L'omone si svegliò accarezzato da una dolce brezza marina.
Era seduto di fronte al suo tavolo da lavoro. Questo, a sua volta, era posto in cima ad una verde collina che declinava dolcemente fino al mare, fino ad un piccolo porticciolo di legno, un calmo attracco per ospiti attesi.
Si stropicciò gli occhi, poi sbadigliando si stirò con forza emettendo un prolungato "uuuaai!". Tirandosi all'indietro urtò il bordo del tavolo con il suo pancione: "Bomh!".
Orecchiette feline si rizzarono e musetti baffuti si fecero attenti; erano i molti gatti che dimoravano lì sotto. L'omone li coccolò un po', a turno; molti li aveva conosciuti prima, altri erano giunti dopo di lui.
Iniziò quindi a lavorare sul piano di legno come faceva ogni giorno da quando era arrivato in quel luogo. Faceva ciò che gli piaceva fare, restaurare ciò che gli capitava; solo legno, niente metallo, che di quello ne aveva avuto abbastanza lavorando in fabbrica.
Ogni tanto si fermava e mangiava senza preoccuparsi delle calorie né delle porzioni. Era bello grasso ma la cosa non gli dava alcun problema, anzi; dal che era giunto aveva acquisito un gran vigore nel lavoro e la salopette da metalmeccanico non gli tirava per nulla. Ogni eccesso di cibo su quella collinetta pareva tollerato.
Era seduto di fronte al suo tavolo da lavoro. Questo, a sua volta, era posto in cima ad una verde collina che declinava dolcemente fino al mare, fino ad un piccolo porticciolo di legno, un calmo attracco per ospiti attesi.
Si stropicciò gli occhi, poi sbadigliando si stirò con forza emettendo un prolungato "uuuaai!". Tirandosi all'indietro urtò il bordo del tavolo con il suo pancione: "Bomh!".
Orecchiette feline si rizzarono e musetti baffuti si fecero attenti; erano i molti gatti che dimoravano lì sotto. L'omone li coccolò un po', a turno; molti li aveva conosciuti prima, altri erano giunti dopo di lui.
Iniziò quindi a lavorare sul piano di legno come faceva ogni giorno da quando era arrivato in quel luogo. Faceva ciò che gli piaceva fare, restaurare ciò che gli capitava; solo legno, niente metallo, che di quello ne aveva avuto abbastanza lavorando in fabbrica.
Ogni tanto si fermava e mangiava senza preoccuparsi delle calorie né delle porzioni. Era bello grasso ma la cosa non gli dava alcun problema, anzi; dal che era giunto aveva acquisito un gran vigore nel lavoro e la salopette da metalmeccanico non gli tirava per nulla. Ogni eccesso di cibo su quella collinetta pareva tollerato.
Di quando in quando un vecchio conoscente andava a salutarlo, o un gruppo di compagni si recava da lui per una partita a ma-jong.
Erano piacevoli diversivi; bevevano insieme un po' di cedrata, ridacchiavano e parlavano dei tempi passati, ma l'omone non accettava più le sigarette. Anche se lì, come per le calorie, il fumo non faceva male, aveva finalmente deciso di smettere.
Questo piacevole fluire, sempre simile, mai uguale, non concedeva nulla a noia e cattivi pensieri. Anche la fatica sembrava un premio, passarsi la mano sulla fronte per asciugarsi il sudore era un piacere, e l'omone dopo la colazione non vedeva l'ora di cominciare a trafficare sul piano di legno.
La principale variazione a questo gradevole tram-tram erano gli arrivi degli ospiti attesi. Costoro attraccavano al porticciolo e poi salivano lungo il pendio, fermandosi un attimo presso di lui.
C'erano persone di tutti i tipi e le razze e vestite nei modi più strani e tutti gentili. Qualcuno si inchinava in segno di rispetto e l'omone faceva lo stesso, qualcun'altro alzava il braccio in un saluto canonico e l'omone rispondeva nel medesimo modo, qualcuno ancora lo abbracciava e l'omone lo stringeva come un fratello, un compagno, infine vi era chi lo benediceva e l'omone... provava a benedirlo a sua volta; non gli riusciva molto bene ma ci provava.
C'era scambio di parole, sorrisi per tutti e con tutti; in quel posto le differenze apparivano per quel che erano: ricchezza e colore.
Con tutto ciò, tra nuove conoscenze e vecchi incontri, il momento più bello era la primavera settimanale: ogni tot giorni, non fissi, la brezza diveniva più profumata e, dalla sera alla mattina, un mare di tulipani rossi prendeva il potere nella collina. Passione cremisi che gli riempiva gli occhi ed il cuore.
Erano piacevoli diversivi; bevevano insieme un po' di cedrata, ridacchiavano e parlavano dei tempi passati, ma l'omone non accettava più le sigarette. Anche se lì, come per le calorie, il fumo non faceva male, aveva finalmente deciso di smettere.
Questo piacevole fluire, sempre simile, mai uguale, non concedeva nulla a noia e cattivi pensieri. Anche la fatica sembrava un premio, passarsi la mano sulla fronte per asciugarsi il sudore era un piacere, e l'omone dopo la colazione non vedeva l'ora di cominciare a trafficare sul piano di legno.
La principale variazione a questo gradevole tram-tram erano gli arrivi degli ospiti attesi. Costoro attraccavano al porticciolo e poi salivano lungo il pendio, fermandosi un attimo presso di lui.
C'erano persone di tutti i tipi e le razze e vestite nei modi più strani e tutti gentili. Qualcuno si inchinava in segno di rispetto e l'omone faceva lo stesso, qualcun'altro alzava il braccio in un saluto canonico e l'omone rispondeva nel medesimo modo, qualcuno ancora lo abbracciava e l'omone lo stringeva come un fratello, un compagno, infine vi era chi lo benediceva e l'omone... provava a benedirlo a sua volta; non gli riusciva molto bene ma ci provava.
C'era scambio di parole, sorrisi per tutti e con tutti; in quel posto le differenze apparivano per quel che erano: ricchezza e colore.
Con tutto ciò, tra nuove conoscenze e vecchi incontri, il momento più bello era la primavera settimanale: ogni tot giorni, non fissi, la brezza diveniva più profumata e, dalla sera alla mattina, un mare di tulipani rossi prendeva il potere nella collina. Passione cremisi che gli riempiva gli occhi ed il cuore.
Giunse il riposo anche di quel giorno, il lavoro al tavolo terminò, e, dopo aver assistito ad un tramonto sempre simile e sempre diverso, con il sole che si tuffava nel blu cobalto dell'orizzonte marino e la vivace tenzone tra le sfumature dei rossi e dei viola, l'omone accolse in braccio il suo gregge di mici di tutti i colori, tirò le gambe sul tavolaccio, appoggiò la schiena all'indietro sulla sedia e si addormentò.
Sognò i suoi figli, sua moglie, sognò anche ciò della loro vite che non aveva potuto vedere, e mentre sognava sorrideva.
Gli mancavano ma non aveva fretta di vederli, un giorno sapeva si sarebbero incontrati, come lui aveva rivisto i suoi genitori su quella verde, dolce collina.
Un giorno, ma non ora. Un giorno ma non ancora.
Robo
Sognò i suoi figli, sua moglie, sognò anche ciò della loro vite che non aveva potuto vedere, e mentre sognava sorrideva.
Gli mancavano ma non aveva fretta di vederli, un giorno sapeva si sarebbero incontrati, come lui aveva rivisto i suoi genitori su quella verde, dolce collina.
Un giorno, ma non ora. Un giorno ma non ancora.
Robo
Acrilico di L. Mattotti lorenzomattotti.blogspot.it |
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