SASS PORDOI-2014. Il tempo virtuale
Appena scesi dalla funivia, come da un'astronave dopo un lungo viaggio siderale, si spalanca davanti ai nostri occhi famelici un immenso oceano di roccia bianca, onde cristallizzate in riccioli di pietra come spuma di mare, quel mare che in fondo era, 25 milioni di anni fa.Un mondo alieno, sospeso sul nulla.
Era quasi inevitabile fantasticare su cio' che in realta' e' durato solamente una manciata di minuti, il percorso da valle al cielo, nella cabina stipata di viaggiatori, che sembra davvero averci portato ai confini del mondo conosciuto.
Come tanti piccoli Dei Asgardiani, attraversiamo solennemente il Ponte dell'Arcobaleno e finalmente giungiamo in vista della Citta' Galleggiante, coronata da soffici nuvole, sotto un cielo di un azzurro che ferisce, e che spinge la vista a spingersi oltre il limite dell'orizzonte.
Piantato nel mezzo come una Torre di Guardia, c'e' il cono rovesciato del Piz Boe' con la sua piccola ferrata, che ti prende per mano e ti porta ben oltre i tremila, regno iperuranico finalmente raggiungibile per noi semplici amanti della montagna con qualche velleita' alpinistica.
La salita, purtroppo penalizzata dalla sua facilita', e' intasata da gitaroli dall'improponibile fisicita', ma finisce per essere in fondo meravigliosamente lenta.
Ci sentiamo un po' Bonatti, sperando che egli non cada dall'empireo dal troppo ridere, mentre arranchiamo tra speroni di roccia mille volte calpestati, ma ancora vergini nella nostra fantasia che continua a galoppare instancabile.
Giunti in cima, ci si trova improvvisamente al centro del Tutto : intorno e sotto il gruppo del Sella, la Marmolada, l'Alpe di Siusi, la val di Fassa e di Fiemme.
L'intero anfiteatro dolomitico giace ai nostri piedi, alla portata della macchina fotografica.
Ecco, qui sta l'inghippo.
L'italiano medio (io, noi), in queste situazioni da il peggio di se stesso.
Colto dalla patologica necessita' di immortalare l'epico momento, invece di goderselo insieme ad un meritato riposo, estrae lo smartphone, che ha barbaramente sostituito qualunque tipo di reflex, inserisce la modalita' "panorama", e cerca di sfruttare la felice posizione roteando lentamente passo dopo passo, fotogramma dopo fotogramma, come un danzatore sufi al rallentatore, per ottenere, non l'estasi divina, ma piu' banalmente una foto onnicomprensiva da mostrare agli amici, come un trofeo di caccia, come un frammento di realta' portatile, eterno ed immutabile.
L'esito e' scontato: una decina di faticosi tentativi di coordinare occhio digitale ed umano, col solo risultato di aver ottenuto un'immagine assolutamente irreale, una mostruosita' senza forma, al costo di un paio di diottrie e di tutto il tempo che ci si era concesso, prima della ripartenza.
E dire che la scoperta delle foto panoramiche ci aveva eccitato, e ci sentivamo pure all'avanguardia, ormai padroni di queste nuove splendide, ammalianti novita'.
In realta' non e' cosi'.
LONDRA-1792. Il tempo delle idee
Il piccolo Louis, in vacanza nella capitale inglese con tutta la famiglia, e' un bambino fortunato.
I suoi 5 anni non gli permettono ancora di valutare appieno questo fatto, ne' sa che tra breve fara' l'esperienza piu' importante della sua vita, ma sicuramente e' impressionato da quella strana costruzione che sembra un enorme tendone da circo, ma tutto di legno, e verso cui il padre lo sta portando, la piccola manina stretta nella sua.
Egli, impiegato reale di alto livello, e' riuscito ad ottenere i biglietti d'ingresso per questa nuova forma di intrattenimento, di cui tutta l'Europa sta parlando e di cui egli sa poco o nulla.
La struttura, situata a Leicester Square, e' davvero imponente e non solo per un bambino di 5 anni.
Piu' le si avvicina, piu' al piccolo Louis ora sembra un'enorme ciambella, ripiena di chissa' quali golosi misteri.
Il padre lo conduce su di una lunga rampa di legno, verso il bigliettaio in divisa rosso fiammante, il quale, dopo aver osservato con attenzione i due piccoli cartoncini colorati, le chiavi d'accesso per il regno oscuro che s'intravede gia' dietro i pesanti tendoni di velluto, li spalanca con un rapido gesto, come fosse il sipario di un palcoscenico, permettendo finalmente ai nuovi arrivati di entrare nel misterioso cuore della strana costruzione.
L'interno e' immerso in un'oscurita' macchiata qua e la dalla luce di qualche candela, e fitta di brusii di trepidazione da parte del pubblico stipato nell'enorme spazio circolare. Il bimbo non ha paura, si fida della mano del padre, che ora lo prende sulle spalle per fargli vedere meglio, ed aspetta eccitato, insieme agli altri.
Ad un tratto si leva una leggera musica orchestrale, in un crescendo pieno di aspettative, che improvvisamente culmina con l'accendersi di una selva di lampade a gas che illuminano a giorno l'ambiente.
Luci e suoni.
E la citta'.
Perche' e' questo che e' apparso e che attrae gli sguardi rapiti di tutti gli astanti: Londra, ovunque il bimbo e gli altri volgano lo sguardo.
Tutto intorno a loro Westminster, Saint Paul, la Torre, l'enorme ponte di ferro col Tamigi che gli scorre sotto.
E poi strade, piazze, chiese.
Tutto sembra vivo e a portata di mano. Sembra che basti allungarla per sfiorare muri ed alberi, animali e persone. La parete circolare e' un immenso dipinto ad olio alto almeno 5 metri, che rappresenta una panoramica a volo di uccello sulla metropoli inglese.
Il bimbo gira su se stesso con la complicita' del padre, ed e' ipnotizzato da cio' che vede.
La citta' lo circonda, come e piu' che nella realta', lo avvolge in un abbraccio familiare,ed egli si perde nelle sue vie, in mezzo alla gente immortalata nella loro quotidianita', e gli sembra che a volte quei visi ricambino i suoi sguardi, e lui continua a roteare, per cogliere un qualsiasi loro movimento, fino ad avere una leggera vertigine che lo fa ridere di gusto, e il padre con lui.
Il piccolo Louis Daguerre, questo il nome del bimbo, si ricordera' per sempre di questo momento, soprattutto qualche decennio piu' tardi quando, dopo essere stato per anni allievo del piu' grande pittore di panorami francese Pierre Prevost, sviluppo' l'idea dei diorami, antenati dell'attuale 3d, e del loro utilizzo negli spettacoli teatrali.
Robert Barker fu il pittore di origini irlandesi autore del primo esempio europeo di panorama ed anche brevettatore della parola stessa, e la cui moda dilago' nel secolo successivo. Le "rotonde" (cosi' si chiamavano le costruzioni che li contenevano) spuntarono come funghi in tutta Europa, e la gente si sobbarcava interminabili file per riuscire ad ammirarne le meraviglie.
Xu Yang il pittore, prostrato a terra, batte tre volte la fronte sul pavimento in segno di sottomissione, poi rimane immobile lo sguardo basso, aspettando un segnale qualsiasi.
L'enorme salone e' immerso nel piu' completo silenzio, solo i deboli echi del ciabattare di qualche servitore che si affretta nelle sue mansioni, ed il rumore del vento che scivola via tra le colonne, segno che qualche porta da qualche parte e' stata aperta per farlo passare.
Xu Yang dentro di se e' felice, anche se non lascia trapelare nulla. E' riuscito a completare Il lavoro che lo ha impegnato per ben 24 anni, e ora finalmente attende il responso finale. L'oggetto di tutte le sue aspettative giace davanti a lui, tra il suo orgoglio e il necessario, atteso giudizio.
Colui che deve elargirglielo, lo osserva dall'alto del suo trono, anch'egli per ora in silenzio.
L'Imperatore Qianlong la testa invece la tiene ben alta ed osserva, non certo il vecchio pittore, ma la sua creazione, un lieve sorriso sotto i baffi sottili. Egli, sovrano illuminato della dinastia Qing, e raffinato poeta, e' soprattutto un vero appassionato d'arte. L'opera al centro di questo episodio e' un rotolo di ben 12 metri, sostenuto da altrettanti valletti, fermi in piedi tra i due protagonisti, le braccia tese davanti a loro, e solo una sala enorme come quella in cui l'imperatore tiene le sue udienze avrebbe potuto contenere quell'oggetto immenso.
Il dipinto rappresenta la citta' di Suzhou, che ha dato i natali al vecchio Xu, e che glorificata fin dai tempi di Marco Polo, e', non a caso soprannominata la Venezia d'Oriente.
Cresciuta sulle rive del fiume Azzurro, e' la citta' degli innumerevoli ponti, quasi tremila, dei meravigliosi giardini, dei mille corsi d'acqua percorsi giorno e notte da barche commerciali e private. Il rotolo di Suzhou, la cosiddetta "Citta' dipinta", riproduce tutto cio' fin dei minimi dettagli.
La Citta' dipinta. Particolare |
Nella sua opera infatti la ricchezza dei particolari e' impressionante, la fedelta' con cui sono stati riprodotti, quasi soprannaturale.
Improvvisamente un lieve fruscio come di vesti trascinate a terra, rompe il silenzio, forte nella testa di Xu come il suono di un enorme gong di bronzo. Egli si riscuote dal vigile torpore in cui era caduto, e non riesce a fare a meno di sollevare leggermente lo sguardo, incuriosito.
A pochi metri incrocia lo sguardo dell'imperatore, che cosa impensabile ed impossibile, lo sta scrutando al suo stesso livello, con profonda attenzione.
Xu e' allibito e trema tutto.
Qianlong sorride di rimando e, in segno di rispetto per lui, per la sua arte e per il suo capolavoro che ora li sovrasta come una tettoia di carta, batte anch'esso tre volte la fronte sul pavimento.
Questa meraviglia artistica ha ben pochi termini di paragone anche all'interno di quel mondo ancora molto chiuso della Cina imperiale (e' solo da poco che essa aveva iniziato una ancora timida apertura nei confronti dell'Occidente che da sempre considerava una terra di barbari incivili e priva di alcun interesse artistico e culturale), e quasi si potrebbe pensare, e sicuramente molti lo avranno fatto, che non fosse mai esisto niente del genere al di fuori di esso.
In realta' non e' cosi'.
NORD DELLA FRANCIA-1792/1066. Il tempo del sangue
La lunga fila di carri arranca nel fango.La strada maestra che conduce verso la prima linea di guerra, si e' trasformata da giorni in un ininterrotto fiume di detriti portati dalla piena, un oceano impossibile di rocce, alberi e carcasse di animali lasciati li ad imputridire da un mondo disattento o troppo impegnato a distruggersi in nome del piu' puro e cieco odio.
Il capitano della guardia nazionale Lambert Leforestier, osserva tutto cio' dall'alto di una collina, immobile sotto la tempesta, sul suo cavallo bianco,
Il lungo serpente si snoda lento ai suoi pedi, sotto un cielo grigio che scatarra su ogni cosa la sua ira incondizionata fatta di pioggia e vento, con la solita imperturbabile democrazia della natura, che non fa distinzioni tra buoni e cattivi, vivi o morti. La carovana e' composta da una serie di malandati veicoli che portano armi e masserizie verso il fronte dove da mesi ormai repubblicani e monarchici si stanno scannando in nome dei propri ideali di verita' e giustizia, in quel vortice di follia e di esasperata sete di vendetta che dopo la presa della Bastiglia e l'inizio della Rivoluzione Francese, ha sconvolto tutto il paese.
La furia iconoclasta dei repubblicani ha investito ogni simbolo della religione di stato, spogliando chiese e monasteri, distruggendo e requisendo croci e paramenti sacri per trasformarli in qualcosa di utile alla causa, come armi, cibo, vestiari ed ogni genere di suppellettili.
Improvvisamente tra le nubi si apre un piccolo spiraglio, da cui una stilettata di sole incendia un fuoco solitario in mezzo a quel mare di grigio uniforme.
Il capitano volge lo sguardo cogliendo quel bagliore con la coda dell'occhio. La copertura di uno dei carri scintilla di un oro accecante, ed in mezzo a quella luce improvvisa appare un guerriero in armatura, lancia in resta che guarda verso il cielo.
L'immagine e' fuorviante, quasi un'apparizione immateriale, eterea ed apparentemente irraggiungibile, anche se perfettamente logica nel clima che si respira, di morte e dolore.
Leforestier gira bruscamente il suo cavallo e si getta dalla collina galoppando verso quella strana apparizione prima che essa sparisca nella polvere che gia' si sta depositando.
Dopo aver intercettato il responsabile di quella immensa carovana, gli ordina perentorio di fargli osservare da vicino l'oggetto che lo ha incuriosito.
Inchiodato ai bordi del carro ricolmo di armi a farne da temporanea copertura per le intemperie, sta un frammento di arazzo raffigurante una scena di battaglia. E' quasi un miracolo che sia sopravvissuto in mezzo a tanta distruzione, e che sotto strati di sporcizia e sangue rappreso, la sua trama dorata ancora risplenda come fosse stata appena intessuta.
L'intervento del capitano e' salvifico. Comanda di togliere la preziosa opera d'arte e che essa gli venga immediatamente consegnata insieme al resto del disegno che sicuramente giace da qualche parte in qualche magazzino.
La voce autoritaria sortisce l'effetto voluto, anche se dietro ad un pallido sorriso ed una ruvida barba brulicante di pidocchi, il giacobino che ha avuto il perentorio ordine, nasconde una gran voglia di mettere fine alla discussione con un rapido colpo di spada.
La missione del capitano Lamber Leonard Leforestier, era proprio questa : preservare la sacra reliquia dal delirio brutale della guerra, rinnovarne il fulgore e tutta la sua importanza simbolica.
L'arazzo di Bayeux (e' di questo che si sta parlando) e' un lungo film ricamato su tela di lino, una panoramica di circa 68 metri che percorre cronologicamente tutti gli avvenimenti della battaglia di Hastings (14 ottobre 1066), snodo cruciale dell'invasione normanna dell'Inghilterra, e vero e proprio punto d'inizio della sua storia come nazione riconosciuta.
Fortemente voluto dal vescovo Oddone per celebrare l'impresa di Guglielmo il conquistatore, di cui fu per anni guida spirituale e compagno d'armi, ogni anno veniva appeso alle navate della cattedrale per celebrare l'episodio con tutti gli sfarzi del caso, e rendere partecipe il popolo analfabeta dell'importanza dell'evento, in modo tale che chiunque potesse toccare con mano, o sfiorare con gli occhi, un frammento fondamentale di Storia nazionale, per sempiterna gloria di Guglielmo e dei suoi successori.
Un immenso panorama come un racconto per immagini, che meglio di qualunque esposizione orale, poteva rendere fede del dramma che si era consumato, e al prezzo di quante vite umane si erano poste le fondamenta per la nascita di un'intera nazione.
Siamo da sempre ossessionati dal tempo che passa, e dalla necessita' di fermarlo in qualche modo, anche solo cristallizzandolo in tanti piccoli frammenti immutabili.
Apparteniamo ad una cultura basata sulle immagini, che siano esse immobili o dinamiche, artistiche o simboliche, e ne siamo schiavi, nell'urgenza di utilizzarle come tanti tasselli per il nostro personale immenso mosaico a futura immortale memoria.
Rappresentazione spettacolare, elegia imperitura o propaganda di regime.
Necessita' atavica di rappresentare la realta', di cui i "panorama" sono solo un esempio, in tutte le loro rappresentazioni, anche le piu' antiche come i bassorilievi assiri o i graffiti preistorici, antesignani del cinema, della fotografia, del libro.
Come impronte sul terreno della storia, bandiere piantate sul confine dell'infinito, li' a proclamare al mondo che verra' che noi c'eravamo.
Per sempre
P.S.
I personaggi storici e gli accadimenti a loro connessi sono assolutamente veri.
Lo svolgimento dei suddetti e' frutto della fantasia del sottoscritto.
Il senso del post si raggiunge a lettura inoltrata ed io credo di averlo ravvisato. O almeno... il mio :)!
RispondiEliminaOgni cosa, anche quella tecnologicamente più nuova, è comunque in relazione con l'immaginazione ed il pensiero dell'uomo che nel tempo rimane lo stesso anche se gli strumenti per stimolarlo diventano sempre più sofisticati.
Partendo dal "panoramino" tascabile digitale, retrocedendo nel tempo e nello spazio il senso di meraviglia aumenta. Si riscopre la gloria dello sforzo e dell'ingegno contro la nullità dei risultati ottenuti facilmente, quasi regalati e quindi privati del loro valore e senso.
Ho saputo anche dell'esistenza di alcune opere che di sicuro ricercherò!
Quindi... grazie Steve!
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RispondiEliminaPrego:)
Eliminasono quattro situazioni che secondo me fotografano bene il ruolo dell'immagine nella storia umana , dai grandi fatti storici ai piccoli eventi personali..
concetto che si evolve nel tempo ma che fondamentalmente rimane un modo per affermare la nostra esistenza o, supposta, importanza.
Ogni manifestazione umana e' ego-centrica. l'arte soprattutto.
Bellissimo...panorama. Non conoscevo i fatti storici (neanche il tuo personale), avevo solo sentito parlare dell'arazzo di Bayeux. A me questo post fa pensare, oltre a quello che ha detto già FaBio sugli strumenti tecnologici che riproducono una necessità visiva in passato ricercata con altri mezzi, al panorama in sé. Non solo visivo, concettuale. Ossia il valore di vedere ogni cosa in un'unico frame, ogni dettaglio della realtà lì ben presente, senza sacrificare la complessità ma rendendola tutta assieme nello stesso posto. Vorrei riuscirci con il mio lavoro o la mia vita. Un panorama di me. É un post originalissimo Stef e ispirato.
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