domenica 10 maggio 2015

LITTLE SHOP OF COMICS (capitolo finale)

BAD BOYS

La seconda ondata dell'Invasione, ormai non piu' semplicemente un evento episodico  ma semmai un  lento ed inesorabile processo di colonizzazione, si riconosce per aver abbandonato i romanticismi lirici o le velleita’ letterarie di Sandman o Watchmen, a favore dell’utilizzzo di storie raccontate con un linguaggio piu' crudo  e diretto, e lo sviluppo di temi trattati che oltrepassano abbondantemente qualunque limite avesse a suo tempo fissato il Comic Code.  Sotto l'egida delle sue collane piu' mature, le tre grandi case di produzione fumettistica, spiazzano il mercato con i suoi colpi piu' bassi e politically incorrect.
Hellblazer, che racconta le vicende di uno stregone moderno e fuori da ogni schema, con il suo vizio per il fumo, esibito senza alcuna autocensura (e per la societa' americana questa era una vera e propria sfida), e' anche l'occasione da parte dei suoi autori, Delano ed Ennis in testa, per  sferrare un violento attacco alla politica della Sign.ra Tatcher ed a quella colonialista della perfida Albione.
Ennis soprattutto, essendo di origini irlandesi, sente particolarmente il bisogno di esprimere quando puo' il proprio dissenso per cio' che considera , quella si, una vera e propria invasione inglese in terra d'Irlanda.
Preacher
Con Preacher , forse il suo capolavoro, che racconta il lungo viaggio alla ricerca di Dio di un predicatore squattrinato e  posseduto da una creatura soprannaturale figlia dell'amore degenere tra un angelo ed un demone, affronta spinose  tematiche a sfondo religioso, dimostrando cosi’ che ormai non esistono argomenti che non possano essere trattati dal media fumetto.
Ennis immette nella serie tutto il suo amore per il western (il Santo degli assassini che da' la caccia al protagonista ha le fattezze di un vero e proprio pistolero),  una profonda analisi critica, come aveva gia' fatto in Hellblazer, della societa' americana, e soprattutto un estetizzazione della violenza, processo iniziato anni prima nei films di John Woo e proseguito da Tarantino.
Battle Pope
Il bisogno iconoclasta di rompere sacri tabu' affrontando argomenti scomodi come appunto la religione, covava da tempo sotto la cenere, Infatti dopo Preacher molti si sono cimentati nell'impresa, come un giovane Kirkman nel suo Battle Pope,  o piu' nobilmente Mike Carey che in Lucifer racconta di come l'angelo caduto, abbandonato l'inferno per cercare una vita tranquilla sul pianeta terra, finisce poi per crearsi un universo a sua immagine e somiglianza in competizione con quello del Padre, o per finire Punk rock Jesus, che narra del tentativo di clonare gesu’ dal dna della sacra sindone per renderlo protagonista di un reality show.
In Italia due esempi: la saga di John Doe, che da impiegato della Trapassati inc., ne diventa il capo (cioe' la morte stessa), e successivamente occupa il posto che Dio ha lasciato vacante, stanco di tutte quelle responsabilita', e Jenus di Nazareth di Don Alemanno,  dove Gesu', mandato sulla terra perde la memoria con conseguenze disastrose.
Pro
Ma Ennis ha una vera e propria avversione per i supereroi, e non perde occasione per metterli alla berlina. In Pro, racconta le vicende di una prostituta superumana, in The boys narra di un mondo dove i super sono una manda di cialtroni cocainomani, maniaci sessuali e iperviolenti, tenuti a bada da un gruppo di vigilantes potenziati, i ragazzi, per l'appunto.
Dopo aver utilizzato i personaggi di Nick Fury e del Punitore come chiavi d'accesso a temi altrettanto  scomodi come la guerra del Vietnam e le varie ingerenze americane nelle politiche estere degli ultimi trent'anni,  nella saga Crossed, poi proseguita da altri autori, estremizza il filone degli zombi, venuto recentemente di moda,  creando una piaga che infetta il genere umano distruggendo qualunque freno inibitore, e trasformandoli in mostri assetati di sesso e violenza. Della serie anche i geni a volte esagerano.

Warren Ellis  prende le redini di cio' che era rimasto dell'universo supereroistico Image, ormai sulla via dell'autodistruzione, e lo rivitalizza com massicie dosi di vitamine e ricostituenti.
Authority e’ una saga supereroistica moderna, dove pur mantenendo schemi classici e ruoli buono/cattivo ben definiti, cerca , in un vero e proprio ossimoro, di rendere una storia di fantasia  piu’ realistica e plausibile con l’utilizzo di un linguaggio greve e discorsivo, inserendo storie di passioni omosessuali tra i protagonisti, e usando a piene mani una sana violenza giustizialista ai danni dei cattivi di turno.
Planetary
Planetary e’ il nome dell’organizzazione di “archeologi dell’impossibile”, che nelle sue varie incarnazioni, cerca da secoli di scoprire la vera storia segreta del mondo. Reperto dopo reperto, viene alla luce, durante le loro ricerche, tutto quel mondo fantastico che  da sempre ci circonda senza mai palesarsi, ma  appena accennato, senza svolazzi di mantelli o schizzi di ragnatela. L’isola dei mostri (con gli scheletri di Gamera, Godzilla etc., i Fantastici 4 (qui solo i 4, i veri antagonisti che manipolano da sempre il corso della storia) o Doc Savage (viaggiatore immortale intrappolato in una nave senziente), tra i tanti.

Lo scozzese Mark Millar e’ il nume tutelare dietro al successo del film  di The Avengers.  La Marvel infatti per il lancio cinematografico del suo  piu’ famoso supergruppo, prese spunto dalla sua  versione inserita nell’universo Ultimate.
Quest’ultimo e’ l’ennesimo, discutibile, tentativo compiuto da una casa editrice di fumetti (in questo caso la Marvel) di creare una versione alternativa dei propri personaggi, per rinnovarne look e storie, senza intaccare la santa continuity,  ma da cui nacquero almeno due perle, per qualita’ e successo commerciale : lo Spiderman di Bendis, ma soprattutto Gli Ultimates di Millar.
Storia divertente, qualche ritocco ai personaggi (Thor e' una specie di hippy pacifista), e molto dinamismo : questi gli ingredienti di un sicuro successo.
Ma ora e' la potenza del mezzo cinematografico che detta detta legge, ed il fumetto deve adattarsi ad esso. Il personaggio di Nick Fury, ad esempio, che da bianco nell’universo originale, era diventato nero in quello Ultimates e percio’ nel film , in una doppia capriola, e’ forzato a cambiare colore anche nella prima versione (il Fury nero e’ il figlio sconosciuto di quello bianco, e lo sostituisce a capo dello Shield), e la continuity e' salva.
Le opere dei tre suddetti bad boys  hanno portato poche innovazioni dal punto di vista grafico (ma non ne avevano nemmeno l’intenzione), preferendo farsi affiancare da ottimi disegnatori (Frank Quitley, John Casady, Brian Hitch) ma decisamente mainstream.
Kick-Ass
In Kick-Ass ad esempio, Millar si serve di John Romita Junior, che ha ottimizzato la classicita’ del tratto del genitore (uno dei padri grafici di Spiderman insieme al piu’ eclettico Steve Ditko) infarcendola di energia Kirbyana, e il suo stile gli e’ congegnale per raccontare la storia pulp di un ragazzino che scopre sulla sua pelle cosa vuol dire fare il supereroe.
E non dimentichiamo che Millar e' anche l'autore della miniserie Civil War, prova concreta che anche rispettando la continuty si possono sviluppare idee interssanti,  e che, escludento Identity Crisis di Brad Meltzer in casa DC, ha avuto ben pochi ulteriori esempi.
I fumetti dei bad boys sono figli del nostro tempo, di un  cinema ricco di effetti speciali, ridondante e fracassone, sono  zeppi di violenza "gratuita" (in realta' assolutamente funzionale), ma riletta con uno sguardo divertito ed autoironico, sono dei coloratissimi geniali baracconi pieni di idee intelligenti, un giro di giostra senza freni inibitori, con cui osservare la realta' da una prospettiva diversa ma non per questo meno vera.
Sono stati quel pugno nello stomaco di cui il fumetto aveva bisogno per risvegliarsi da quel torpore in cui stava cadendo, 

Piccolo divertissement.
Avendole gia' citate, qui metto in fila le tre versioni della copertina forse piu' famosa degli ultimi trent'anni di fumetto made in USA.

(1) Dark Knight
(2) Flex Mentallo
(3) The Boys

 La prima versione e' quella epica originale, la seconda la sua rivisitazione affettuosa, la terza la  cinica parodia.

I SUPEREROI SIAMO NOI

Gli americani ci credono davvero. Considerano i supereroi parte integrante della loro cultura, li vivono ogni giorno sulle tazze da caffe', nelle pubblicita' del latte, come sponsor di eventi sportivi, ora pure al cinema ed in televisione. Sono stati al loro fianco durante la guerra mondiale, in vietnam, nella guerra del golfo.
Obama si e' fatto fare un selfie con Spiderman, tutti i supereroi marvel ("Heroes for hope") e dc ("Heroes against hunger") durante gli anni ottanta furono coinvolti nella campagna di sensibilizzazione contro la fame in Africa, Spiderman e' stato il primo supereroe ad arrivare nella zona del disastro delle torri gemelle (l'universo Marvel e' quello che da sempre ha piu' contatti con la nostra realta').
Ma per essi, popolo con la grande energia vitale di un fanciullone meravigliosamente privo di senso del ridicolo, questa vicinanza virtuale non e' mai stata sufficiente, e la voglia di identificazione  troppo forte.
Per cui hanno indossato mantello e stivaloni e sono scesi in strada.
Non e' infrequente percio' veder girare in ronde notturne nei sobborghi piu' degradati delle grandi citta', nelle mense per poveri come un colorato e stravagante esercito della salvezza, i vari Citizen Prime o Urban Avenger.
Questi cosplayers cresciutelli fanno parte del "Realife superheroes Project" (vedere il loro sito per credere), che ha affiliati nelle maggiori citta' americane.




L'ARCHITETTO

La massima aspirazione di ogni artista e’ di sicuro quella di essere riconoscibile. Nessuno nasce perfetto, ed ognuno deve percorrere la propria strada partendo da basi comuni e sviluppando nel tempo un proprio tratto distintivo, un personale modo di costruire l'immagine e la storia che le ruota intorno.
E non esiste nessuno piu' distinguibile di Sergio Toppi.
Senza aver mai frequentato nessuna scuola artistica, inizia da semplice artigiano del fumetto illustrando i racconti di Mino Milani di ambientazione storica, le storie di personaggi illustri della politica e dello sport, pubblicati sul Corriere dei Piccoli prima e su quello dei Ragazzi poi, con l'impostazione didattica che caratterizzava la rivista, cercando nel frattempo di affinare il suo stile con una costante e metodica ricerca.
Come un paziente architetto, arricchisce e fortifica , mattone dopo mattone, la sua torre di babele, vetta di  imprendibile bellezza ed originalita'.
Soprattutto nelle opere della maturita', le sue immagini sembrano delle vere e proprie costruzioni, fatte da tanti piccoli cluster grafici incastrati tra loro alla perfezione che, spezzate le sbarre di quelle piccole gabbie che sono le vignette,  sono finalmente libere di espandersi a  piacere, e di spiccare l'agognato volo.
Splendide figure ammantate di chiaroscuro, fuse col paesaggio in un’amalgama perfetto, con un occhio a Paul Klee, e un altro ai mosaici bizantini.
Illustratore prestato al racconto, non ha mai affrontato soggetti di ampio respiro (solo una volta in un numero di Julia),  e vanta una sola serie di pochi episodi con un personaggio fisso : il Collezionista.
Il resto e' pura magica meraviglia.

MALEDETTA CONTINUITY

Non e' pensabile che un Mito finisca.
L'essenza della sua immutabilita' e' proprio intrinseca nel concetto stesso ,  qualunque sia il mezzo con cui decide di consegnarsi alla storia. 
I nostri Miti sono i supereroi, ed hanno scelto il fumetto per perpetuarsi, perche' facile da gestire e molto popolare.
Percio' no, e' impensabile che, ad esempio Superman improvvisamente scompaia,  abbandoni la terra definitivamente in un lampo blu, o muoia davvero in qualche epico scontro, immolandosi  per salvarci, senza nessuna speranza di resurrezione.
Ma non e' nemmeno pensabile che, piu' semplicemente, cambi costume o fisionomia, abbandonando i suoi colori distintivi (blu, giallo, rosso), ad esempio per un viola acceso o un nero cupo. In realta' qualche tentativo e' stato fatto (dopo la sua morte era diventato pura energia mutando in parte anche look), ma l'esperimento e' durato poco, perche' in fondo e' proprio questo che vuole il lettore : prevedibilita' e coerenza.
Il rischio, ovviamente, e' cadere in una tediosa routine, che per Superman, e' una perenne spada di Damocle.
Back in black
Anche Spiderman e' un personaggio troppo intrappolato nei suoi cliche' per evitare di scivolare nella sterile ripetitivita' di schemi e situazioni, e ha dato sempre il meglio di se quando e' riuscito ad evitarla, almeno momentaneamente. 
"L'ultima caccia di Kraven" ne e' un esempio illuminante, e piu' recentemente il ciclo "Back in black" durante la run di Michael Straczynski. 
Il dolore, la sofferenza, la rabbia, li rendono piu' veri ed interessanti. Alcuni ci convivono da sempre (Batman, Devil sono pozzi di dolore senza fine), altri la frequentano ogni tanto, e sono i momenti in cui li sentiamo piu' vicini. 
Basta pero'che sia per poco. 
Infatti essere sicuri che alla fine di ogni nuova avventura del nostro eroe non ci saranno dolorose sorprese, se non in maniera episodica e non definitiva, ma  che anzi ogni nostra aspettativa verra' alla fine sempre pienamente confermata, rimane un'idea appagante e rassicurante.
Viviamo in un perenne bisogno di mantenere lo  status quo, una situazione conosciuta dove tutto e' spiegabile, prevedibile e concatenato.
Questo non vale solo per i fumetti di supereroi. Difatti come si puo' immaginare Tex senza la sua camicia gialla e il suo fazzoletto nero al collo? E anche Dylan Dog, che pure con le sue storie pulp ha spiazzato con successo il lettore bonelliano, si e' ben presto messo la divisa (camicia rossa e giacca nera), e si e' contornato di una schiera di onnipresenti coprimari, sempre uguali a se stessi.
E finche' tutto cio' paga, in termini prettamente economici (Tex e' ancora il piu' venduto),  perche' cambiare?
Ma e' proprio questo bisogno di continuity che sta uccidendo il fumetto moderno, appiattendone la creativita' e la fantasia. Cosa grave perche' esse sono state da sempre le fondamenta del tutto.
Il fumetto orientale non ha mai avuto questo problema. Le varie serie, seppur a volte lunghissime, arrivano sempre prima o poi ad una conclusione,  spesso non felice o consolatoria. Forse a causa della loro visione della vita, essi non hanno paura che le cose finiscano, anzi proprio nella  fine sta buona parte del loro significato. 
Cosi' dovrebbe essere per tutti, ma a noi questo incute timore. 
I supereroi devono sempre e comunque risorgere, come noi cristianamente un giorno alla fine dei tempi, e rimanere immutati nella forma e nella sostanza, per sempre.

L'ULTIMA SPERANZA

Per fortuna il fumetto, anche quello americano, non e' mai stato solo continuity.
Ben prima di Alan Moore, durante gli anni sessanta iniziavano a proporsi sul mercato prodotti nettamente diversi dalle classiche avventure serializzate, cioe' racconti autoconclusivi  con una struttura da vero e proprio romanzo che in seguito vennero catalogate come Graphic Novel, versione adulta del piu' popolare fumetto di supereroi, anche se in realta' questa distinzione e' ormai molto fittizia. 
Maus
Will Eisner, dopo aver iniziato a seminare idee stimolanti e creative gia' in Spirit, nel 1974 apre una strada nuova  con quello che e' ritenuto uno dei primi esempi di questo genere, cioe' "Contratto con Dio". In realta', in Italia soprattutto, l'idea di romanzo grafico si era gia palesata con "La ballata del mare salato" prima avventura di Corto Maltese, che funziona benissimo come  racconto  autonomo, e soprattutto con "La rivolta dei racchi"  di Guido Buzzelli , rivisitazione in chiave grottesca del mondo distopico in cui e' ambientata "La macchina del tempo" di Wells (qui i Morlock sono i brutti relegati nel sottosuolo in contrapposizione agli Eloi-belli che vivono in superficie).
Ma uno dei punti di riferimento piu' importanti in questo ambito, e' sicuramente "Maus" di Art Spiegelman, in cui un padre ebreo racconta la sua esperienza nel campo di sterminio di Auschwitz al figlio che, attraverso il doloroso tentativo di capire la sua sofferenza, tenta di recuperarne il rapporto.
Argomento difficile, serio, affrontato utilizzando a piene mani l'antropomorfismo (gli ebrei sono raffigurati come topi, i nazisti come gatti) ma senza perdere nulla in drammaticita' ed efficacia.
D'altronde Spiegelman e' abituato ad utilizzare questo stile fuori dai canoni abituali.
 Egli e' stato uno dei protagonisti del fumetto underground americano nato negli ambienti della controcultura hippy a San Francisco durante i tardi anni sessanta, che eresse le barricate contro il Comic Code utilizzando l'arma del grottesco, in storie che avevano come protagonisti un gatto anarcoide che fumava spinelli e partecipava ad orge psichedeliche (Fritz the Cat di Robert Crumb),  o tre fratelli in perenne sballo (The Freak Brothers di Gilbert Shelton).  Un'altra arma utilizzata per combattere l'ipocrisia della censura fu l'ironia demenziale della rivista Mad, in cui si tentava di rivelare le storture del sistema con l'arma dissacrante dello sberleffo.
Basil Wolverton
Un esempio su tutti : le caricature distorte di Basil Wolverton, i cui personaggi sembrano usciti da un trattato di fisiognomica aliena, una galleria di tenere mostruosita', come uno Jacovitti sotto l'uso di sostanze psicotrope.

Ma sto divagando.

Molto vicino a "Maus", anche se lo precede di circa dieci anni, e' la graphic "La storia dei tre Adolf "di Tezuka, simile per i temi trattati, per l'uso di personaggi volutamente non realistici, e per il meraviglioso ed efficace risultato finale.
La Dc (con l'evoluzione della linea Vertigo) e l'Image (che in questo modo ha riscoperto lo spirito pionieristico degli inizi), hanno scelto di puntare su miniserie di qualita' (piu' o meno lunghe ma sempre con una ben precisa e definitiva conclusione), reclutando autori noti o sconosciuti, e seguendo la linea del disimpegno intelligente con storie di taglio fantastico (contrapposte a quelle prevalentemente intimiste delle Graphic Novel), ma sempre rigorosamente prive di ogni parvenza di continuity.
Brian Vaughan e Mike Carey sono veri maestri del genere, il primo con serie acclamate come "Y l'ultimo uomo", o il recente "Saga",  il secondo con la piu' riuscita fusione tra mondo fumettistico e letteraio che e' "The  unwritten".
In fondo non bisogna necessariamente rinunciare a divertirsi per mantenere alta la qualita' dell'opera.
THOOOOM!!
Anche in Italia la Bonelli, in perenne crisi di vendita a  parte le sue due colonne portanti (Tex e Dylan Dog), ha recentemente sfornato prevalentemente miniserie.
Ma penso, anzi sono convinto, che queste (miniserie e graphic novel) siano  le uniche speranze, per noi lettori, di continuare ad avere tra le mani prodotti onesti, divertenti, belli da vedere e mai banali.

Anche se , ovvio, ogni tanto  una sana scazzottata tra Thor e Magog non guasta.

PISTOLOTTO CONCLUSIVO

Il fumetto si puo' analizzare, storicizzare o destrutturare per ammirarne le dinamiche e i piu' reconditi meccanismi, ma in fondo va banalmente letto e gustato per poter rendersi conto se incontrera' o no i nostri gusti, che in fondo e' anche l'unica cosa che conta.
E' un mezzo talmente ricco di stimoli e che offre cosi' tante chiavi di lettura, che qualunque giudizio si possa dare in merito, risulta, forse piu' che in  ogni altra forma di intrattenimento, estremamente soggettivo  e quindi gia' di per se vero.
Si puo' ammirare la bellezza delle immagini o l'arguzia del testo, i richiami culturali o l'umorismo, i virtuosismi grafici o la sua semplice immediatezza.
Milazzo-Ken Parker
Ogni immagine, anche quella che apparentemente sembra la piu' semplice, e' in realta' il risultato di studi complessi e di tecniche raffinate. Quattro righe possono rappresentare un cavaliere che corre nel tramonto, o un cane che razzola nell'erba.

Hellboy
E chi piu' di Ivo Milazzo e' dotato della rara maestria di rendere tutto il pathos e l'atmosfera di una scena, con pochi tratti di matita?  A volte la via della semplicita' e' quella maestra. Lo sa bene Mike Mignola.

Il fumetto e' arte, con i suoi mille significati.
Un'esperienza multitasking che offre a chiunque gli si avvicini la possibilita',  come in una specie di self service virtuale, di godere a sua scelta dell'aspetto che piu' incontra i propri gusti ed interessi.
Tanto difficile da spiegare esaustivamente che la pianto, sperando di aver sparso qua e la,  semi fruttiferi e stimolanti. 


E' ora che ....................
'NUFF SAID!

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