lunedì 16 marzo 2015

DUE O TRE COSE CHE SO SUI FUMETTI (parte prima)

Golden Age

Onestamente non so come tutto e' cominciato.
So solo che non e' ancora finito, e anzi rimane una salvifica boa di salvataggio in questo oceano di perenne insoddisfazione.
Di sicuro tutto comincio' ben prima dei supereroi, proprio quando l'invasione di orde di meraviglie provenienti da oltre oceano stava iniziando.
 Devo dire che in questo campo noi italiani ci siamo difesi sempre molto bene, contrapponendo solide barriere contro la marea montante in lattex e spandex.
Ma andiamo per ordine.
Nella mia memoria a lunghissimo termine rimangono imperituri i due capisaldi del mio nascere collezionista compulsivo ed amante appassionato dell'arte sequenziale: il Gordon di Alex Raymond (tutto muscoli guizzanti e pose statuarie) e il Valiant di Hal Foster (un mix di virile medievalita' e femminea delicatezza).
Valiant, come d'altronde in tutto il lavoro di Hal Foster, non usava ancora i balloon, ed ogni vignetta era commentata unicamente da alcune righe di didascalia, come fossero piccoli quadri che vivevano di una loro completa autonomia, dandoci tutto il tempo di gustare la scena che rappresentavano, e a distanza di anni infatti risplendono ancora di luce propria nel mio casellario mentale.
Anche Gordon , uno dei piu' illustri prototipi del fumetto di fantascienza, che pure li usava ogni tanto, era costruito come se la plasticita' di forme e situazioni fosse sempre piu' che sufficiente a rappresentare trama e sentimenti con la giusta enfasi.

Queste due meraviglie venivano pubblicate in italia dai fratellli Spada editori, un nome una missione, ed erano la punta di diamante di tutto un mondo fumettistico in cui erano mille le sfaccettature, ognuna precorritrice dei nostri attuali amici di quartiere: l'Uomo Mascherato (un mix tra Devil e
KaZar), Mandrake capostipite di tutti i Dot. Strange futuri, e cosi via.
Nel versante italiano, si faceva largo a spintoni il marchio Bonelli di cui Tex era l'icona per eccellenza. Io sono sempre stato un non-texiano praticante, oppure se si vuole uno zagoriano non praticante, nel senso che collezionavo albi di Tex, (infilandoli in una mega scatola contenitrice di metallo che poi mi portavo in balcone, il mio sancta santorum, in un continuo togli-classifica-rimetti dentro, con la tipica frenesia del bibliotecario impazzito, e che dava come risultato finale, ancor oggi la mia collezione ne riporta i segni tangibili, il frantumarsi di costine e rilegature in uno sfarfallio di pagine in liberta'), ma che oggi faccio davvero fatica a leggere, mentre non mi sono mai avvicinato del tutto a Zagor, anche se la sua componente fantastica gli da una freschezza ancor oggi appetibile. Sta di fatto che comunque ritrovo ancora nei miei sogni piu' nostalgici la sequenza di Tex che lotta con l'anaconda nel pueblo abbandonato.
Le nostre piccole collezioni striminzite ci inducevano ad una frenetica rilettura di ogni albo che , pur con tutta la cura del caso, spesso finiva, come ho detto, per distruggersi per il troppo affetto, ma che imprimeva nella nostra mente ogni passaggio, ogni copertina.
In mezzo a questi due colossi stava la pentola di monete d'oro alla fine dell'arcobaleno, il mondo di Oz al termine della strada dei mattoni gialli, lo Shangri la di noi dodicenni appena nati fumettari ma con le labbra ancora sporche del latte delle fiabe sonore: cioe' Walt Disney e tutto il suo mondo antropomorfo, in cui l'occhio dopo mille frenetiche battaglie, finalmente si poteva rilassare, ritrovando dimensioni piu' infantili e confortevoli. In realta' il topolino di Floyd Godferdson, quello di Romano Scarpa e soprattutto il Paperino di Carl Barks, di infantile non avevano proprio nulla, anzi dietro a sederi piumati ed orecchie tondeggianti, faceva capolino il mondo reale, sempre piu' evidente e palpitante.
 Queste le basi.
Ma soprattutto cresceva in me il demone incontrollabile del collezionista incallito, che come novello Lewis e Clark (insieme), iniziava ad esplorare questo nuovo mondo di carta cercando, comprando, catalogando.
Pochi i soldi, molta la voglia e la curiosita'.
Il nostro peregrinare, il mio e del mio amico Giovanni (lui, Disneyano di ferro, poi abbandono' presto, io invece mai), ci portava spesso in territori ostili ma affascinanti, zeppi di anfratti ricolmi di stalagmiti di carta, di muraglie di graffiti animati, di laghetti di inchiostro colorato (quello vegetale, bellissimo ed ineguagliato), in cui aggirarsi circospetti ma bramosi di trovare infine il fiore prezioso, la gemma nascosta, l'albo mancante, l'anello di congiunzione e di passaggio dalla frustrazione piu' nera alla gioia paradisiaca.
Come scoprire la tomba di Tutankamon ogni benedetto giorno.
Strani i personaggi che si incontravano. Ognuno con le sue peculiarita', ognuno da noi soprannominato e classificato.
C'era, e c'e' ancora, l'infido Quattrocchi, icona del commerciante scaltro che tentava di spillarti denaro come fossi una botte di birra, turlupinandoti con millantate costosissime rarita'.
C'era invece il candido Nenonine , un fanciullone mezzo ritardato col labbro leporino, da noi cosi' denominato perche' vendeva tutto a nenonine, cioe' cento lire, e per cio' anche molto amato, con un pizzico di crudele cosciente approfittamento.
Infine la Bianca, paciosa venditrice di roba usata, passata dal carretto al negozio dopo anni di onesti guadagni, accumulatrice seriale di carta in tutte le sue forme, tanto che, narra la leggenda, quando vendette il suo magazzino, per riuscire ad entrarci si dovette ritagliare un tunnel nel blocco di giornali che ormai intasava il seppur enorme locale fino alla porta di entrata, e percorrerlo fino in fondo per raggiungere l'ultima parete con pila e bussola per non perdere l'orientamento.
Oggi si compra su internet, comodo si, anch'io lo faccio, ma molto meno appagante. Col crescere cambiavano i gusti.
 Un giorno felice, per esempio, mi capito' fra le mani uno strano oggetto in formato giornale ma spillato, ripieno di fumetti di genere vario, tutti a puntate, intervallati da figurine da ritagliare, piccoli racconti d'avventura, quiz e lettere al direttore.
 Il Corriere dei Piccoli, questo era, mischiava abilmente l'ironia pacioccona dei Puffi, di Poldino Spaccaferro e di Lucky Luke, il rigore storico dei mini racconti di Sergio Toppi e Dino Battaglia, e la pura avventura di Bernard Prince, Ric Roland e Luc Orient.
 Ma soprattutto ci introduceva al fumetto francese ed ai suoi mille rigagnoli emozionali.
 Dal versante italiano Magnus cominciava a conquistarci con l'ironia di Alan Ford , mentre gia' da qualche anno stimolava i nostri primi scompensi ormonali con le sue donnine discinte in Kriminal e Satanik .
Poi vennero Manara e Crepax e fu finalmente orgasmo completo.
Il suo compare, il sommo, immenso Bunker, dopo aver fatto fortuna col poliziottesco a fumetti, con la satira di 007,  ebbe la geniale idea di benedire l'ultima , piu' grande e duratura invasione dell'italico suolo da parte di un esercito fumettistico che in America stava gia' moltiplicando i suoi lettori in una frenetica ed inarrestabile mitosi. La Marvel sbarcava in Italia.
Ora pero' mi vedo obbligato a fare un piccolo passo indietro.
Io sono socio del SuperBatclub, per cui lo so: i supereroi erano tra noi gia' da qualche decennio. Ricordo ritagliai la cartolina di adesione da un albo mondadori di Superman, che ora dopo questo scempio, commercialmente parlando non vale piu' nulla ma sentimentalmente parlando invece tutto, e la spedii trepidante. Il diploma che mi arrivo', ormai si e' perso in uno dei tanti traslochi, ma il suo ricordo perdura.
La prima apparizione di Superman risale agli anni quaranta, dovutamente italianizzato col nome di Ciclone, ma il mio Superman e' il Nembo Kid degli Albi del Falco, che affiancato a Batman e dopo aver subito mille trasformazioni di formato e di testata, aveva appena consolidato la propria posizione, quando arrivarono i cuginetti Marvelliani.
E che ben presto lo superano in vendite e popolarita'.
Dio benedica l'Editrice Corno e il suo corpulento inventore.
Fine prima parte

1 commento:

  1. Un altro bel contributo. Io penso che sia sano collezionare leggendo, catalogando mentalmente, assaporando godendoci le storie come abbiamo fatto noi. Poi succede che il supporto cartaceo si disintegra. Ok va bene, ma finché resta un qualcosa di leggibile ed ordinabile nessun patema per lo stato di conservazione. Ricordo alcuni misfatti dell'immaturità, ritagliare bollini per i concorsi, togliere gli adesivi... ma che cavolo non erano veri misfatti era viverli quei fumetti. E poi le edizioni italiane di fumetti americani, non strettamente filologiche, rendevano tutto ancora più avvincente, eri tu che ti ricostruivi la continuity. Capivi per esempio che c'era un "turnover" tra Amazing Spiderman, Spectacular Peter Parker, Marvel Team Up. C'era del lavoro, della passione. Che aumentava anche se gli editor diventavano man mano delle redattrici ben poco appassionate...

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