domenica 13 settembre 2020
Army of me
by Robo
A mio parere ci sono poche cose così interessanti (e così complicate) come il sistema immunitario degli organismi pluricellulari. Nel momento in cui diventi "grosso" e hai tanti tipi di cellule diverse e queste cellule si parlano e magari hai pure un liquido che ti scorre dentro, oltre a essere una meraviglia biologica sei pure un parco giochi per chi saprà approfittare di tanto ben di Dio, quindi devi difenderti. I predatori là fuori sono quelli più grossi di te e quelli più piccoli; rispetto ai primi c'é la fuga ma per i secondi ci vuole una piccola armata organizzata, anche se parecchio ridondante, e prona agli errori: the Army of me.
Questo esercito ha i suoi corpi, i suoi battaglioni e i generali ma è privo di uno stratega apicale, tipo Napoleone, e oltretutto è privo di cognizione di sé: ogni soldato è una cellula che risponde a segnali chimici complessi e a volte contraddittori la cui sommatoria si traduce in una risposta in qualche modo coordinata. Ma come? E con che mezzi?
domenica 28 giugno 2020
Il viaggio di Nanòk
by Robo
Nanòk era partito in primavera proprio perché voleva
evitare il gelo. Ma sui passi montani un colpo di coda dell'inverno si
poteva incontrare e a lui capitò: una delle ultime tormente lo sorprese
in viaggio.
Era preparato. Gli stivali in cuoio tenevano i piedi all'asciutto
nonostante il bagnato che i fiocchi umidi e tardivi depositavano a terra
e il mantello di orso lo proteggeva dal freddo. Il problema era il
vento. Le folate aprivano varchi nel mantello e il gelo lo colpiva nel
costato come una spada. Era un uomo del nord abituato ai rigori ma si
rese conto che non avrebbe potuto resistere a lungo.
"Se non trovo un riparo per la notte, non posso farcela", pensò.
Deviò allora dal centro del sentiero che rappresentava la via più
diretta per superare la montagna e si spostò verso le macchie di
vegetazione in cui crescevano gli abeti. Ne cercò uno grande e vecchio;
sapeva come riconoscerlo perché gli alberi sofferenti hanno chiome rade e
sparute che contrastano con le dimensioni del loro tronco. Trovato un
candidato, spostò il mantello, estrasse la spada e, tenendola a
martello, iniziò a percuotere la corteccia con l’elsa finché un suono
sordo non gli indicò un vuoto nel tronco. Allora parlò ad alta voce:
"vecchio, ho bisogno del tuo corpo, non avercela con me". Usando la lama
vergò un colpo forte proprio in quel punto per rompere la scorza e poi
allargò il buco con le mani affinché fosse sufficiente ad accoglierlo.
Entrò con fatica e si accovacciò; il corpo muscoloso di Nanók dentro
quel tronco cavo ci stava a malapena, ma almeno era protetto dal vento.
Da sotto al mantello allungò con difficoltà un braccio fino a una sacca
attaccata alla cintura, la allentò e ne estrasse un pugno di carne secca
che consumò avidamente. Mise la testa tra le ginocchia e si addormentò.
martedì 9 giugno 2020
VIDEOPROPAGANDA
Pubblico solo i links dei miei video sul fumetto (propaganda e non), che avevo gia' messo sul blog in versione scritta.
Un commento sulla loro guardabilita' e' molto gradito.
Grazie
Un commento sulla loro guardabilita' e' molto gradito.
Grazie
Stefano frigieri vive a Modena dove fa L'agente di commercio nel settore farmaceutico. Scrive da sempre, ma solo da poco ha provato a farlo a livello professionale. Un suo racconto ha vinto il concorso giovane Holden come miglior racconto inedito, e questo glia ha spalancato le porte dell'editoria e gli ha permesso di pubblicare il suo primo libro. Spera non sara' anche l'ultimo.
giovedì 28 maggio 2020
IL MIO NUOVO LIBRO
Sentivo l'esigenza di creare un mio personaggio seriale, qualcuno a cui affezionarsi, per me o per gli eventuali lettori, che mi accompagnasse nei vari racconti, che potessi far crescere piano piano, come un tenero ed irrequieto bimbetto.
Per cui Valerio.
Ho pensato ad un consulente per fantasmi, idea non nuova, (ma quale lo e' veramente?) ma stimolante e che offre ampie possibilita'.
Una via di mezzo far Dylan Dog e Valter Buio, con molta ironia che stempera il tutto.
Usarlo come elemento portante ma che non comparisse sempre fin dall'inizio, a volte infatti solo alla fine come un vero e proprio deux ex machina, altre volte solo in veste di narratore di storie altrui, un zio Tibia post litteram.
Questo e' Valerio, nobile squattrinato che vive con i fantasmi, li aiuta, li consola, li combatte.
Nel genere fantastico, l'unico che riesco a scrivere, esistono pochissimi esempi del genere:
John Silence di Algernon Blackwood, Carnacki di William Hope Hodgson, Jules de Grandin di Seabury Quinn.
Poca, bellissima roba.
Nel fumetto la cosa e' un bel po' piu' complicata.
Maghi, maghetti, stregoni, medium, evocatori.
Comunque sia, il tentativo andava fatto, nel mio profondo si agitava da tempo questo demone e dovevo esorcizzato.
Detto, fatto.
Sono 9 storie fantasmatiche piu' due che nella mia idea dovrebbero richiamare i fumetti della EC comics, le storie di Creepy, i racconti delle Weird Tales.
Due chicche finali fuori saga ma che secondo me ci stanno bene.
Essere riuscito acreare un buon prodotto, esserci almeno andato vicino, e' la mia unica speranza.
Io comunque sono soddisfatto ed l'80% del lavoro e' gia' fatto.
Sono storie che in fondo parlano di noi, delle nostre debolezze e meschinita', dei nostri, delle nostre paure. Siamo i nostri fantasmi, o loro lo specchio delle nostre deformita' spirituali.
Trovo sia l'unico genere letterario, e penso a Kafka o Buzzati ma non certo perche' mi ci paragoni, che parla del reale raccontando l'assurdo.
Che, come dice il buon Sherlock, e' improbabile ma non impossibile.
Almeno fino a prova contraria.
Buona lettura.
Stefano
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...by Steve,
Racconti
Stefano frigieri vive a Modena dove fa L'agente di commercio nel settore farmaceutico. Scrive da sempre, ma solo da poco ha provato a farlo a livello professionale. Un suo racconto ha vinto il concorso giovane Holden come miglior racconto inedito, e questo glia ha spalancato le porte dell'editoria e gli ha permesso di pubblicare il suo primo libro. Spera non sara' anche l'ultimo.
martedì 5 maggio 2020
Pasqua
L'arrivo
Camminò per un
lungo tratto sotto le chiome degli alberi. I rami più alti formavano una
volta gentile sopra la sua testa e i raggi del sole filtravano qua e
là, tremolanti per il vento leggero che agitava le foglie.
A
un certo punto, lungo il sentiero, vide un uomo a terra. Appoggiato con
la schiena a una grossa quercia, teneva le gambe distese, la bocca era
aperta in un respiro pesante, e le braccia abbandonate ai lati del
corpo.
Si avvicinò, poggiò il bastone a terra, si piegò di fronte al viso dell'uomo e gli fece una leggera carezza sulla fronte.
Questo aprì gli occhi, lo guardò e deglutì a fatica. "Sete", disse, "sete" ripeté.
"Desideri
ancora affrontare il mondo?", chiese lui. L'uomo guardò da un lato,
stette in silenzio un attimo, scosse la testa, poi disse solo: "sete".
"Va
bene, dormirai fino al passaggio. Posso farti sognare i momenti più
belli". L’uomo non parlò e fece un cenno di assenso col capo.
Allora
lui prese la testa dell'uomo tra le sue mani e gli sussurrò qualcosa in
un orecchio. Poi riprese il bastone, e si riavviò. L'uomo sprofondò nel
sonno con un sorriso disegnato sulle labbra.
Camminò fino a
dove il sentiero incontrava la strada per la città, prese quella via e
proseguì poi, giunto nei pressi delle mura, si mise in fila con chi
voleva entrare. Davanti a lui mercanti di ogni tipo premevano per
superare la porta est: c'erano carrozze eleganti tirate da cavalli, così
come carri agricoli scoperti tirati da buoi e anche qualche somarello
stracarico guidato da un ragazzino. Le guardie raccoglievano l'obolo e
smistavano le entrate; uno, in piedi e grasso, maramaldeggiava con i
poveri contadini e ossequiava i ricchi venditori, l'altro, ancora più
grasso, stava seduto presso un piccolo tavolo e contava i soldi
raccolti.
Quando toccò a lui il grasso in piedi lo guardò con
disprezzo: "ce li hai i soldi pezzente?", poi si girò verso l’altro
sorridendo. "Ho un soldo di rame", rispose lui. Allora il grasso in
piedi si girò di nuovo verso il compare, gli diede di sottecchi e poi
disse: "per te due soldi pezzente!". Lui pensò un attimo poi fece un
sorriso, allungò un braccio, aprì la mano e mostrò sul palmo due soldi
di rame.
Il grasso in piedi glieli prese con tanta veemenza
da spingergli il braccio verso terra e poi si incamminò baldanzoso verso
il compare, nel mentre diceva: "vai, vai pure pezzente". E lui andò.
"Un'altra
moneta in più su cui fare la cresta disse ridendo al compare" e aprì la
mano per far rotolare il bottino sul tavolo. Ma non rotolò nessuna
moneta, solo due sassi. Istintivamente i due uomini si girarono verso la
porta ma del pezzente non vi era più traccia.
domenica 5 aprile 2020
Psicorrea virale
by Robo
Inizio
Tigro, a dispetto del nome, era sempre stato un gatto placido e tranquillo. Ma quella volta no. Lo aveva aggredito, come non lo riconoscesse più, tanto che dovette rinchiuderlo, in fretta e furia, nella camera degli ospiti lasciandogli il sacco delle crocchette tutto intero.
L'inaspettata furia felina gli aveva procurato dei graffi profondi sulla mano sinistra, ma l'incazzatura gli passò mentre si disinfettava, e che cazzo...era il suo gatto e poi di graffi ne aveva avuti tanti nella vita.
Quando si riavvicinò alla porta per chiamarlo sentì un rumore profondo, vibrante, appena percettibile. Un ringhio.
Chiuse la porta a chiave che sua figlia avrebbe aperto sicuramente e poi tornò al lavoro che già era tardi.
Mentre organizzava i file delle richieste di reagenti per il laboratorio si concesse una capatina su Facebook per vedere se c'erano cose nuove. Il circolo dei divorziati, i 2-3 amici veri, le "amiche" interessanti, il supervisore testa di cazzo, etc.
I contatti erano parecchi come l'inutilità che scorreva assieme allo scrolling ma fu colpito da una richiesta di aiuto: il gatto di un'amica era come impazzito. Supernutrito (si capiva da una foto), normalmente bonaccione, l'aveva assalita alle gambe e lei era fuggita di casa e, ora che era fuori senza il coraggio di rientrare, chiedeva disperatamente che fare. Qualcuno aveva già risposto dicendo di chiamare il veterinario, qualcun’altro propendeva per l’esercito. Ci sarebbe stato da ridere se non fosse che era praticamente la stessa cosa capitata a lui.
lunedì 16 marzo 2020
Frutti non-de-noartri
by Robo
Vivendo nella provinciale Romagna non capita spesso
di vedere frutta esotica. Certo ci sono le banane, gli ananas e il trio
delle feste papaia-mango-avocado ma vien da pensare che a parte questi
ultimi non vi sia altro in giro.
Vien da pensare che tutto il mondo sia in fondo una grande Romagna,
in cui si mangiano mele, pere, arance, uva, fragole/pesche/cocomeri
d'estate, castagne in autunno.
Poi giri un po’ in rete, approfondisci un minimo e ti rendi conto
che non é proprio così: certo i frutti che si trovano in Occidente sono
praticamente in tutto il mondo anche perché ad altri conviene
venderceli, ecco quindi che agrumi, uva e pere vengono anche dal
Sudafrica o dal Cile, ma i paesi dei tropici, nelle Americhe o nel
sud-est asiatico, hanno i loro big. Talvolta quello che per noi é una
curiosità per loro é il frutto nazionale.
Molti di loro hanno sapori peculiari per cui é necessario un
periodo di acclimatazione gustativa. Alcuni dicono che dipende dal fatto
che siamo abituati fin da piccoli ad attribuire a una data forma un
dato sapore (tipo la forma di mela sa di mela, sapesse di arancia ci
metterebbe in difficoltà) e spesso questi frutti hanno sapori ibridi
tanto che la descrizione degli stessi richiama necessariamente a quelli
che conosciamo (tipo: "é una via di mezzo tra X e Y con un po’ di Z");
parrebbe anche che alcuni abbiano realmente dei profili aromatici
spiazzanti per noi, ma questi 2 aspetti tracimano l'uno nell’altro.
Esiste un terzo problema per una diffusione internazionale, spesso i
frutti esotici sono molto delicati e ciò ne inficia la serbevolezza o
shelf life, parametro che é diventato sempre più importante visti i
commerci internazionali. Certo si potrebbero sciroppare ma avete mai
sentito la differenza tra un ananas appena sbucciato è uno in lattina?
Sembrano 2 cose diverse, inoltre ne deve valere la pena...economica.
Quindi da dove partire? Ho deciso di utilizzare un metodo altamente
codificato, si chiama in gergo "alla boia d'un vigliác... ché boia", a
parte questo ho deciso di evitare i frutti esotici famosi già citati
come pure cocco e datteri che mangiamo poco ma conosciamo tutti
Su questa base partirei dalla Carambola
mercoledì 15 gennaio 2020
Brassica fight back
by Robo
(seguito di: Già crucifere ora brassicacee )
Un "effetto collaterale" della mia ricerca di brassicacee in rete é che mi imbatto nella ricchezza in colture delle differenti culture. Non solo le vecchie varietà che adesso vanno tanto di moda ma che sono comunque i nonni degli ibridi moderni, ma anche piante di utilizzo alimentare che non sono parenti povere ma piuttosto alternative che non hanno sfondato al di fuori della comunità locale (a volto molto locale).
Non so se perché hanno goduto di condizioni di partenza peggiori o perché avevano un potenziale di sviluppo peggiore delle grandi star mondiali; probabilmente entrambi i motivi, non tutti possono essere "mela", "banana", "cacao" o "caffè".
Mi sono presto concentrato sulle brassicacee perché bisogna scegliere un partito ma anche lì di roba, anche solo in Italia, ce n’è parecchia. Sotto una forte selezione
Mi sono imbattuto in questo "cavolo di Pontoise" che dicono essere tecnicamente un cappuccio e quindi può essere anche consumato crudo ma assomiglia tanto-tanto a una verza. Presenta un appeal estetico rilevante a mio parere
Questa invece é una cultivar di Brassica Juncea. Pare sia arrivata in Asia dal vicino oriente e poi fino in Giappone. É chiamata Unzen(il posto in cui cresce) kobu(per via del nodo carnoso alla base delle foglie) takana(qualcosa tipo insalata). Il primo raccolto può essere mangiato crudo, gli altri vengono trasformati alla moda giapponese (Tsukemono)
Il broccoletto di Custoza é una delle tante varietà locali italiane che, senza le rese degli ibridi moderni e la notorietà del cavolo nero toscano, offrono una peculiarità di prodotto. Il broccoletto di Custoza ha un’associazione di coltivatori (9!?) e un sito internet
Il broccolo fiolaro é una varietà locale che ha avuto la fortuna di incontrare il suo compaesano creatino Carlo Cracco che lo utilizza e lo ha reso più conosciuto. É una pianta rustica di cui si consumano i "fioi", cioè le giovani foglie, meglio se dopo una gelata che le intenerisca
Il cavolo a punta di Filder é un cappuccio più buono e succoso della varietà tonda ma più "scomodo" per l’industria dei crauti. Questo lo ha relegato a un ruolo minore
Recentemente però é comparso persino nella conservatrice Romagna un sosia di minori dimensioni anch'esso più tenero del cappuccio tondo: il cavolo cuore di bue che però é un ibrido moderno
Il broccolo lavagnino (di Lavagna, riviera ligure di levante) é in realtà un cappuccio "lasso", ma la definizione di broccolo non si nega quasi a nessuna Brassica. Nonostante sia un cappuccio si consuma cotto
Il Nabito de Nabarniz é un fiero e selvaggio ravanello basco. Non si può mangiare subito dopo la raccolta, bisogna pulirlo e farlo seccare per 2 giorni e poi togliere i filamenti. Non molto invitante direi
Il Sukuma wiki non é una voce del famoso dizionario online ma una Brassica africana che non é stata ancora addomesticata come le varietà occidentali e può crescere fino a un metro d'altezza con grandi foglie laterali. Il nome si riferisce anche a una ricetta tipica keniota fatta con la medesima varietà ma per la quale può essere usata un altra Brassica a foglia; un'identificazione più precisa la da il nome chepkilumnda
Foglie del Fiore ragno. Non propriamente una Brassica ma una brassicacea sì. É una pianta erbacea di origine africana ma diffusa anche in Asia e Nord-Europa di cui si usano le foglie come condimento e insaporitore. É anche chiamata cavolo africano in Europa e spinacio (spinach) selvatico in Africa ma non c'entra nulla con gli spinaci
Le moderne varietà di Brassica sono piante annuali: si piantano, crescono (più o meno velocemente), si mangiano. Poi l'anno dopo si insemina di nuovo. Esistono anche varietà antiche perenni: si fanno crescere per più di una stagione, si cimano e si mangiano solo le foglie fresche. Un esempio olandese é l'Eeuwig Moes, parole che significano appunto cavolo perenne. É una pianta che non produce semi, la stessa cosa che fanno le banane, per esempio
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