domenica 22 febbraio 2015

Le mie formiche

by Robo

Da bambino scorrazzavo con i miei coetanei nel vasto giardino "di dietro" del condominio. Le case Fanfani di Forlì non sono modello di eleganza e non risaltano certo per finiture, ma quella in cui sono nato e cresciuto aveva (ed ha tutt'ora) una zona verde posteriore parecchio estesa che, allora, non era neppure recintata nelle singole proprietà e non era stata ancora deturpata dalle autorimesse in lamiera. In quei luoghi, in una rimembranza pallida dello stato di natura, noi bimbi viaggiavamo in gruppi. 
Avró avuto 7-8 anni e già dimostravo un particolare interesse per gli animali. Le pratiche dei miei coetanei, torturatori di lucertole, mi disgustavano; barbari senza cuore. 

Le lucertole le avvertivo in qualche modo affini a me, avevano occhi vispi, potevi quasi leggerci la paura, o almeno così mi pareva; non potevo guardare mentre infierivano sulle malcapitate. Gli invertebrati, invece, catturavano la mia attenzione senza pormi alcun problema...adesso direi etico. C'erano tante formiche, cominciai ad interessarmi a loro.
Dopo un po' mi venne il gusto di catalogarle, non sapevo ancora nulla di sistematica, di cladistica (in verità ne so poco tutt'ora) ma il definire questi esserini mi divertiva. 

Avevo un amico siculo che passava le estati in quel di Romagna e che pareva gradire il mio furore classificatorio. Mi accompagnava alla ricerca dei formicai e mi dava corda quando decidevo di seguire un'esploratrice per vedere dove andava. Io ero contento perché non stavo da solo ed anche perché ero riuscito a distoglierlo da una promettente carriera di sevizia-lucertole. 
Massimiliano si chiamava e si chiama. Ora è poliziotto; chissà che non gli abbia instillato io un certo appeal verso l'atto dell'indagine, verso l'idea della scoperta che si fa seguendo una pista. In fondo noi questo facevamo, seguivamo formiche per vedere dove andavano, per trovare i formicai, e, soprattutto, per trovarne nuovi tipi. 
La prima a venir catalogata era stata la più frequente ad incontrarsi: la "formica corridora". Si trovava un po' ovunque ed era facile seguirne le esploratrici. Ci voleva pazienza perché si allontanava abbastanza dal formicaio, come capimmo presto, ed era molto rapida negli spostamenti, scatti da ghepardo esapode alternati a frenate repentine. 
Ricordo che pensammo che, se fosse stata grande come noi, avrebbe avuto la velocità di un'automobile. Divenne la mia formica preferita per lo studio dei ragni che facevano le spesse tele ad imbuto negli incavi delle basse finestre esterne delle cantine. Catturavo la corridora, la gettavo sulla ragnatela ed aspettavo. Lo zampettare furibondo di quella, intrappolata dalla superficie collosa, richiamava il ragno, che, in diretta, mi dava una lezione di "rigira ed avvolgi": un vero spettacolo. 
Lo rifeci spesso, per me era quasi ipnotico. Le corridore per me valevano poco perché ne trovavo tante, una percezione infantile della legge economica dell'abbondanza e scarsità. Immagino fossero Lasius niger, non saprei esattamente. La seconda ad essere catalogata fu una formica che anziché muoversi in solitario, come la corridora, formava lunghe file di individui che percorrevano una pista in entrambe le direzioni. Apparentemente più flemmatici, gli individui di questa specie, se irritati, rigiravano l'addome in avanti assumendo un atteggiamento che, seppi più avanti dai libri, consentiva loro di spruzzare acido formico sull'aggressore. 
Formiche rosse ma non completamente, solo la testa, torace ed addome erano di colore nero. Probabilmente Crematogaster, dette anche "rizzaculo": 


 Il terzo tipo di formica che ambivo classificare era il cosiddetto "formigone". Non lo trovavo negli spazi del condominio ma ne avevo ricordi dalla prima infanzia, un periodo che si diluiva nelle nebbie della mia memoria ma che mi restituiva immagini di formiche nere dalla grossa testa armata di tenaglie. Avevo chiare visioni di me, molto piccolo, che tale testa...staccavo. 
Probabilmente erano Camponotus vagus, le cui operaie possono assumere peculiari funzioni difensive, sviluppando dimensioni del capo maggiori delle altre, una sorta di pseudo-soldati: 


 Una volta trovai un tipo di formiche nere più piccole delle corridore, le reputai poco interessanti, ma gli diedi comunque un nome: "nere piccole"; ricordatevele perché saranno importanti più avanti. Trovai anche, ma non a casa mia ed una sola volta, una sorta di micro-formica, più piccola di qualunque altra avessi mai visto e la definii come appartenente alle "nere più piccole che fosse mai possibile". Un nome lungo perché, sempre per la legge economica dell'abbondanza e scarsità, una sola osservazione individuava un grande valore, nonostante le scarse dimensioni. 
Un giorno tra le fessure nella vecchia pavimentazione dello scivolo che portava al cancello di destra del condominio trovai quelle che sarebbero divenute le mie preferite: le "piccole rosse". Tutte rosse appunto, molto piccole, uscivano assieme dal formicaio e sembravano restie ad allontanarsi singolarmente. Mi piacevano da da morire, soprattutto perché si vedevano tra le operaie degli individui molto più grossi e minacciosi: i soldati. Non lo sapevo bene ma avevo già letto sui miei libri illustrati la possibilità in alcune specie della presenza di una specifica casta guerriera; ora l'avevo trovata. 
Massimiliano approvò il mio entusiasmo. Erano quasi sicuramente delle Pheidole pallidula


Divennero le mie protette. Dimenticai i ragni delle tele ad imbuto, dimenticai il mistero della mancanza dei formigoni e mi dedicai al loro studio. Procurai delle corridore per stimolare la loro aggressività ma queste fuggivano troppo rapidamente allora passai ad altri insetti magari menomandoli un po'. L'assalto collettivo era impressionante. Una volta avuta la meglio sui miei doni, li spezzettavano e portavano i resti dentro al formicaio, ripulendo la zona. Un giorno qualcuno lasciò in giro un foglio di carta oleata, dopo che aveva accolto qualcosa, carne presumibilmente, dall'odore. 
Un'intera guarnigione di nere piccole aveva colonizzato il foglio, che appariva quasi totalmente ricoperto dalle formiche che raccoglievano frammenti, invisibili ai nostri occhi, di alimento. Ebbi un'idea. La dissi a Massimiliano, che approvò ancora, disegnando uno strano sorriso sul proprio volto, penso degno di quello che vedevano le vittime di Jack the Ripper. 
Sollevando delicatamente dagli angoli la carta oleata, la trasportammo di fronte al formicaio delle nostre favorite e lì la lasciammo. Non ci vollero che pochi secondi: una piccola marea rossa si rovesciò fuori ed attaccò le intruse inconsapevoli. Un lucido campo di battaglia vide, in venti centimetri quadrati, uno scontro epico. Le grosse teste dei rossi soldati spiccavano nella scacchiera nera e fulva della battaglia; io e Massimiliano riuscimmo persino a seguire, in quel marasma mirmecobico, anche singoli scontri, tifando per le nostre preferite ad alta voce, esaltandoci in particolare per le gesta della casta dei soldati. Benché un poco più piccole le nostre erano superiori per numero ed aggressività; in un quarto d'ora era tutto finito e la squadra di casa aveva vinto! 
C'erano teste e zampe dappertutto, anche teste mozzate con zampe tra le chiuse mandibole morte. Poi i vincitori pulirono tutto e rimase solo il foglio oleato, nuovamente bianco. 
Uno spettacolo. 
Anni dopo, la lettura in classe de l'Iliade mi riportò in mente la mitica battaglia delle mie amate formichine rosse, ormai da anni sepolte vive sotto la nuova pavimentazione dello scivolo. Dimenticavo: in quel tempo, circa quaranta estati fa, le sere di luglio nel giardino "di dietro" erano punteggiate, talora tempestate, di lucciole.

1 commento:

  1. Le formiche non sanno nuotare. Io posso affermarlo con sicurezza, dopo averne sterminate a centinaia nel lavandino di casa mia. E dire che le avevo pure creato una zatterina di sughero di salvataggio...ma il massimo l'ottenni dopo aver creato un megaformicaio in una boccia di vetro per vederle al lavoro. Bellissimo. Peccato che era autunno e dopo pochi giorni di affanno mi morirono tutte in un cunicolo appena fatto.

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