"Il genere umano non puo' sopportare troppa realta'"
T.S.Eliot
Le dame, i cavalier, l'arme e gli amori..
Esiste un fil rouge che attraversa le culture popolari di tutto il mondo e collega in un
abbraccio globalizzato miti e leggende dalle piu' disparate origini.Sono gli eroi senza macchia e senza esitazioni protagonisti di mille novelle, simboli di inarrivabile perfezione etica e fisica (in fondo i progenitori dei moderni supereroi), la personificazione della purezza e del coraggio al di la di ogni ragionevole dubbio, veri e propri punti di riferimento per l'immaginario collettivo, per ogni eta', area geografica o livello culturale.
Il bimbo cerca di emulare (e' nella sua natura), mentre l'adulto si accontenta di fragili letture, piccole oasi di sereno abbandono, distanti dalle monotone abitudini del vivere quotidiano.
Armature scintillanti e spade di fuoco, imprese epiche e sfide impossibili. tutto quello che nel tempo ha dato origine al prolifico e redditizio filone del fantasy.
Questi alcuni degli storici protagonisti:
Cu Chulainn dalla verde Irlanda, figlio di dei e difensore della propria terra;
Beowful, eroe nordico protagonista di uno dei piu' antichi poemi in prosa della storia, celebrato in molteplici film, romanzi e fumetti, insieme alla sua nemesi, il mostro Grendel;
il paladino di Francia Orlando;
Gilgamesh eroe mesopotamico;
El Cid Campeador, terrore dei mori e patriota leggendario;
il sovrano inglese Artu', con la sua poliedrica corte di amori scellerati e lotte fratricide.
Alcuni di loro, fortemente radicati nella cultura cattolica del proprio tempo, ne diventano vere e proprie incarnazioni nella millenaria lotta contro l'infedele, e le loro imprese sono spesso cariche di simbolismi religiosi (ancor oggi ad il Santo Graal e' oggetto inafferrabile, sacro e misterioso).
Questo filo rosso (rosso come il sangue, come il coraggio), attraversa il mondo aristocratico europeo (pieno di racconti di nobili eroi assetati di sangue di drago, re e regine, principi e principesse), fino ad arrivare in estremo oriente, dove il racconto epico, si dipana in ambientazioni decisamente piu' popolari e vicine al lettore medio a cui si rivolge.
I protagonisti delle novelle wuxia che ne raccontano le gesta, nascono e crescono in ambiente popolare (invece in occidente il villano e' piu' spesso celebrato per le sue doti intellettive, piuttosto che fisiche o morali).
La loro eccezionalità e' la diretta conseguenza di anni di duro apprendimento delle arti marziali (che erano originariamente confinate nei monasteri come pratica per la ricerca di equilibrio interiore), o dell'essere riusciti tramite la meditazione a padroneggiare il proprio "qi" od energia interna, tanto da usarla come arma.
E' spesso piu' una faccenda spirituale che fisica.
Tanto che alcuni di loro, alla fine del loro percorso iniziatico trascendono ogni dimensione umana, fino a diventare figure semi divine, i cosiddetti Immortali della tradizione taoista.
Nulla di magico percio', nulla che nasca al di fuori della sfera umana, trasmettendo il messaggio che ognuno di noi puo' diventare un eroe, senza avere obbligatoriamente nobili origini, fortunosi incontri con talismani dagli immensi poteri, o, piu' recentemente, essere trasformati dall'esposizione a materiali radioattivi.
Un tocco di wuxia
Wu-xia e' l'unione di due parole "wu" che significa marziale, militare, e "xia" che puo'
essere tradotto come cavaliere errante.In realta' i protagonisti dei wuxia, raramente usano mezzi di trasporto che non
siano le proprie gambe (d'altronde visto che all'occorrenza possono anche volare, non ne hanno un particolare bisogno), e sopperiscono alle proprie ristrettezze economiche con una grande e ricca forza interiore.
Fenomeno culturale nato in Cina durante il periodo degli stati combattenti (dal 453 al 221 a.c.), inizialmente solo in ambito letterario (il cosiddetto wuxia xiaoshuo), coinvolgendo poi ogni forma di intrattenimento popolare, fino ad arrivare alla sua consacrazione definitiva come fenomeno di massa verso la meta' del secolo scorso, con il filone cinematografico delle pellicole wuxia pian.
Non fermiamoci alle apparenze : il wuxia per la Cina (esattamente come le storie dei samurai per il Giappone) e' una faccenda dannatamente seria, che, al di la dell'esaltazione e della spettacolarizzazione della fisicita' dei combattimenti, tratta piu' profondamente dei valori imprescindibili della societa' cinese : onore, rispetto, lealta', sacrificio.
I pilastri fondanti della cultura confuciana (per il suo aspetto sociologico), e taoista (per quello spirituale).
L'eroe incarna il concetto di rettitudine (rappresentata dalla parola "Yi"), e ne diventa la rappresentazione più' concreta.
Spesso di umili origini (a differenza del Giappone, dove l'uso della spada era ad appannaggio esclusivo dei samurai, in Cina chiunque poteva tenerne una), si oppone al governo corrotto ed ai suoi funzionari (una frequente realta' per la Cina di quel periodo), come ad esempio l'eunuco di corte con tutta la sua carica di ambiguità morale e sessuale, per vendicare i torti subiti, anche a costo della vita.
Racconti con una forte componente educativa e morale, dove il nucleo pulsante e' la ricerca (della vendetta, della sacra spada), il viaggio, spesso piu' interiore che effettivo, sublimato dall'estremo sacrificio dell'eroe, in un raggiungimento della propria realizzazione (spirituale e morale), anche attraverso sangue e dolore.
Un vero e proprio percorso iniziatico.
Il genere wuxia prende origine da una forma di letteratura in voga durante la dinastia Tang, e cioe' piccoli racconti popolari intrisi di elementi soprannaturali con una morale finale (un po' le nostre favole) denominati chuanqi, da cui nascono alcune varianti come il gong 'an (dectective story, che hanno il loro esempio piu' famoso dei casi del Giudice Dee), gli yinzi'er (racconti fantastici, ai confini della realta'), e i tie qi'er (le avventure dei cavalieri erranti).
violenza e l'individualismo, tradendo gli ideali confuciani di unita' e collettivismo sociale (spesso infatti l'eroe compie la sua impresa da solo contro tutti), ma riprese vigore dopo la fine della seconda guerra mondiale, merito soprattutto, negli gli anni cinquanta, dell'opera di Jin Yong (suo e' l'unico romanzo del genere tradotto in Italia : "La volpe volante della montagna innevata", insieme al classico " I briganti", splendidamente riadattato a fumetti da Magnus).
Ma e' con il cinema che il genere wuxia ha avuto la sua diffusione maggiore.
Si va in scena
Il cinema cinese fin dai suoi esordi dichiara apertamente la sua stretta parentela con la rappresentazione teatrale e con la sua versione piu' arcaica e popolare : il "Teatro delle Ombre" (non e' percio' un caso se gli ideogrammi che definiscono il concetto di film si possono tradurre con "Spettacolo di ombre elettriche").
Ne mutua perfettamente alcune caratteristiche, come la forte caratterizzazione dei personaggi tramite trucchi pesanti al limite del caricaturale (barbe e capelli lunghissimi, sguardo truce e scoppi di risa come tuoni), e la netta definizione dei loro ruoli e sentimenti attraverso specifici abbigliamenti e colori che li identificano, sia nelle opere più intimiste che in quelle di puro intrattenimento.
Il wuxia finisce per estremizzare queste peculiarita' espressive, facilitato in cio' dalla sua dichiarata origine fantastica.
E come ogni opera teatrale popolare (ad esempio la nostra commedia dell'arte), non rinuncia a rappresentare anche l'aspetto buffo e grottesco della realta', tramite personaggi fortemente tipizzati (il grasso, il brutto) e situazioni paradossali da slapstick comedy.
Il cinema wuxia (pian) nasce nel 1928 con l'opera "Il rogo del monastero del loto rosso", di cui si e' persa ogni traccia, a cui seguirono anni di grande successo popolare.
La sua controparte giapponese e' il chambara, films sulla vita e le imprese dei samurai, più fedele ad una loro rappresentazione storica, e praticamente privo di elementi soprannaturali.
I due generi crescono parallelamente, ed hanno molti punti di contatto, soprattutto per i valori di fondo a cui si attengono, e per l'intensa drammaticita' da teatro elisabettiano con cui li esaltano.
Ma mentre Il wuxia tende a stemperare i toni, il chambara li esalta, evidenziando il suo forte legame con la commedia shakespeariana.
Akira Kurosawa ad esempio, che di questo genere cinematografico e' forse l'esponente piu' famoso ed importante, le ha spesso rivisitate nelle sue opere come ad esempio "Il trono di sangue" tratto dal "Macbeth", oppure "Ran" che si ispira al "Re Lear").
Il wuxia pian raggiunse il suo pieno sviluppo durante gli anni cinquanta, quando fu cooptato dalla piu' grande societa' cinematografica del periodo, la Shaw Brothers di Hong Kong, che ne fece, insieme al suo parente piu' stretto il gong fu pian (da cui si distingue unicamente per l'utlizzo dei combattimenti a mani nude al posto di quelli con armi bianche), i suoi generi di punta.
La Rivoluzione Popolare di Mao, nonostante la supposta apertura democratica della iniziativa dei "cento fiori" (l'invito ad ampi e liberi dibattiti culturali tra gli intellettuali dell'epoca che pero' aveva l'unico scopo di schedarli e deportarli), fu un periodo di forte ostracismo per ogni libera forma di manifestazione artistica, cinema compreso.
Hong Kong (allora colonia inglese), divenne di conseguenza un vero proprio porto franco per registi ed attori cinesi, in cui rifugiarsi per avere liberta' di espressione, e la sua industria cinematografica un importante punto di raccordo tra la cultura orientale e quella occidentale, dove fondere mirabilmente due diversi modi di concepire la vita e l'arte, anche in un contesto di puro intrattenimento.
Nel cinema wuxia esistono tre fasi ben distinte, distinguibili, non tanto per i loro contenuti, ma per la ricerca stilistica, tecniche di ripresa e espressivita' (questioni fondamentali per un cinema basato piu' sulla spettacolarita' che sui dialoghi).
Il primo periodo grosso modo va dagli anni cinquanta ai settanta.
Prevale un uso classico della macchina da presa, con pochi movimenti e campi lunghi entro cui integrare le scene di combattimento in coreografie perfette come fossero esibizioni teatrali.
Uno dei piu' prolifici e significativi registi di questo periodo, e' Zhang Che, autore di opere come la saga dello spadaccino monco ("One armed swordsman" -1967- con Jimmy Wang Yu, che ha il suo clone nel filone gong fu con "One armed boxer" -1972-), la cui estetica della violenza verra' proseguita ed estremizzata dal suo aiuto regista, quel John Woo che si specializzerà' poi durante gli anni ottanta, nei gangster movie con bagno di sangue finale
(i cosiddetti heroic bloodshed movie).
Il tema dell'eroe che, dopo essere stato offeso nella sua virilità (in questo caso il braccio che impugna la spada), ritrova orgoglio e dignità e si vendica del torto subito, ha illustri epigoni, tra cui il nostro "Django" di Sergio Corbucci.
D'altronde mettere il protagonista in una situazione critica da cui potra' uscire solo dopo un duro periodo di ri-apprendimento, e' un efficace espediente narrativo che permette anche di sottolineare il concetto che la strada per la realizzazione (il Tao), e' impervia e dolorosa, ma proprio per questo enormemente appagante.
Questo flusso bidirezionale di idee e stimoli visivi tra oriente ed occidente, che l'industria cinematografica giapponese ha molto spesso praticato, diventa un gioco di rimandi in cui e' spesso difficile distinguere chi si e' ispirato a chi.
In alcuni casi lo scambio di idee e spunti (soprattutto con il western americano, con cui condivide ambientazioni e situazioni), e' palese.
"I magnifici sette" ad esempio, e' un rifacimento dei "Sette samurai" di Kurosawa, e
"Per un pugno di dollari" si rifa' palesemente a "Yojimbo" del medesimo autore.
Ma soprattutto durante quegli anni, nell'ambito wuxia, si vedono gli esordi di un vero gigante del genere : quel Hu Jinquan che la storia del cinema conosce con il soprannome di King Hu.
Il re
Se Jack Kirby e' considerato il re dei comics, e Osamu Tezuka il dio dei manga (i giapponesi devono sempre esagerare), King Hu e' l'incontrastato imperatore del genere
wuxia pian, o almeno quello che in maniera piu' significativa, lo ha rivoluzionato.Il suo linguaggio raffinato, e la sua estetica da danza classica, trovano un miracoloso equilibrio con le rigide regole dello spettacolo di intrattenimento, e solo chi ha una visione ampia della materia cinematografica come un Kurosawa, o un Kubrik, poteva riuscire a realizzare.
E' proprio dall'opera di Kurosawa che egli trasse la maggior ispirazione, mixando abilmente i tempi lunghi di un cinema piu' introspettivo e realista con le rapide carrellate di quello d'azione.
E' stato anche il primo a porre un'eroina al centro della storia, ruolo fino ad allora esclusivamente maschile.
Da quel momento in poi, l'industria cinematografica cinese riservo' alle interpreti femminili ruoli di primissimo piano, dimostrando un'apertura mentale per nulla scontata.
In una manciata di films, insieme al suo coreografo di fiducia Han Ying-chieh, ha lasciato tracce indelebili nella storia del genere e nel cinema in generale, segnando il passaggio artistico e formale, tra il primo periodo classico e quello successivo piu' innovativo, e tracciando rotte precise su cui poi hanno navigato molti altri registi, orientali ed occidentali.
Gli spadaccini volanti
Dai settanta ai novanta infatti, si assiste ad una e vera propria svolta programmatica:
un montaggio frenetico, virtuosismi di ripresa con inquadrature diagonali e dal basso
verso l'alto, veloci zoommate, luci e colori sapientemente utilizzati, e trucchi meccanici
con l'utilizzo di fili e carrucole (i cosiddetti "wireworks"), contribuiscono ad
amplificare l'aspetto fantastico dei film wuxia.Finalmente i personaggi volano, liberi di compiere l'impossibile.
Contemporaneamente ci si affida sempre di piu' alle coreografie, reclutando esperti di arti marziali, che spesso diventano autori completi.
Nonostante le situazioni fantastiche in cui si muovono i protagonisti, ogni loro movimento e' studiato fin nei minimi dettagli, per creare una perfetta situazione scenografica.
Ching siu tung con il suo "Duel to the death" (1982), firma un'autentica pietra miliare, in cui utilizza una delle tematiche spesso ricorrenti nei wuxia pian, cioe' lo scontro culturale, ideologico (e fisico) tra Cina e Giappone.
Tsui Hark, e' forse la figura piu' importante ed eclettica del cinema di Hong Kong, nelle molteplici vesti di regista, sceneggiatore e produttore.
Il suo il mistico "Zu warriors from magic mountain" (1983) narra le lotte tra gli Immortali tra le vette delle montagne sacre, e spinge l'acceleratore sui toni grotteschi, con un proliferare di ciglia assassine e mani che sputano raggi multicolori.
"Swordsman" (1990), si puo' considerare un vero e proprio punto di raccordo tra le due fasi artistiche del wuxia pian : creato e concepito da King Hu ma realizzato e prodotto da Tsui Hark, e' un condensato di tutti i cliche' del genere, come l'eroina travestita da uomo, vero topoi della cinematografia cinese, la rappresentazione, in fondo, dell'eterno dualismo tra yin e yang.
"New dragon gate inn" (1991), il rifacimento del film di King Hu, esalta la rappresentazione teatrale, racchiudendo la trama tra le quattro mura di una stazione di posta nel deserto.
Macchinazioni, segreti, doppie identita', sullo sfondo di una tempesta di sabbia imminente (Tarantino vi attinge a piene mani per il suo "Hateful eight").
L'attrazione fatale di Amore e Morte nei due capolavori del genere : "Green Snake"(1993) con la bellissima Maggie Cheung, tratta del turbolento rapporto tra una affascinante mutaforma ed uno sprovveduto studente; Bride with white hair" (1993) con Brigitte Lin, e' la tragica storia di una incantevole strega che rinuncia al male in un estremo sacrificio amoroso.
Questo incontro/scontro tra il mondo terreno e quello soprannaturale, ha il suo apogeo in "Storie di fantasmi cinesi" (1987), dove scenografie fatte di blu accecanti e luci come in un proscenio infernale, evocano perfettamente le atmosfere ultraterrene in cui inserire i combattimenti tra cacciatori di demoni.
Queste tecniche visive, insieme alle riprese in soggettiva delle striscianti entita' spettrali che rincorrono i protagonisti, sono state riprese da Sam Raimi in "Evil dead".
Come si vede in questa rapida carrellata, gli spunti originali su cui molti maestri contemporanei del fantastico hanno costruito il proprio stile, sono molteplici.
Senza il wuxia pian non ci sarebbero state le danze al rallentatore di "Matrix" (il suo coreografo, Yue Woo-Ping, e' lo stesso de "La tigre e il dragone"), o le corse sui muri di "Prince of Persia", i combattimenti con le spade laser di "Guerre Stellari", ed ovviamente tutta la saga tarantiniana di "Kill Bill".
L'ultimo duello
Durante gli anni novanta nella cinematografia di Hong Kong si assiste ad un vero e proprio
passaggio di consegne tra il filone wuxia ed il gangster movie, di cui John Woo ed il suo
"A better tomorrow" (1986), era stato a suo tempo un vero e proprio manifesto programmatico.Pur mantenendo inalterate le tematiche e lo spirito originario (l'eroe da solo contro tutti, il sacrificio in nome dei propri ideali, vendetta e riscatto nel bagno di sangue finale), il genere si aggiornava esteticamente ai nostri tempi, per accontentare un pubblico sempre piu' abituato al cinema d'azione americano.
Il wuxia pian lentamente sparisce dalle scene lasciando spazio a prodotti piu' commercializzabili.
"Ashes of time" (1994) di Wong Kar Wai, rimane una piccola gemma in quest'atmosfera da prepensionamento.
Oltre ai suoi meriti artistici, e' importante perche' segno' l'inizio della marcia di avvicinamento a questo genere da parte di autori con ben piu' nobili curricula degli umili artigiani che lo avevano gestito fino ad allora.
Ang Lee, infatti, con il suo "Crouching tiger, hidden dragon" (2000), inaugura la terza fase del wuxia pian, che coincide con il suo rilancio commerciale, e la sua grande diffusione nel mondo occidentale.
La sua abilita' nel tratteggiare la psicologia dei personaggi, dono' a quelli che fino ad allora erano sempre state niente di piu' che piccole colorate figurine, mere personificazioni di ben piu' alti valori universali, una maggiore profondita' e realismo, permettendo anche ad un pubblico piu' esigente, di avvicinarvisi senza timore.
Io assistetti ad una delle sue prime proiezioni in un cinema milanese, e ricordo che l'enfatizzazione dei sentimenti e dei comportamenti dei personaggi, insieme alle loro impossibili acrobazie aeree, lasciarono il pubblico (che non era certo quello dei cinema parrocchiali in cui un tempo si proiettavano i films di Bruce Lee), inizialmente interdetto, al limite dello scherno.
Ma era solo questione di tempo, perche' anche un pubblico culturalmente lontano da questo mondo, si facesse affascinare.
Merito anche di personaggi come Quentin Tarantino, perennemente sopra le righe, ma con un grosso seguito di pubblico, che si esposero con profonda convinzione per ratificarne la qualita'.
Tutto cio', e qualche passaggio in festival blasonati, ed il gioco era fatto.
Dopo Ang Lee molti altri autori cinesi percorsero la via del wuxia, forse per puro divertimento, sfida, emulazione, o semplice riscoperta delle proprie radici culturali, e di un modo di fare cinema piu' semplice ed immediato.
Per noi forse sarebbe strano come se Bertolucci decidesse di girare un cinepanettone, ma per loro fu un passaggio naturale, quasi obbligato.
Sta di fatto che ormai la pietra era stata lanciata nello stagno, e stava generando onde lunghe e persistenti.
Ogni regista completo' il suo personale viaggio nel passato affiancando ad un'opera di chiara matrice wuxia, una personale rivisitazione del suo piu' serioso fratello maggiore : il dramma storico.
Questi alcuni esempi:
Zhang Ymou firma con "Hero" (2002), e successivamente con
"La foresta dei pugnali volanti" (2004) due piccole perle wuxia, mentre con "La citta' proibita" (2006) compie la sua incursione nella rievocazione storica.
In egual modo Chen Kaige con "The promise" (2005) costruisce un wuxia con un deciso taglio fantastico, e firma due drammoni shakespeariani, decisamente piu' riusciti, con "Sacrifice" (2010), e "L'imperatore e l'assassino" (1999);
Hou hsiao hsien con "The assassin" (2015), dona al wuxia eleganza ed intimismo;
John Woo produce il classico "Reign of assassins" (2010), e con "Red cliff" (2009) compie la sua impresa piu' titanica, dirigendo un colosso epico storico di circa 5 ore.
Purtroppo il passo successivo dell'industria cinematografica, sedotto da facili guadagni, e' stato quello di modernizzare vecchi classici utilizzando la scorciatoia del remake (leggi : mancanza di idee), espediente ancor oggi ampiamente praticato in occidente, per cercare di sfruttare commercialmente l'onda lunga del suo rilancio, generando pero' pallidi cloni delle gloriose opere del passato, in cui il fascino artigianale dei "wireworks" e' stato spesso sostituito da freddi effetti digitali (a volte anche di scarsa fattura).
Negli ultimi anni il wuxia pian ha perso buona parte del suo interesse da parte del pubblico occidentale, anche se si scorgono evidenti tracce del suo passaggio un po' in tutta la cinematografia blockbuster, mentre in patria continua a generare una grande quantita' di opere, purtroppo spesso dozzinali, inframmezzate, qua e la, da prodotti ancora di ottima fattura.
Non perda la speranza, percio', chi (come me) vuole continuare a farsi ammaliare dalla sua magia eterea ed infantile, profonda e consapevole, che ancora prolifera in mille spunti, immagini e situazioni, tra cinema, letteratura, fumetto ed ogni altra arte visiva.
Ho visto ed apprezzato solo alcuni film, erano tutti di quella che hai chiamato la terza fase. Riempivano gli occhi, poetici colorati. Ero abbastanza all'oscuro del "prima" e anche del "dopo". La facilità con cui ora è possibile creare effetti con la grafica digitale sta appannando un po' la meraviglia, forse. E' possibile vedere qualsiasi cosa oramai, e poi come hai giustamente scritto l'occidente attinge da tampo copiosamente, partendo da matrix, passando da Tarantino.
RispondiEliminaUn altro post molto interessante!
Anche io ho visto solo alcuni di quelli della terza fase (La tigre e il dragone, Hero, la foresta dei pugnali volanti) e li ho trovati coerenti con l'immaginario estetico della mia generazione di fruitori di fumetti e portatory di pulsioni fantasy. Se non sbaglio il primo fu anche premiato. Peró da qualche mi era parso che il punto di contatto con l'occidente si fosse sfilacciato anche se pensavo forse fosse una percezione personale, ma vedo che tu
RispondiEliminame lo confermi. Bel post arricchito come sempre dalla prospettiva storica