Io (premessa)
Ho assistito insieme ad attempati coetanei, all'affascinante esibizione policroma degli Yes;
ho condiviso con ragazzotti dark, borchiati e tatuati, l'esperienza della furia musicale dei Dream Theatre (noi, appena usciti dal lavoro, in giacca e cravatta);
ho ascoltato un redivivo Neil Young immerso nell'affascinante cornice architettonica della piazzetta barocca di Piazzola sul Brenta;
mi sono lasciato ammaliare dalla ipnotica tromba di Enrico Rava in un fumoso teatro tenda, dove le scarpe si appiccicavano ad ogni passo a sostanze misteriose.
La musica unisce, la musica accomuna.
L'esperienza recentemente avuta al Freak Out di Bologna, e' comunque stata particolarmente eccentrica.
Il luogo e' una specie di Estragon in miniatura, un tipico locale alternativo, ben conosciuto da chi frequenta la notte musicale bolognese.
Di solito gli spazi da concerto sono annunciati da luci, manifesti ed accessibili parcheggi.
Qui, nulla di tutto cio'.
Il Freak Out (il dove)
Da uno dei cavalcavia che sorvola la sottostante ferrovia e porta verso il centro della citta' (una normale strada di passaggio piena di lampioni e gente che si affretta seguendo normali e metodiche direttive), si scende per una scalinata stretta e sporca fino ad una zona residenziale fitta di grattacieli condominiali, la cornice di una apparentemente normale periferia cittadina.
Ma, appena arrivati alla fine della discesa, si entra in un mondo "a parte", che di "normale" non ha nulla.
Lungo i binari, sfilano una fila di caseggiati malconci, illuminati da piccole oasi di luce giallastra.
Girato l'angolo scivolo in un passaggio maleodorante, che attraversa il cavalcavia soprastante, tra pareti fitte di murales mezzo sbiaditi, verso l'ignoto.
Solo mucchi di "roba", che riposa nel buio.
Non essendoci alternative, decido comunque che sia la direzione giusta.
Fatti pochi metri, un bivio.
Prendo a destra, e finisco davanti ad un club prive' di non chiara destinazione.
Ma ancora non e' quello che cerco.
Di fianco all'entrata una scritta a pennarello nero sui mattoni scrostati dichiara : "Freak Out is here", e mi conferma di essere giunto a destinazione.
Bene.
Ovviamente, essendo arrivato due ore prima, il locale e' vuoto.
Accanto all'entrata, un tazebao di spessa carta bianca alto due metri, riporta a penna tutti i prossimi concerti.
Di gruppi a me completamente sconosciuti.
Ma il programma e' ricco, testimonianza dell'intensa vitalita' del locale.
Lentamente comincio a respirare un'aria familiare, un'atmosfera solida e concreta, il residuo acre ed intenso che la musica lascia nei luoghi in cui e' stata, anche dopo che le luci si sono spente.
L'ho rincorso da un po' di tempo, ed infine l'ho trovato.