punta della coda come esca, ma solo questo ha le squame che riproducono vagamente un artropode per attrarre gli uccelli di cui si ciba




7. Chrysopelea paradisi. L'unico e solo serpente volante, in realtà solo svolazzante. Un bellissimo serpente che può allargare le coste per appiattire il corpo e planare da un albero al suolo in caccia di lucertole e rane. Nella foto si vede la forma appiattita del corpo e dove esso cessa, in corrispondenza della coda (perché anche i serpenti hanno la coda!)





8. Per ultimo Morelia viridis, un pitone arboricolo che di particolare ha il fatto che si annoda letteralmente per riposarsi sui rami e che cambia colore con l'età e a seconda del luogo di provenienza. Forse il serpente più desiderato dagli erpetologi;

a) e b) forme giovanili, c) adulto e d) una selezione di colore




 

La mia bimbominkietudine mi impone di citare Titanoboa, il più grande serpente di cui si siano trovate tracce fossili, specificatamente alcune enormi vertebre (sotto con una ricostruzione)









To be continued…



Legs! (Seconda parte)