domenica 22 febbraio 2015
Etologia dell'Ambulatorio (anzi della sua sala d'attesa). L'informatore parte 4
Piccolo manuale di sopravvivenza per i neo-informatori.
Cari colleghi,
se il mondo e' una jungla, la sala d'attesa dell'ambulatorio di un qualunque medico di base ne e' il suo nucleo pulsante, l'occhio del ciclone dove una calma apparente, piu' spesso e' caos palese, nasconde le insidie piu' insidiose, gli ostacoli piu' ostacolosi, insomma tutto cio' che la vita ti butta addosso durante un'intera esistenza concentrato in pochi metri quadrati, e che volente o nolente, dobbiamo imparare a gestire per sopravvivere.
Il dubbio se il premio finale, una misera ipotetica prescrizione, valga tutta la fatica spesa per ottenerlo, e' fonte di continui dibattiti interiori ed discussioni senza fine tra generazioni di colleghi, ma e' meglio non pensarci.
Qui si tenta di elucubrare sull'ambiente lavorativo, su questa nicchia ecologica, questo micromondo con le sue specifiche regole che, come una piccola capsula di Petri, evidenzia ed esemplifica tutti i malesseri caratteriali e comportamentali della nostra societa', e che sarebbe antropologicamente utile per tutti studiare ed analizzare, per capire chi siamo, cosa vogliamo, dove bip andiamo con tutta questa fretta...
Bisogna capire che l'ambulatorio medico e' un vero e proprio organismo che ti vive nella migliore delle ipotesi come un fastidioso parassita, oppure nella peggiore come una vera e propria malattia da sradicare.
Un terreno ostile in cui necessita imparare ad orientarsi con bussola e cesoie, con guanti bianchi e napalm.
L'approccio iniziale dopo l'entrata "trionfale" dalla porta d'ingresso, segue fondamentalmente due scuole di pensiero:
Approccio uno: la sentinella.
Consiste in un semplice; "Buongiorno..", subito seguito dal raggiungimento di una posizione centrale di controllo, silente ma decisa, gambe larghe, mani alla cintura, borsa a terra puntata come un setter verso la porta d'ingresso dell'ambulatorio vero e proprio, come ad affermare i propri diritti.
E' giusto sappiate fin d'ora che tutto cio' non servira' praticamente a nulla, dato che il paziente medio mette nella sua scala di valori il ragu' da preparare almeno 10 posizioni prima rispetto alle tue esigenze lavorative.
Approccio due: il guitto.
L'idea sarebbe quella di buttarla sullo svacco, con massiccie dosi di autocritica tra un sorriso ed un lazzo, dare corda alla platea sperando che invece di un applauso ti concedano una piccola precedenza. A volte riesce ma bisogna averlo nel sangue, senno' si rischia l'effetto opposto, l'indigeno si sente preso per il culo e tu sei fritto.
Esiste poi un terzo approccio, il piu' deleterio e masochistico, quello di scusarsi ripetutamente per l'indebita invasione, e a capo chino cosparso abbondantemente di cenere, elemosinare un attimino.
101 percento la risposta sara' un No! corale pieno di soddisfazione.
Mai dare piu' potere a chi gia pensa di averne a sufficienza per distruggerti la vita.
Forse la cosa migliore e' annusare l'aria, attendere il tempo necessario per diventare uno di loro (l'agonia dell'attesa alla lunga accomuna tutti informatori e pazienti in un unicum sofferente), e dopo la strada diventa lievemente in discesa.
A volte si dimenticano chi sei e dopo un po' ti fanno passare.
Non temete l'avversario che impreca, a quello dopo un po' gli passa, bensi' chi vi accoglie con un freddo silenzio sara' l'ostacolo piu' duro da superare.
La sala d'attesa, come dicevo, fotografa spesso una piu' ampia realta' sociale che poi si incontra ovunque, in tutti i luoghi in cui si deve fare la fila per raggiungere la meta prefissata, e dopo qualche anno di esperienza, diventa tutto prevedibile.
Il problema qui e' che a differenza ad es. delle poste o della banca, chi attende, forte del discutibile diritto di aver pagato le tasse , ha elevato sala, ambulatorio medico ed eventuale segretaria come proprieta' personale, in cui tu ti stai intrufolando come uno ladro rumeno o un extracomunitario appena sbarcato.
La gente, indipendentemente dall'estrazione sociale, si comporta in questi posti, sempre nello stesso modo, quasi avesse un copione da recitare, e il bello e' che non se ne rende minimamente conto, anzi.
Passo a fare un elenco delle tipologie che si possono incontrare frequentemente in questi malsani ambienti:
Anzianus vulgariis
Quello che al tuo apparire inanella rosari di bestemmioni, senza filtro alcuno tra pensiero e parola, come se fosse nel tinello di casa sua. Forse come dicevo e' il meno pericoloso, dopo essersi sfogato si cheta e conclude con un disarmante: “Si, ma io non ce l'ho con lei..”. Se riesci a non ucciderlo prima, forse dopo ti fa passare.
Vecchina agitans
La simpatica invalida sembra sempre sul punto di morire, ma nota le tue manovre di avvicinamento all'entrata dell'ambulatorio con occhio attento, e quindi comincia a scalare veloce di posto, che nemmeno Flash dopato, fino a comparirti a fianco pronta allo scatto finale, foto finish da infarto (per te non per lei), appena si aprira' la porta d'accesso al santuario medico. Durissima riuscire a batterla sul tempo, e, a meno che non vogliate abbatterla sul posto con una gomitata preventiva, consiglio sia meglio soprassedere.
Paziente ridens
Colui il quale si crede un comico mancato, e non perde occasione per dimostrare la sua verve con infilate del tipo: ”Ma quando inventate un farmaco per ringiovanire?” e giu' risate, e tu che sara' la decimilionesima volta che senti questa simpatica facezia, vorresti toglierti la cravatta e strangolarlo seduta stante.
Le tre madri (di DarioArgentiana memoria):
Mater Suspiriorum, Mater Lacrimarum, Mater Sbuffarum.
Come un coro da tragedia greca, creano al tuo apparire un tappeto sonoro in sottofondo, di lamenti, gemiti e sbuffate, che sottolineano tutto il loro malessere nei confronti del mondo, e di te in particolare, col solo risultato di aumentarlo esponenzialmente. Non fanno nulla di male, rompono solo le palle.
Pensionatus omniscens
Quello che sa ogni cosa, su orari, modalita' di visita, salvo poi constatare che e' casualmente tutto costruito per entrare prima di te. Non e' stupido, e' proprio stronzo. Se esistono cartelli e' facilmente smentibile, se no tenete presente che qualunque discussione in merito a diritti di precedenza, non verra' capita o comunque mal interpretata. Sono anche quelli che se arrivi prima di loro allora vige la legge tra un paziente e l'altro, se invece arrivano prima loro allora si fa la fila. Per questo ogni discussione con una minima parvenza di logica e' destinata a fallire in partenza, meglio sarebbe giocarsela a cazzotti come in Fight Club, avresti piu' chance di spuntarla.
E quando, e se, riuscirete mai ad entrare, mi raccomando mai e poi mai usare di accompagno all'entrata la fatidica, terribile, dannosissima, iperpericolosa frase: “Faccio presto..”, magari seguita da una delimitazione temporale ben definita. Che saranno realmente 2,5 o mille minuti, li troverete all'uscita tutti armati di cronometro e machete, pronti a contestarti ogni frazione di secondo oltre al limite dichiarato, senza pieta' alcuna per qualsivoglia vostra spiegazione:
“Mma, il medico ha ricevuto una telefonata..”,
od umana comprensione:
“Mma, ho avuto un piccolo ictus e mi sono attardato...”.
Vero o non vero, non fara’ alcuna differenza, e verrete puniti con la resezione di libbre di carne del peso corrispondente ai secondi di ritardo.
Per concludere, spero che tutto cio' vi possa essere di qualche aiuto.
Comunque io nel frattempo sto disperatamente cercando di cambiare mestiere..
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...by Steve,
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Stefano frigieri vive a Modena dove fa L'agente di commercio nel settore farmaceutico. Scrive da sempre, ma solo da poco ha provato a farlo a livello professionale. Un suo racconto ha vinto il concorso giovane Holden come miglior racconto inedito, e questo glia ha spalancato le porte dell'editoria e gli ha permesso di pubblicare il suo primo libro. Spera non sara' anche l'ultimo.
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Bello. Un vero manuale per giovani informatori, che si regge sull'esperienza che solo chi ha realmente vissuto le cose sulla propria pelle puó fornire. Da vecchio informatore riconosco immediatamente i tipi umani descritti da Stefano, e riconosco me stesso nelle modalità di approccio all'ecosistema ambulatorio. In realtà le ho praticate tutte un po'. Sono mutate in ragione del tempo trascorso, e mutano tutt'ora in ragione della mia pazienza, della mia disponibilità di energie mentali e della frequenza rotazionale dei miei maroni nella situazione contingente.
RispondiEliminaBello scritterello razzista
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