FEDELI ALLA LINEA: BREVE STORIA DELLA STAMPA A FUMETTI DI SINISTRA
Già a fine ottocento era uscito un giornale di orgogliosamente dichiarata ispirazione socialista, ma ancora senza alcun collegamento diretto con il Partito, i Figli del popolo del 1894, pubblicato a cura della sezione maestri e maestre della Camera del lavoro di Milano.
Esso cercava di parlare ai figli degli operai insegnando loro, oltre alla dignità di un lavoro che non fosse sfruttamento, l'utilità dell'associazionismo, il giusto rivendicare i propri diritti e rifiutare qualunque subalternità rispetto a classi più elevate.
Cercava, dicevo, perché questo suo lettore ideale non coincideva con quello reale che non era il figlio dell'operaio, spesso scarsamente alfabetizzato e al quale si poteva semmai arrivare tramite il genitore, ma quello del borghese.
L'opuscolo, esattamente come la Strenna Minima Socialista, usciva periodicamente sfidando le autorità costituite (erano i tempi dei cannoneggiamenti dei cortei di protesta da parte del generale Bava Beccaris), e invitava chiaramente alla militanza attraverso brevi raccontini esemplificativi. Tramite la parola, insomma, perché il fumetto era ancora considerato diseducativo (l'antica e mai sopita diatriba tra reale e fantastico).
Dopo la veemente propaganda degli inizi e la semplice intenzione educativa delle proposte successive, nel 1911 si arrivò finalmente a convincersi dell'utilità di utilizzare l'aspetto puramente ricreativo dell'operazione. In quell'anno esce il mensile Primavera, dove appaiono le prime fiabe a quadretti, come verranno chiamate molto più tardi, disegnate da giovani artisti come Antonio Rubino, Bruno Angoletta e Sergio Tofano, al quale seguì, otto anni dopo, con la stessa impostazione, il
Germoglio (1919-1920) il "settimanale pei fanciulli", in questo caso direttamente prodotto dal Partito Socialista e, successivamente, il più incisivo Cuore (1920-1923), "giornale illustrato per i ragazzi", che ebbe vita complicata perché più volte nel mirino dei neonati movimenti fascisti che non si ponevano problemi nel combattere l'avversario a suon di devastazione e distruzione.La presa di distanza con il C.d.P. rivista considerata guerrafondaia e borghese, decisamente opposta al loro pacifismo e all'obiettivo di parlare al proletariato, era ben evidente.
Da una parte si attaccava il clero, reo di predicare bene ma di razzolare male, dall'altra si difendeva e si spiegava il socialismo, che non era una brutta parola né un demone come veniva dipinto dall'opposizione.
Sotto la cenere del rogo ideologico fascista covavano comunque alcune piccole, tenaci fiammelle.
Il neonato Partito Comunista, dopo la scissione del 1921, promosse una propria campagna propagandistica iniziando a distribuire un giornaletto con le solite storielle in rime baciate.
Il Fanciullo Proletario, uscito in numero unico il 10 settembre 1922 a pochi giorni dalla marcia su Roma e poi in clandestinità dal 1927 al 1930 anche dopo la morte, nel 1928 probabilmente in seguito alle torture subite, di Gastone Sozzi, ideatore ed autore, conteneva, tra l'altro, le avventure, scritte e disegnate da Luigi Simonetti, di Comunello e Proletino, perennemente in lotta con il bulletto Fasciolino ai quali, nella seconda fase di pubblicazione durante la clandestinità, si aggiunse Spartachino.
Il primo dei tre, robusto e senza paura, pura incarnazione del Partito, proteggeva l'amico, magrolino e deboluccio, simbolo del proletariato, dalle angherie dell'odioso balilla, il fascista a tutto tondo.
Il giornale, soprattutto durante la sua seconda vita, non usava certo mezzi termini per educare i giovani lettori alla lotta contro il fascismo, come si evince dallo slogan in prima pagina: "Vogliam del pane per i bambini o la testa di Mussolini!"
L'iniziale intento di educare il giovane proletariato a far valere i propri diritti con semplici scazzottate con il bulletto di turno, che in quel caso aveva manganellino e camicia nera, divenne una vera e propria chiamata alle armi contro il fascismo.
A questo attacco diretto, l'antagonista rispose con le storielle di Balillino e Bolcevicco, pubblicate sulla rivista Il Balilla, anch'esso, ovviamente, organo dell'adolescenza italiana.
Esemplificativa
la dichiarazione d'intenti che stava in un articoletto sul numero
unico del Fanciullo
e diretto ai circoli infantili: "Noi
intendiamo, attraverso la nostra organizzazione, a gettare negli
animi ancora vergini dei fanciulli, il buon seme destinato a
germogliare a a dare buoni frutti."
I
giovani perciò non avevano scampo: tutti si contendevano l'accesso
alle loro menti incontaminate.
Anche la sinistra tornò ad avere le proprie riviste per ragazzi che ne difendessero i valori laici e che, soprattutto, riuscissero finalmente ad essere distribuite alla luce del sole.
Nel 1949 uscì Il Falco Rosso, organo ufficiale dell'AFRI (Associazione Falchi Rossi Italiani), il movimento giovanile del partito socialista.
Disprezzando il fumetto americano d'avventura, che invece stava tornando trionfalmente nelle edicole, perché giudicato troppo violento, razzista e diseducativo, la rivista, prodotta con poveri mezzi, decise di utilizzare le solite fiabe a quadretti in stile C.d.P., che pur rimaneva il suo acerrimo nemico.
Il
personaggio simbolo, creato da Antonio Pastorino, era Pifferino,
adolescente disoccupato ma sempre presente in scioperi e proteste e i
cui nemici erano chiaramente identificabili: Fattore
il padrone, Celerino
il poliziotto, Corrierino
il borghese.
I messaggi erano sempre quelli: riscatto sociale, libertà, pace e scolarizzazione.
In merito a quest'ultima, Pochintesta Senzasale, zuccone ignorante che, dopo un'adeguata educazione scolastica diventava Piendisale Moltointesta.Nel
1950 esso passava il testimone al Il
Pioniere
di area comunista,
fondato, insieme a Dina Rinaldi, da Gianni Rodari che ne fu anche
prolifico autore. Uno dei personaggi, spesso vegetali antropomorfi
come a richiamare quelli disneyani cercando però una propria
originalità, era Cipollino,
che
divenne
poi simbolo della testata.
1945: sono gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale.
Gli alleati, sbarcati in Italia, dilagano sulla penisola e la liberano dalle sacche di resistenza fascista, appoggiati, spesso anticipati, dai partigiani.
Il popolo che li sostiene inizia a crearsi le proprie icone salvatrici che nulla hanno da invidiare agli eroi americani d'avventura.
Anche
tra le pagine di giornaletti mal stampati e peggio distribuiti si fa
la storia e si combattono aspre battaglie.
Nel 1945 esce nelle
edicole italiane la rivista Pam
il partigiano,
pubblicata dalla casa editrice Il
Cucciolo,
il cui personaggio dall'onomatopeico nome, contribuisce a mitizzare
le gesta eroiche di questi eroi popolari con un'immediatezza storica
da instant
book.
L'intenzione era di sostenere le speranze di riscatto, quella pace da tempo desiderata e, perché no, anche la rivalsa di un'Italia stanca ma mai sconfitta.
Le
didascalie in copertina erano
roboanti
ma molto chiare degli intenti che si era prefisso l'autore: “La
storia d’Italia scritta col sangue dei suoi figli”; “Eroismo
Audacia Avventura! Pagine di ardimento scritte dai giovani che nelle
città e sui monti si batterono per la libertà d’Italia”
.
Avrebbero potuto essere i primi passi della fulgida
carriera di un autore completo ed efficace come fu, anche con le
poche prove che ci ha lasciato, Giovanni Camusso in arte Nino Camus.
Invece il destino lo ha condotto verso una precoce dipartita nel 1947, a soli 37 anni, dopo aver visto pubblicati solo cinque albi della sua creatura.
Per la creatura di Nino Camus solo cinque albi pubblicati, dicevo, forse perché l'Italia di allora aveva poco tempo per svagarsi, occupata a guarire le troppe ferite ancora sanguinanti.
In America i partigiani sarebbero diventati inattaccabili simboli di libertà e protagonisti di mille avventure a fumetti; da noi invece piano piano scomparvero dall'immaginario collettivo, almeno quello fumettistico, relegati in episodi cronachistici e con poche fulgide e affettuose eccezioni come ad esempio le Storie partigiane pubblicate su Il Pioniere, le biografie di partigiani famosi come il gappista (appartenente cioè ai Gruppi di Azione Patriottica) Dante Di Nanni sulle pagine di Pattuglia (il personaggio era già apparso nella quarta avventura di Pam: "Gappisti all'opera" del 1946.
Negli anni del dopo guerra si respirava finalmente aria di libertà.
Date le forti ristrettezze economiche e la scarsità della carta venne lanciato il formato striscia sul quale, nel 1948, debuttò Tex.
Il classico albo bonelliano a coste in formato 16X21 a 96 pagine, apparirà solo dieci anni dopo.
I personaggi tutti italiani tornarono ad americanizzarsi.
Furio Almirante, ad esempio, ennesimo personaggio tutto muscoli creato nel 1940 sulla rivista "Audace" da Carlo Cossio e fin dalla sua nascita fulgido esempio di coraggio e morale spiccatamente italiane, nel 1947 indossò una maschera da pseudo supereroe trasformandosi in Furio Mascherato. Fu proprio con questo personaggio che Sergio Bonelli iniziò la sua carriera di editore.
Solo
la censura non accettò l'armistizio.
Non furono i rappresentanti di un regime autarchico ma quelli regolarmente eletti dal popolo ed appartenenti alla Prima Repubblica Democratica, a guardare ai fumetti con occhio torvo e sospettoso cercando di imbrigliarli nelle loro regole morali.
Questo sia da parte della Democrazia Cristiana che nel 1951, tramite due suoi deputati, propose una legge ad hoc, ma anche dalla sinistra comunista che considerava le pubblicazioni americane reazionarie e filo fasciste.
Famoso in tal proposito, fu lo scontro tra Nilde Iotti, da una parte e Gianni Rodari dall'altra, nel quale intervenne anche il segretario di partito Palmiro Togliatti. Questo nonostante Dina Rinaldi,
co-fondatrice della rivista Il Pioniere sul quale Rodari scriveva, fosse iscritta al partito ed egli stesso si dichiarasse un marxista convinto.
Ma tra il dire e il fare passò la necessità di comunicare con i giovani che, come ricordava molto pragmaticamente lo scrittore nel suo articolo, leggono molti fumetti.
Difatti il periodico Pattuglia (1947-1953), che si proclamava rivista per i giovani comunisti e si riconosceva in Alleanza Giovanile, formazione politica comunista, era pieno di storie avventurose che avevano come eroi non poliziotti senza scrupoli o astronauti indomiti, ma partigiani e lavoratori.
Il Pioniere, comunque, affrontò il problema diventando il paladino dei valori comunisti, in netta contrapposizione con quello che invece proponevano i fumetti americani disprezzati dallo stesso Rodari: azione collettiva, educazione culturale, senso della realtà, pace e tolleranza.
Il settimanale, oltre a Cipollino e ai fumetti più realistici di stampo avventuroso, senza mai rinunciare agli obiettivi che si era preposto, raccontava anche le avventure di Chiodino, un Pinocchio meccanico, progenitore di Astro boy o Alita, che, mentre faceva intravedere le potenzialità di un possibile futuro, sottolineava come certi valori fossero eterni e universali.
Il 1984 è il fatidico anno durante il quale muore Enrico Berlinguer e il PCI diventa il primo partito italiano; l'anno della scala mobile e della imponente manifestazione contro l'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi.
Il giornale del Partito Comunista apriva con un orgoglioso: Eccoci! e contemporaneamente dava il via allo sdoganamento della satira ad uso interno e non solo per sbeffeggiare gli avversari.
Intanto si festeggiava, e l'albo che raccoglie le strisce di Bobo, il tenero militante comunista di Sergio Staino, sull'evento, apparve appunto sull'Unità.
Inizialmente riservato agli abbonati del giornale, in seguito fu ristampato dalla Milano Libri.
É stata proprio la sapida matita di Staino a stimolare, con profonda ironia, questo coraggioso e inaspettato salto di qualità, definitivamente consacrato poi con gli inserti di Tango e Cuore dello stesso giornale.
Il fumetto, anche per la sinistra, non era più un demone da esorcizzare.
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