martedì 13 gennaio 2015

Relitto fortunato

di Robo


Io sono in mobilità. Un mobile relitto del lavoro. Un relitto fortunato perché sposato ad un medico, perché senza la responsabilità di figli da mantenere, perché avvolto da una protezione familiare.
Il mio essere relitto non é tale per mia colpa, legato a scarso impegno o frode nei confronti della mia azienda. É il mercato che mi ha espulso. Come un corpo estraneo. E non mi ha rivoluto indietro. Troppo giovane per essere uno di esperienza, troppo anziano per essere uno pieno di entusiasmo fattivo. Ok, doveva andare così. Se avessi figli cui dover negare cose forse sarei meno sportivo, ma se avessi figli forse avrei ancora il lavoro. I sistemi amicali non sono bastati. il pavoneggiamento professionale su LinkedIn non mi riesce. I centri per l'impiego non funzionano. Ci ho provato per conto mio e mi é andata male, così sia. Ho avuto un lungo periodo di inattività. Il problema era trovare cosa fare. Ho scritto e camminato. Camminato e scritto. Una spola giornaliera moglie-madre-moglie-madre-moglie. Chilometri tra le due persone che più mi sono state vicine: mia moglie con una appena celata preoccupazione; mia madre con una grande gioia per avere di nuovo per casa "il suo bambino". Ma non mi bastava, non riuscivo a rilassarmi. Ho sempre preso tutto sul serio, il lavoro come la sua mancanza. L'impegno speso a cercare un posto di lavoro non chetava del tutto la voce che mi diceva di impegnarmi, che quella vita non poteva, non doveva piacermi. Ho vissuto due estati senza concedermi un viaggio, neppure di un giorno, senza concedermi poco di più che una visita ad un amico. Chi non lavora ha meno valore; gli evapora di dosso, a poco a poco. 

Ora come ora sono quasi contento: sto facendo il ronin, il samurai senza padrone. Pago la mia libertà ma sono libero da un'opprimente senso del dovere. Spero di poter dire le stesse cose tra un anno o due. Spero che la mia scelta di "ballare da solo" mi concederà di viverci, almeno. Il massimo sarebbe ridurre un po' il gap salariale con mia moglie. Non che mi freghi che lei abbia introiti così maggiorati, rispetto a me; anzi, si meriterebbe di più. Ma a voler fare le cose assieme io potrei risultare, prima o poi, una palla al piede... economica. 

Ho rivisto i miei clienti, di quando avevo uno stipendio certo e fisso. Di quando il 28 del mese era San Paganino. Chiarisco loro subito che le cose, per me, sono cambiate, che il rischio d'impresa è su di me, che sono contento di vederli (sono sincero), che sono contento di fare questo tentativo (sincero anche qui), che ho bisogno delle loro prescrizioni. Assumo un'atteggiamento con il quale richiedo attenzione e benevolenza, ma non con fare meschino. Credo sinceramente di meritare queste cose. Per la mia storia professionale. Per la mia, sempre presente, attenzione alle loro necessità. Per la mia, sempre presente, comprensione delle loro umane debolezze. Poi spero. Spero di farcela. Come relitto dico ancora la mia.

3 commenti:

  1. Chi non lavora ha meno valore. Perche'? Lo pensi tu o pensi che lo pensino altri? Il problema tecnico lo capisco, quello spiriruale meno. Lo sai che non e' ipocrisia e so che sono un privilegiato. Ma sincero perlomeno. Goditi il tempo che dedichi a tua madre. E ai tuoi pensieri. Potendolo fare.

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    1. Stefano non ho mai sentito che gli altri mi trattassero in modo diverso perché ero disoccupato, anzi semmai ho sentito una vicinanza, una comprensione. Tutto ció di cui parlo riguarda me e come mi sono visto in quel periodo.

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  2. Pensa positivo, cerca di fare cio' che ti piace e vai in vacanza con tua moglie che la vita è breve e bisogna godersela! Siete una famiglia e si condividono gioie e dolori, guadagni e spese...
    "Palla al piede economica?!" Non si può sentire proprio!
    Spero comunque che potrai presto vivere di ciò che fai, l'onestà alla fine paga e ritornerà anche il tuo momento!

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