martedì 30 dicembre 2014

Il Guardiano del Faro


Da sempre.
Da tanto tempo da non ricordarsene più. Accompagnare il fascio luminoso con il proprio sguardo; lasciare che la luce fortissima combattesse, vincendo, col buio, con le tenebre apparentemente invincibili. Seguirne con gli occhi il percorso in lontananza fino alla gioia dei raggiunti da quella scintilla che indica la giusta direzione.
Da sempre.

Al guardiano non andava sempre bene. Talora le persone abbracciavano con gioia la dolce luce che giungeva fin loro, altre volte giravano lo sguardo altrove, come infastiditi da quel bagliore.
"Non vogliono essere salvati", pensava il Guardiano, "non posso costringerli. Se preferiscono il rischio del naufragio, è una loro scelta".


Sentì un fruscio in basso e si girò a guardare: "ciao piccolo. Era un po' che non ti facevi vivo. Ho lasciato un po' di roba per te. La trovi di là, se i tuoi...simili ti hanno lasciato qualcosa".

Si girò di nuovo verso l'ignoto falciato dal fascio.
Si sentiva un po' stanco, quasi affranto in effetti. Da tempo operava una manutenzione accurata della lanterna, ma non otteneva i risultati sperati.
A lui era parso che il raggio luminoso fosse divenuto col tempo più chiaro, limpido, efficace ma i navigatori non avevano cambiato le loro reazioni. Quelli che non si fidavano c'erano sempre, che preferivano sfidare tenebre e tempesta da soli.
Lui avrebbe voluti aiutarli tutti e per quello lavorava sempre sul fascio, ma pareva fosse tutto inutile.
 "Non dipende da Me", pensò, "ho fatto di tutto ma niente è sufficiente".
Poi sorrise, "in fondo ammiro chi riesce a fare a meno della mia luce. Ci vuole un bel coraggio per affrontare i marosi del destino da soli".

Sentì di nuovo un fruscio, in basso dietro di lui: "beh? Allora non sei capace di far da solo? Va bene vengo un attimo di là, ma ci posso star poco, senza di me la scintilla si spegne".
Si spostò un attimo nella stanza dei giochi che aveva approntato tanto tempo prima, era importante per tenere lì i suoi cuccioli, altrimenti si allontanavano troppo; un po' gli era concesso ma solo entro i confini del faro. Loro non avevano bisogno della luce per orientarsi e, se lasciati liberi, andavano in giro a combinare guai. Non erano cattivi ma molto, molto curiosi e sarebbero andati e venuti senza curarsi dei poveri navigatori. Come se questi ultimi non si creassero già abbastanza problemi da soli.
Da molto tempo li aveva richiamati e ormai i loro nomi erano entrati nel mito: Ceto, Kraken, Jōrmungandr, Roc, Behemoth, Tiāmat, Umibōzu e molti altri. Negli eoni precedenti aveva raccolto tanti trovatelli nel caos, gli facevano pena. Poi aveva dovuto imparare a gestirli e ora li teneva sotto controllo in queste comode stanze, consentendo loro solo giretti nei dintorni.
Ne accarezzò due o tre poi disse: "devo andare piccolini". Tornò alla lanterna.

Vide un navigatore in grossa difficoltà; la luce del fascio chiarissimo lo raggiunse, ma questi esitò a seguirla, tentennava.
"Non avere paura, vieni nella mia direzione, figlio mio", disse.

Robo


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